La banca che sbaglia paga: presentato disegno di legge al Senato della Repubblica per l’erronea segnalazione alla Centrale rischi.
Il mese scorso è stato presentato, al Senato della Repubblica, il DDL intitolato “Disposizioni sulla erronea segnalazione alla centrale rischi” volto a prevenire quei numerosi comportamenti illeciti delle banche che segnalano il cliente alla Centrale Rischi della Banca d’Italia con estrema leggerezza, senza aver effettivamente verificato l’esistenza dei presupposti per la l’iscrizione.
Non è un fatto isolato l’abuso di segnalazione alla Centrale Rischi che gli istituti di credito sono soliti effettuare nei confronti di correntisti e mutuatari: uno strumento di coercizione del pagamento a causa del quale molti cittadini e imprese hanno subìto limitazioni di ogni genere fino, addirittura, alla crisi dell’attività economica o allo stesso fallimento di numerosi imprenditori.
In questi casi la giurisprudenza è concorde nel stabilire due principi: l’obbligo della preventiva comunicazione al destinatario della segnalazione e il risarcimento del danno nel caso di segnalazione non dovuta. È infatti ricorrente il caso in cui la banca effettui la comunicazione alla Banca d’Italia anche in assenza di effettivi rischi di insolvenza, al semplice mancato pagamento di una rata di un prestito, solo per ottenere, nel più breve tempo possibile, i propri soldi.
Al fine di evitare l’abuso di tale strumento, la cui funzione doveva essere quella di salvaguardare l’economia nazionale, mentre invece ha spesso prodotto effetti opposti, è stata presentata una proposta di legge studiata da giuristi esperti in diritto bancario e sostenuta da non pochi parlamentari.
Ecco di seguito il testo del disegno di legge
SENATO DELLA REPUBBLICA
———– XVII LEGISLATURA ———–
N. 2136 DISEGNO DI LEGGE
d’iniziativa del Senatore ENRIIICO BUEMI
COMUNICATA ALLA PRESIDENZA IL 17 NOVEMBRE 2015
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Disposizioni sulla segnalazione erronea alla centrale rischi
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ONOREVOLI SENATORI. – E’ necessario, per richiedere una riforma nel meccanismo di
irrogazione di sanzioni contro le banche che segnalano erroneamente alla centrale rischi, capire,
sinteticamente, come si delinea questo fenomeno e quale sia l’attuale quadro normativo in tema di
sanzioni. Altra premessa: la segnalazione alla centrale rischi, che spesso si rivela erronea, è la
principale causa di fallimenti di imprese oltrechè di suicidi di imprenditori prima solvibili. Si
prenda dunque l’abbrivio su quello che si definisce l’automatismo della segnalazione per poi
analizzare il potere sanzionatorio di Banca di Italia e prospettare il presente disegno di legge.
1-L’ingiustificato automatismo nella segnalazione alla centrale rischi: sconfinamento e stato
di insolvenza.
Deve essere posto nella dovuta evidenza che le Banche hanno fondamentali obblighi informativi,
prima di effettuare la segnalazione alla centrale rischi, ai quali spesso non ottemperano.
Occorrerebbe che la Banca inviti al contraddittorio il potenziale segnalato, affinché il medesimo
conferisca giustificazione al presunto allarme provocato dalla sofferenza che gli si debba ascrivere.
Quest’obbligo informativo è sussumibile anche quando la segnalazione avviene per effetto
automatico dello sconfinamento oltre i 30 mila euro. Si stigmatizzi che la segnalazione automatica
di per sé è un dato pernicioso per l’imprenditore segnalato, dal momento che una volta avvenuta,
qualora si dimostri ex post che sia illegittima, essa produce il danno consistente dello strepitus:
allarmare il sistema e perciò impedire che il correntista possa ottenere da altri istituti linee di credito
o fiducia e credibilità nelle relazioni tra le imprese.
Quello che si intende valutare è l’automatismo della segnalazione, che ha un effetto devastante per
l’impresa segnalata, qualora non avvenga in buona fede, come si registra in tutti i casi in cui il
segnalato non sia avvertito dall’istituto di credito.
