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Falsi dirigenti dell’Agenzia Entrate: il contribuente deve essere veggente

23 Ottobre 2015
Falsi dirigenti dell’Agenzia Entrate: il contribuente deve essere veggente

Ricorso contro gli atti firmati dai funzionari del fisco decaduti dopo la sentenza della Corte Costituzionale: l’eccezione va sollevata subito.

Terzo campanellino della Cassazione sulla vicenda dei “falsi dirigenti” dell’Agenzia delle Entrate: pur senza (ancora) entrare nel merito della questione, secondo la Suprema Corte il motivo di impugnazione va fatto valere entro e non oltre 60 giorni dalla notifica dell’avviso di accertamento. Scaduto tale termine, l’atto diventa definitivo e il vizio della firma “senza potere” non può essere proposto, per la prima volta, in appello o in Cassazione, né tantomeno lo si può eccepire contro la cartella esattoriale di Equitalia. L’esatto contrario di quanto hanno detto, sino ad oggi, buona parte delle Commissioni Tributarie di primo e secondo grado, capitanate dalla CTP Milano e CTR Lombardia (per come abbiamo dato ampia rassegna su queste stesse pagine).

Ma non solo: l’accertamento fiscale è valido anche quando al contribuente vengono concessi solo quindici giorni e non sessanta per fornire chiarimenti, nonostante l’invito sia consegnato a mano dalla Guardia di finanza in sede di ispezione.

Già due volte, nello scorso mese, la Suprema Corte ha avuto modo di ribadire questo concetto: in materia tributaria, la disciplina della “nullità” non segue quella del diritto civile (secondo cui, invece, il vizio è insanabile e può essere rilevato sempre, in ogni stato e grado del processo, senza termini di decadenza). Si applicano, piuttosto le regole del diritto amministrativo (di cui costituisce una sottospecie): ragion per cui, l’atto nullo deve essere impugnato entro e non oltre 60 giorni dalla sua notifica. Diversamente si “solidifica”: diventa cioè definitivo e non più impugnabile.

Il principio, che potrebbe apparire astrattamente condivisibile, manifesta, però, nell’ambito della vicenda dei “falsi dirigenti” dell’Agenzia delle Entrate tutta la sua irragionevolezza. E questo perché – come abbiamo avuto già modo di spiegare – se così dovessimo ragionare, si dovrebbe ammettere che nessun accertamento fiscale, per quanto invalido, potrebbe essere annullato. Infatti, la sentenza della Corte Costituzionale che ha svelato l’illecito comportamento dell’Agenzia (la promozione a dirigente ben 767 funzionari senza farli passare da un pubblico concorso, così come, invece, Costituzione vuole) è del marzo 2015: molto tempo dopo che gli accertamenti fiscali firmati dai “falsi dirigenti” sono stati notificati a mezza Italia. Insomma, dando per buono il ragionamento della Cassazione, si arriva alla paradossale conseguenza secondo cui, nel momento in cui il contribuente è stato informato (con la sentenza dalla Consulta) del suo diritto a far valere la nullità degli accertamenti fiscali, i termini per ricorrere erano già abbondantemente spirati. E se anche, per assurdo, il contribuente fosse stato dotato di poteri divinatori e di veggenza, e quindi avesse comunque contestato la mancanza di poteri dei funzionari dell’Agenzia, nessun giudice avrebbe mai accettato l’eccezione, non essendo ancora intervenuta la predetta sentenza della Corte Costituzionale.

Insomma, anche questo ci sembra un “distinto” modo per prendersi gioco del contribuente.


note

[1] Cass. sent. n. 21216 del 23.10.15.


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