Acquistare di seconda mano da siti internet di annunci o da intermediari non svolgenti commercio può essere molto pericoloso.
Acquistare un’auto di seconda mano da un privato e non da un rivenditore ufficiale può costituire un duplice rischio per l’acquirente: non solo, infatti, viene meno la garanzia di affidabilità del prodotto che solo un centro autorizzato può fornire con i dovuti controlli preventivi, ma anche – e soprattutto – si può essere soggetti a una ammenda se si acquista merce di provenienza sospetta. Ci spieghiamo meglio e, per farlo, ci richiamiamo a una recente sentenza della Cassazione [1].
L’alterazione del numero del telaio del mezzo e la sostituzione delle targhe devono far insospettire l’acquirente che, prima di procedere al perfezionamento dell’acquisto, deve accertarsi, con la dovuta diligenza, della legittima provenienza del bene, altrimenti gli verrà contestato il reato di acquisto di cose di provenienza sospetta [2].
Anche se, infatti, non ci siano elementi sufficienti per ritenere che l’auto acquistata sia di provenienza illecita, è tuttavia onere dell’acquirente adoperarsi con diligenza per accertare la legittima provenienza del bene. A tal fine sarà necessario prendere visione della documentazione in originale (carta di circolazione e certificato di proprietà) e non fidarsi delle semplici fotocopie. Inoltre è bene preoccuparsi di controllare se la sequenza identificativa del telaio sia contraffatta o se corrisponda comunque a quella riportata sulla carta di circolazione.
Un prezzo particolarmente basso, poi, potrebbe aggravare la condizione dell’acquirente perché esso è anche sintomatico di una situazione anomala che dovrebbe metterlo in ulteriore allarme.
La contravvenzione, prevista dal codice penale, di acquisto di cose di provenienza sospetta si configura tutte le volte che l’acquirente non si accerti della legittima provenienza delle cose da lui comprate “da persone che non esercitano legittimamente il commercio e che, perciò, offrano motivo di dubitare della legittima provenienza della merce”. Si pensi al caso di un annuncio su un sito internet o all’intermediazione di un meccanico con un soggetto del tutto estraneo.
Inoltre, per far scattare il reato in commento, non è necessario che l’acquirente abbia effettivamente nutrito dubbi sulla provenienza della merce; è sufficiente piuttosto che l’acquisto avvenga in presenza di condizioni che obiettivamente avrebbero dovuto insospettire l’acquirente, indipendentemente dal fatto che il sospetto vi sia stato o meno. Insomma, se una persona media è tale da diffidare della vendita di un’auto nuova alla metà del prezzo di listino, gli estremi dell’illecito penale ci sono tutti.
La vicenda
Un tale aveva acquistato il furgone non presso una concessionaria ufficiale o da un soggetto di sua fiducia ma da un meccanico conosciuto occasionalmente, del quale ignorava persino il cognome e che lo aveva messo in contatto con il venditore/proprietario, persona mai incontrata prima. Successivamente, il ricorrente aveva concluso il contratto di acquisto senza prendere visione della documentazione in originale (carta di circolazione e certificato di proprietà), sulla base di fotocopie e non si era preoccupato neanche di controllare “se la sequenza identificativa del telaio fosse contraffatta o se corrispondesse comunque a quella riportata sulla carta di circolazione, essendosi accorto altrimenti della manomissione, percepibile anche da una persona non esperta del settore”.
ACQUISTO DI COSE DI SOSPETTA PROVENIENZA
Con tale norma, la legge tutela l’interesse dello Stato ad evitare che venga agevolata la fruizione di profitti derivanti da delitti contro il patrimonio.
In particolare la norma [2] punisce chiunque, senza averne prima accertata la legittima provenienza, acquisti o riceva a qualsiasi titolo cose che, per la loro qualità o per le condizioni di chi le offre o per le entità del prezzo, si abbia motivo di sospettare che provengano da reato. È punito, altresì, che si adoperi per fare acquistare o ricevere a qualsiasi titolo alcuna delle cose indicate nella norma, senza averne prima accertata la legittima provenienza [3].
Per l’esistenza del reato non occorre provare che l’agente abbia avuto effettivamente il sospetto: basta che sussista almeno una delle circostanza indizianti indicate dalla norma per ritenere presumibilmente che il soggetto abbia sospettato sull’illegittima provenienza. È ammessa la prova contraria di tale presunzione. Inoltre, anche in presenza di una o più delle circostanze indicate nella norma, il giudice non è tenuto a considerare automaticamente che presumibilmente il soggetto abbia avuto il sospetto sull’illegittima provenienza delle cose, dovendo, invece, valutare tutte le circostanze nel caso concreto, anche quelle che possono escludere i motivi di sospetto [4].
Il reato è punito solo per colpa, configurandosi nel caso di dolo il delitto della ricettazione [5].
La pena prevista per la contravvenzione di cui all’art. 712 c.p. è l’arresto fino a sei mesi o l’ammenda non inferiore a euro 10.
Il reato è procedibile d’ufficio e la competenza è del Tribunale monocratico.
note
[1] Cass. sent. n. 43929/15 del 30.10.15.
[2] Art. 712 cod. pen.
[3] Cass. sent. n. 12433 del 30.3.2010; Cass. sent. n. 11999 del 26.3.2010; Cass. sent. n. 10456 del 5.10.1998; Cass. sent. n. 2790 del 7.3.1987.
[4] Cass. sent. n. 9015 del 3.10.1997; Cass. sent. n. 2917 del 22.3.1995.
[5] Cass. sent. n. 6319 del 7.7.1984.
Autore immagine: 123rf com