La segnalazione avviene senza contraddittorio e dunque senza delibare, valutare, se dietro
l’inadempimento vi sia colpa o dolo dell’imprenditore.
Prima dunque di segnalare, o per sconfinamento, o per sofferenza, la Banca deve:
effettuare un’istruttoria, al fine di ponderare se l’esposizione ascritta al correntista non sia viziata di
interessi non dovuti e dunque intrisa di anomalie che possono anche comportare una considerevole
riduzione del debito: la banca ritiene che il correntista sia andato oltre l’accordato, ma può accadere
che lo sconfino non sia tale, perché l’istituto di credito ha computato interessi non dovuti che, se
restituiti, abbassano l’asticella dell’affidamento concesso e la segnalazione non ha ragion d’essere.
Accertarsi che l’inadempimento non sia sintomo di insolvenza e non sia un fatto persistente, ma
solo temporaneo e transitorio.
Che non vi sia colpa o dolo dell’imprenditore per il presunto inadempimento. Per esempio in tema
di automatismo è stato ritenuto che: ”posto che non sussiste alcun automatismo fra
l’inadempimento del correntista e la segnalazione alla Centrale dei rischi presso la Banca d’Italia,
l’istituto bancario interessato è tenuto, prima di dar corso alla segnalazione stessa, ad accertarsi
che il correntista sia stato preventivamente informato del recesso dal contratto e della revoca del
fido eventualmente già concesso, nonché, e soprattutto, del fatto che gli sia stato inviato un atto di
costituzione in mora, tale da mettere il cliente in condizione di ripianare l’esposizione debitoria ed
evitare la suddetta segnalazione” (Tribunale di Bari 24.01.2008).
Il perseguimento dell’interesse generale, sotteso alla disciplina della Centrale dei rischi della Banca
d’Italia, può ritenersi conseguito solo se gli intermediari utilizzano il potere di segnalazione nel
rispetto delle regole dettate dalla normativa di riferimento, prima ancora che dei principi generali in
tema di correttezza e buona fede.
E’ stato ritenuto dalla migliore dottrina: ”l’orientamento giurisprudenziale prevalente valuta la
segnalazione come un fatto non automatico, implicante, piuttosto, una valutazione della banca in
ordine all’insolvenza del cliente: il soggetto segnalante deve verificare, sulla base degli elementi
oggettivi a sua disposizione, se il proprio debitore si trovi in una situazione che induca a ritenere la
riscossione del credito a rischio, dovendo tenere conto di elementi quali la liquidità del soggetto, la
sua capacità produttiva e reddituale, la situazione di mercato in cui opera, l’ammontare
complessivo del credito: fermo restando che tali elementi non possono integrare da soli i
presupposti per la segnalazione, laddove la concreta situazione del cliente non crei allarme quanto
alla sua generale solvibilità .Tale orientamento evidenzia come il mero inadempimento del debito
verso la banca, eventualmente accompagnato da un esplicito rifiuto di adempiere, non comporti la
qualificazione della posizione del credito come in sofferenza, poiché la segnalazione deve ritenersi
subordinata al requisito, in capo al debitore, dell’insolvenza, intesa come incapacità di far fronte
regolarmente alle proprie obbligazioni con il suo patrimonio: a tal proposito, il soggetto
segnalante, per verificare se il debitore si trovi in una situazione che induca a ritenere a rischio la
riscossione del credito a rischio, dovrà tener conto di elementi quali, tra gli altri, la liquidità del
soggetto, la sua capacità produttiva e reddituale, la situazione contingente di mercato e
l’ammontare complessivo del credito(Segnalazione illegittima alla centrale rischi e danno risarcibile
Fabrizio-Salvatore Angelo Danno e Resp., 2008. 8. 9. 881).
Quando poi si tratta di dover effettuare la segnalazione alla centrale rischi, in ragione di una
sofferenza da ascrivere al correntista, la migliore giurisprudenza di merito di recente conio ha così
statuito:
“la segnalazione a sofferenza, proprio per il margine di discrezionalità attribuito
all’intermediario nella valutazione rispetto ad altre segnalazioni a carattere automatico, richiede
all’intermediario una attenta verifica della situazione di fatto, al fine di contemperare l’esigenza di
contenimento del rischio creditizio e la tutela dell’interesse privato del soggetto segnalato”
(Tribunale di Milano 29.08.2014).
