Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 1, ordinanza 24 febbraio – 4 novembre 2015, n. 22581
Presidente Di Palma – Relatore Bisogni
Fatto e diritto
“Rilevato che
1. il Tribunale di Roma, con sentenza n. 23305/2007, ha dichiarato la separazione personale dei coniugi E.P. e M.S. con addebito al marito. Ha affidato la figlia Maria Costanza ad entrambi i genitori con fissazione della sua residenza presso la madre. Ha imposto al S. il versamento di un assegno di mantenimento mensile di 1.000 euro e un contributo mensile di 1.000 euro per il mantenimento della figlia, con decorrenza dall’agosto 2007 e rivalutazione ISTAT annuale; ha disposto che il S. provveda interamente alle spese per l’istruzione e la salute della figlia previamente concordate fra le parti, salve le ipotesi di urgenza.
2. Hanno proposto appello principale e incidentale entrambe le parti.
3. M.S. ha chiesto la revoca dell’addebito e dell’assegno di mantenimento in favore della moglie o quanto meno la sua riduzione.
4. E.P. ha chiesto l’assegnazione di quella che ha ritenuto essere la casa familiare perché acquistata con denaro comune e destinata alla abitazione familiare, progetto impedito dal S. il quale, il giorno prima del trasferimento presso la nuova abitazione, aveva abbandonato la famiglia impossessandosi delle chiavi. Ha chiesto inoltre un elevamento degli assegni fissati dal giudice di primo grado e la modifica della decorrenza sin dall’epoca della domanda. Ha infine contestato la parziale compensazione delle spese del primo grado
5. La Corte di appello di Roma riuniti gli appelli li ha respinti compensando interamente le spese del giudizio.
6. Ricorre per cassazione E.P. deducendo: a) violazione e falsa applicazione degli artt. 111 Costituzione, 2697 c.c., 155, commi 2, 4, 5, 6 cod. civ., 156, commi 1, 2 e 7 cod. civ.; b) omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo del giudizio.
7. Si difende con controricorso M.S..
Ritenuto che:
8. Il ricorso è infondato. Il rigetto della domanda di assegnazione della casa di proprietà esclusiva del S., che pacificamente non è mai stata adibita ad abitazione del nucleo familiare, è coerente alla giurisprudenza di legittimità secondo cui l’assegnazione della casa familiare prevista dall’art. 155 qoater cod. civ., rispondendo all’esigenza di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime e si articola la vita familiare, è consentita unicamente con riguardo a quell’immobile che abbia costituito il centro di aggregazione della famiglia durante la convivenza, con esclusione di ogni altro immobile di cui i coniugi avessero la disponibilità (Cass. civ. sez. I n. 14553 del 4 luglio 2011). Le censure mosse dalla ricorrente alla conferma della misura dell’assegno di mantenimento in suo favore e del contributo al mantenimento della figlia attengono alla valutazione di merito riservata al giudice dell’appello che non è sindacabile nel giudizio di legittimità se non a causa di un vizio della motivazione che nella specie non sussiste dato che la Corte distrettuale ha valutato attentamente le potenzialità economiche e patrimoniali delle parti pervenendo a un giudizio di congruità della determinazione operata in primo grado anche in considerazione dell’obbligo del S. di provvedere al mantenimento della sua nuova famiglia e attenendosi così alle prescrizioni normative che la ricorrente ritiene erroneamente violate. Quanto alla decorrenza degli assegni dall’agosto 2007, nella misura determinata di 1.000 euro ciascuno, non è fondata la censura di omessa motivazione della ricorrente perché la Corte di appello ha fatto riferimento alla progressione di tale determinazione nel corso del giudizio di primo grado. La decisione sulle spese risulta anche essa motivata con riferimento all’esito del giudizio di primo grado.
9. Sussistono pertanto i presupposti per la trattazione della controversia in camera di consiglio e se l’impostazione della presente relazione verrà condivisa dal Collegio per il rigetto del ricorso”.
La Corte condivide tale relazione e rileva inoltre che la affermazione della ricorrente secondo cui la Corte di appello avrebbe determinato sulla base di criteri equitativi l’ammontare degli assegni di mantenimento è smentita dalla lettura della motivazione da cui emerge il collegamento della decisione e della sua motivazione ai criteri normativi e giurisprudenziali. Non appare illogico quanto implicitamente deciso dalla Corte di appello sulla mancata incrementazione del reddito del S. con il reddito locativo presuntivo dell’immobile di via del Casaletto dato che solo in futuro, quando sarà estinto il debito rappresentato dal mutuo con garanzia gravante sull’immobile, tale reddito presunto potrà integrare quello personale e della nuova famiglia del S. che attualmente, per quello che emerge dalle dichiarazioni e difese delle parti, non dispone per le proprie esigenze abitative di un immobile di proprietà della compagna del S..
La Corte pertanto ritiene che il ricorso debba essere respinto con condanna della ricorrente alle spese del giudizio di cassazione.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione liquidate in euro 3.100, di cui 100 euro per spese, oltre spese forfetarie e accessori di legge. Dispone che in caso di diffusione del presente provvedimento siano omesse le generalità e gli altri dati identificativi a norma dell’art. 52 del decreto legislativo n. 196/2003.