Norme poco chiare e sentenze contrastanti: no alle sanzioni fiscali


Norme tributarie poco chiare soggette a più interpretazioni contrastanti: il contribuente che, nell’incertezza, sbaglia, non deve pagare le sanzioni fiscali.
Quando la norma tributaria è poco chiara e genera contrasti tra prassi e giurisprudenza, con orientamenti diversi dei giudici, in questo caso, pur rimanendo legittimo l’atto impositivo, non possono essere applicate al contribuente le sanzioni fiscali.
La precisazione è stata fornita ieri dalla Cassazione [1] che ha stilato un vero e proprio prontuario (peraltro non esaustivo) dei casi in cui l’incertezza nell’interpretazione delle norme si risolve in un vantaggio per il contribuente.
Ecco i fatti che, secondo la Corte, sono indici di incertezza normativa:
1. difficoltà di individuazione delle disposizioni normative, dovuta magari al difetto di esplicite previsioni di legge;
2. difficoltà di convezione della formula dichiarativa della norma giuridica;
3. difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata;
4. mancanza di informazioni amministrative o loro contraddittorietà;
5. mancanza di una prassi amministrativa o adozione di prassi amministrative contrastanti;
6. mancanza di precedenti giurisprudenziali;
7. formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, magari accompagnati dalla sollecitazione, da parte dei giudici comuni, di un intervento chiarificatore della Corte Costituzionale;
8. contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale;
9. contrasto tra opinioni della dottrina;
10. adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita preesistente.
Sulla base di tali considerazioni, la Cassazione ha disapplicato le sanzioni a carico di una società accusata di aver versato meno IVA per aver fatto ricorso ad agevolazioni non spettantegli. I giudici hanno infatti ritenuto la norma tributaria poco chiara relativamente ai destinatari dell’agevolazione.
note
[1] Cass. sent. n. 4685 del 23.03.12.