La ponderata valutazione della situazione complessiva del cliente da parte della banca, scaturisce
anche dal dovere di correttezza contrattuale (1175 c.c.), che si concretizza nella tutela
dell’affidamento, di protezione e salvaguardia dell’interesse del cliente, atteso che la buona fede è
anche fonte di eterointegrazione del contratto.
La banca deve procedere con l’attenta valutazione economica della situazione globale del debitore,
prima di effettuare una qualsivoglia segnalazione alla Centrale Rischi (nel senso delle rilevanza
della buona fede, v. anche Trib. Milano 23.9.2009 e Trib. Monopoli 17.6.2008). “Nell’effettuare
siffatta attenta valutazione la banca è tenuta, ove necessario, anche ad instaurare il contraddittorio
con il cliente e segnatamente nei casi in cui la sua situazione finanziaria appaia complessa, nel
senso che non si manifesti palesemente pregiudicata al punto da poter ritenere senz’altro a rischio
la riscossione del credito. Invero, come detto, se la finalità della segnalazione alla Centrale Rischi
è quella di allarmare gli altri istituti di credito circa solvibilità del soggetto segnalato, è essenziale
svolgere la valutazione richiesta con particolare attenzione, al fine di non escludere dal sistema del
credito un soggetto che, al contrario, ad una più attenta analisi, sarebbe risultato essere
meritevole. Pertanto, “la valutazione della complessiva situazione finanziaria del cliente” di cui
parla la Banca d’Italia, va intesa nel senso che può rendersi necessaria anche la consultazione del
cliente a chiarimenti sulla sua esposizione debitoria (Tribunale di Monopoli 19.05.2011 fonte Sito
il caso.it 2011).
Presupposto fondamentale affinchè si determini la segnalazione a sofferenza, è la sussistenza di uno
stato di insolvenza, da non confondersi con una temporanea difficoltà.
Deve essere escluso lo stato di insolvenza, ovvero la sussistenza di una situazione ad esso
equiparabile, che legittima l’invio della segnalazione alla Centrale Rischi istituita presso la Banca
d’Italia, qualora lo stesso sia stato dedotto da elementi non idonei a valutare compiutamente la
capacità finanziaria dei soggetti ed enti di cui è stato dichiarato. Rilevato, infatti, che la
dichiarazione di stato di insolvenza deve essere frutto di una valutazione negativa della situazione
patrimoniale, valutazione oggettiva di grave e non transitoria difficoltà economica e incapacità
finanziaria, non è legittimo far pervenire la relativa segnalazione alla Centrale Rischi, fondando
detta dichiarazione sull’apprezzamento generico dei bilanci societari, anche se in perdita da diversi
anni, nonché sulla sussistenza di esposizioni della medesima società nei confronti di altri Istituti di
Credito. Risultano di contro elementi idonei ad escludere siffatta valutazione l’operatività sul
mercato dell’impresa, il fatto che la stessa sia titolare di un patrimonio immobiliare ed in
attrezzature ben superiore al credito vantato dall’Istituto bancario segnalatore e l’assenza di
procedure esecutive o elevazioni di protesti. Deve peraltro essere rilevato che è onere di ciascun
Istituto bancario, indipendentemente da ogni ulteriore ed approfondita indagine relativa alla
capacità finanziaria dei propri clienti in presunta sofferenza, compiere, ricorrendo allo stesso
sistema informativo della Centrale, accertamenti relativi ad elementi sintomatici dello stato di
insolvenza quali la revoca degli affidamenti, l’emissione di decreti ingiuntivi, la sussistenza di
azioni di recupero di crediti, pignoramenti, protesti, procedure esecutive in corso. L’omissione in
ordine all’esecuzione di detto tipo di attività preliminare da parte dell’Istituto bancario che, come
detto, abbia fondato la propria segnalazione solo su una superficiale valutazione dei bilanci e delle
esposizioni del cliente, connota il comportamento dello stesso come imprudente e tecnicamente
imperito (Cass. civ. Sez. I. 24-05-2010. n. 12626).
Ne consegue dunque che la segnalazione sia illegittima, qualora la Banca non abbia tenuto conto:
Della globale situazione economica dell’imprenditore che escluda, a prescindere del debito con
l’istituto di credito, uno stato di insolvenza;
Non abbia assicurato la necessaria istruttoria all’imprenditore, tanto da doverlo preventivamente
informare e notiziare circa la sua postazione a sofferenza.
2-Potere sanzionatorio: inevitabili lacune. Devoluzione all’autorità giurisdizionale ordinaria
per evitare commistioni e parzialità.
Se dunque la segnalazione è illegittima quale è la conseguenza di tal comportamento ingiusto da
ascrivere alla Banca? In sede giudiziale il Giudice ordinerà, con un provvedimento di urgenza, la
cancellazione erronea ed il segnalato, per ottenere il ristoro dei suoi danni, dovrà sottoporsi ad un
ulteriore giudizio, per dimostrare questi ultimi e conseguire una liquidazione equitativa.
Nel seno della circolare della Banca di Italia così è scritto: Il corretto funzionamento della Centrale
dei rischi si fonda sul senso di responsabilità e sullo spirito di collaborazione degli intermediari
partecipanti.
Ciò considerato e avute altresì presenti le conseguenze, anche di ordine giuridico, che possono
derivare da un’erronea registrazione dei dati, gli intermediari sono tenuti a una puntuale
osservanza delle norme che regolano il servizio e al rispetto dei termini segnaletici….
Gli intermediari sono tenuti a controllare le segnalazioni di rischio trasmesse alla Banca d’Italia e
a rettificare di propria iniziativa le segnalazioni errate o incomplete riferite alla rilevazione
corrente e a quelle pregresse.
Gli intermediari devono ottemperare senza ritardo agli ordini dell’Autorità giudiziaria riguardanti
le segnalazioni trasmesse alla Centrale dei rischi (ad es. ordine di cancellazione di una sofferenza).
Ove l’ordine sia impartito alla Banca d’Italia, quest’ultima chiede prontamente tramite posta
elettronica certificata (PEC) o a mezzo fax all’intermediario che ha effettuato la segnalazione di
provvedere – tempestivamente e comunque entro i tre giorni lavorativi successivi a quello della
richiesta – alla rettifica e all’eventuale riclassificazione della posizione oggetto di accertamento. In
caso d’inerzia dell’intermediario, la Banca d’Italia provvede d’iniziativa entro il giorno seguente a
quello di scadenza del predetto termine e avvia la procedura per l’irrogazione delle sanzioni di cui
all’art. 144 del T.U.B. nei confronti dell’ente segnalante….
Le ispezioni concernenti il servizio centralizzato dei rischi vengono condotte, di norma, in
concomitanza con quelle generali di vigilanza e sono volte alla verifica dell’attendibilità del
sistema informativo, dell’efficacia dei controlli interni e dell’affidabilità delle segnalazioni.
Al termine dell’ispezione – ove emergano aspetti meritevoli di rilievo – viene consegnato ai
Presidenti del consiglio di amministrazione e del collegio sindacale un esemplare del fascicolo
contenente le risultanze dell’accertamento. Entro trenta giorni dalla consegna del fascicolo
l’intermediario fa conoscere alla Banca d’Italia le proprie considerazioni in ordine a quanto
emerso, nonché le iniziative poste in essere e quelle allo studio per rimuovere le anomalie
accertate; entro il medesimo termine l’intermediario deve inviare le segnalazioni di rischio omesse
e/o rettificare quelle errate.
La violazione delle disposizioni concernenti il servizio di centralizzazione dei rischi emanate dal
CICR e dalla Banca d’Italia può comportare l’irrogazione delle sanzioni amministrative pecuniarie
di cui all’art. 144 del T.U.B.
E’ conferito, dunque, per legge la possibilità di irrogare una sanzione, qualora sia stata effettuata ad
opera di una banca un’erronea segnalazione alla centrale rischi.
Si tenga presente che nel seno della circolare viene utilizzato il termine può e non invece è dato per
certo che commesso l’errore la banca debba essere punita.
La circolare dunque pone l’esercizio del potere sanzionatorio come facoltativo e non doveroso.
Ma vediamo quale è la disciplina sanzionatoria prevista dagli articoli 144 e 145 del Testo Unico.
Attesa la sua farraginosa compilazione, siamo costretti a dover estrapolare quello che interessa ai
nostri fini.
Così è scritto nel primo troncone dell’articolo: “Nei confronti delle banche, degli intermediari
finanziari, delle rispettive capogruppo, degli istituti di moneta elettronica, degli istituti di
pagamento e dei soggetti ai quali sono state esternalizzate funzioni aziendali essenziali o
importanti, nonché di quelli incaricati della revisione legale dei conti, si applica la sanzione
amministrativa pecuniaria da euro 30.000 fino al 10 per cento del fatturato, per le seguenti
violazioni”.
Quello che ci riguarda è la violazione dell’art.51 e dell’art.53 del Testo Unico.
Quanto all’art.51 ha scritto un autorevole Magistrato: “l’art.51 del T.U.B pone a carico delle
banche l’obbligo di inviare alla Banca di Italia, per l’espletamento della funzione di vigilanza
informativa, le segnalazioni periodiche, nonchè ogni altro dato o documento richiesto. Le banche
perciò sono tenute ad eseguire mensilmente alla Centrale rischi le segnalazioni della propria
esposizione creditizia verso ogni cliente…In pratica la Centrale rischi è allora strumento essenziale
attraverso il quale la Banca di Italia esercita la sua attività di controllo sulle funzioni degli istituti
bancari di raccolta di risparmio e di erogazione del credito. L’organo di Vigilanza svolge all’uopo
un’attività di interesse pubblico, raccogliendo le segnalazioni dei rapporti bancari in sofferenza e
comunicando le stesse agli istituti creditizi, onde consentire a questi la valutazione di solvibilità dei
soggetti richiedenti il credito. Sulla scorta delle segnalazioni provenienti dalle aziende di credito
delle esposizioni creditizie della clientela che superano i limiti di censimento, la Banca di Italia
avverte così le banche sulla posizione globale di rischio di ogni singolo nominativo, per il quale
abbia ricevuto una comunicazione di concessione di fido. Inoltre la Banca di Italia fornisce, sulla
base dei nominativi censiti nella centrale rischi, anche il cosiddetto servizio di prima informazione
per tutte le finalità connesse all’attività di assunzione del rischio. Perciò il diritto di informazione
delle banche sulla solvibilità della clientela finisce per prevalere sul diritto di riservatezza degli
utenti, in relazione ai rapporti che intrattengono con gli istituti di credito (Antonio Scarpa e
Giuseppe Fortunato: Banche e responsabilità civile Giuffrè Editore 2008 pagine 85 e seguenti).
Quanto all’art.53 occorre fare una premessa, che attiene alla nascita della centrale rischi.
Sgombriamo il campo da un equivoco: da un punto di vista storico la Centrale Rischi non nasce,
come spesso si ritiene, con il testo unico bancario del 1993. Infatti sorge già con il testo unico del
1936, che all’articolo 32 recitava: “le aziende di credito, soggette alle disposizioni della presente
legge, dovranno attenersi alle istruzioni che l’ispettorato comunicherà, conformemente alle
deliberazioni del comitato dei ministri, relativamente alle cautele per evitare gli aggravamenti di
rischio derivanti dal cumulo dei fidi”.
È in questa espressione, “cautele per evitare gli aggravamenti di rischi derivanti dal cumulo dei
fidi” che si vede quale sia la funzione e la finalità della Centrale Rischi.
Era quella, già intesa nel pensiero del legislatore del 1936, di concedere affidamenti solo ad
imprenditori solvibili. Era perciò necessario predisporre delle cautele e dei mezzi per scongiurare
l’aggravamento del rischio, derivante dal cumulo dei fidi, dal fatto che un imprenditore, avendo più
linee di credito, potesse trovarsi nelle condizioni di non restituire il dovuto alle banche.
L’istituto della Centrale dei rischi è stato introdotto, nella maniera più esaustiva, nel nostro
ordinamento giuridico con delibera del CICR del 16 maggio 1962, nella quale si era stabilito che il
servizio di centralizzazione dei rischi era affidato alla Banca d’Italia.
La disciplina della centrale rischi è stata successivamente regolamentata dalla delibera del CICR del
29 marzo 1994. Quest’ultima segue l’emanazione del Testo unico Bancario che, come ben noto si è
avuta nel 1993, con l’abrogazione di quello in vigore già dal 1936.
Nel 1993, rispetto al vecchio testo unico del 1936, il problema si poneva in una logica diversa per il
rispetto delle direttive comunitarie: l’articolo 53 dell’attuale testo unico, che rientra nel Titolo III
Capo I (quello che tratta sulla Vigilanza delle Banche), è indicato dal legislatore come Vigilanza
Regolamentare.
Si pone la questione in modo netto e preciso: la Banca d’Italia, in conformità alla deliberazione del
comitato interministeriale del credito risparmi, (CICR), rimanda a disposizioni di carattere generale
che hanno come finalità il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni. Dunque la
Centrale Rischi, come la definisce il legislatore all’art.53, è un mezzo necessario per il
contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni.
Il troncone dell’art.53 che ci riguarda ha questa testuale formulazione: “la Banca di Italia, in
conformità delle deliberazioni del CICR emana disposizioni di carattere generale aventi ad
oggetto il contenimento del rischio nelle sue diverse configurazioni”.
Dopo la delibera del CICR del 29 marzo 1994 la materia è stata novellata ed integrata, dato che la
Banca d’Italia ha emanato, in data 14 novembre 2001, istruzioni per gli intermediari finanziari,
implementando così la fondamentale Circolare dell’11 febbraio 1991.Uno degli ultimi
aggiornamenti di quest’ultima risale alle circolari del 4.03.2010 e del 24.4.2011.
La Centrale rischi è dunque uno strumento informatico, al quale le banche e società finanziarie
autorizzate, fanno pervenire un flusso di informazioni, che raccolga tutti i dati sulle posizioni di
credito di un imprenditore.
C’è una preliminare questione da dirimere: tra il rispetto dell’interesse alla privacy, circa le
informazioni sul conto di un imprenditore e quello pubblico per la tutela, lo sviluppo e la cura del
credito e del risparmio, che rappresenta la finalità di natura costituzionale degli istituti di credito
(art.47 Cost.), quale tra i capi dell’alternativa prevale?
Per il legislatore, quest’ultimo, dal momento che è un beneficio per l’economia nazionale aver al
cospetto imprese sane e solvibili.
La Centrale Rischi diventa dunque un sistema informativo sulla posizione debitoria individuale del
soggetto affidato; partecipano alla C.R. le banche iscritte all’albo di cui all’articolo 13 del testo
unico bancario (tutte le società che sono autorizzate a concedere finanziamenti).
Gli istituti di credito e le società finanziarie autorizzate a concedere credito nel linguaggio del
legislatore sono definiti intermediari, perché forniscono adeguate e puntuali informazioni al sistema
della Centrale rischi.
La posizione che si riferisce ai segnalati viene definita censimento.
Gli intermediari comunicano periodicamente, su richiesta della Banca d’Italia e con le modalità da
questa stabilite, l’esposizione nei confronti dei propri affidati e dei nominativi collegati, per esempio
i fideiussori. Ad ogni soggetto partecipante, dunque agli istituti di credito e a chi ne fa debita
richiesta, la Banca d’ Italia fornisce periodicamente la posizione globale di rischio di ciascun
affidato e dei nominativi collegati.
Sul piano tecnico questo processo dà vita ad un flusso telematico di informazioni:
in entrata ogni banca è tenuta a conferire le informazioni su un determinato soggetto o impresa;
in uscita le informazioni riordinate e contemplate, devono essere rese pubbliche.
Il legislatore nell’art.144 punisce la Banca ed i suoi funzionari, qualora siano violati gli articoli 51 e
53: nulla statuisce in caso di segnalazione erronea.
Oltre a tale dato emerge dalla lettura dell’art.144 una serie di elementi fondamentali che sono
necessari al nostro lavoro.
Il legislatore con la riforma avvenuta con il decreto legislativo 12 maggio 2015 numero 72 ha
innovato anche la disposizione dell’art.144 e dunque si pone una responsabilità di natura oggettiva,
cioè anche la banca intermediaria, oltre i suoi funzionari apicali e gli impiegati che abbiano violato
gli articoli 51 e 53, subisce la sanzione amministrativa.
Si configura un minimo ed un massimo nella punizione edittale da euro 30.000 fino al 10 per cento
del fatturato, per le violazioni.
Non sono previste sanzioni di natura penali.
Inevitabilmente, per quanto disciplina il successivo articolo 145 l’irrogazione della sanzione ed il
suo preventivo processo istruttorio, avvengono sempre nel seno del circuito della Banca di Italia e
non ad opera di un organo terzo.
Vediamo il tessuto normativo dell’art.145 del Testo Unico bancario:” Per le violazioni previste nel
presente titolo cui è applicabile una sanzione amministrativa, la Banca d’Italia contestati gli
addebiti ai soggetti interessati, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte, applica le
sanzioni con provvedimento motivato. I soggetti interessati possono, entro trenta giorni dalla
contestazione, presentare deduzioni e chiedere un’audizione personale in sede di istruttoria, cui
possono partecipare anche con l’assistenza di un avvocato.
Il procedimento sanzionatorio è retto dai principi del contraddittorio, della conoscenza degli atti
istruttori, della verbalizzazione nonché della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie.
Il provvedimento di applicazione delle sanzioni previste dal presente titolo è pubblicato senza
ritardo e per estratto sul sito web della Banca d’Italia. Nel caso in cui avverso il provvedimento di
applicazione della sanzione sia adita l’autorità giudiziaria, la Banca d’Italia menziona l’avvio
dell’azione giudiziaria e l’esito della stessa nel proprio sito web a margine della pubblicazione. La
Banca d’Italia, tenuto conto della natura della violazione e degli interessi coinvolti, può stabilire
modalità ulteriori per dare pubblicità al provvedimento, ponendo le relative spese a carico
dell’autore della violazione.
Nel provvedimento di applicazione della sanzione la Banca d’Italia dispone la pubblicazione in
forma anonima del provvedimento sanzionatorio quando quella ordinaria:
a) abbia ad oggetto dati personali ai sensi del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, la cui
pubblicazione appaia sproporzionata rispetto alla violazione sanzionata;
b) possa comportare rischi per la stabilità dei mercati finanziari o pregiudicare lo svolgimento di
un’indagine penale in corso;
c) possa causare un pregiudizio sproporzionato ai soggetti coinvolti, purché tale pregiudizio sia
determinabile.
Se le situazioni descritte nel comma 3-bis hanno carattere temporaneo, la pubblicazione è
effettuata quando queste sono venute meno”.
Era previsto nel seno della disposizione in esame un’impugnazione del provvedimento
sanzionatorio innanzi alla Corte di Appello di Roma, ma essa è stata dichiarata incostituzionale
(sentenza 9-15 aprile 2014, n. 94).
A seguito del varo del nuovo Codice del processo amministrativo le controversie aventi ad oggetto
tutti i provvedimenti compresi quelli sanzionatori adottati dalla Banca di Italia, sono devoluti alla
giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo. L’art.135 comma 1 lett. c) del codice del
processo amministrativo prevede, in tali casi, la competenza funzionale del Tar Lazio sede Roma.
Dunque, in sintesi, è la stessa Banca di Italia a dover, nel contempo, sia svolgere l’istruttoria (sia
pure con le guarentigie del contraddittorio e della partecipazione del sanzionato al procedimento
amministrativo ai sensi della legge 241/90), che irrogare le sanzioni.
Sta di fatto però che una violazione deve essere valutata dall’organo di vigilanza che non assume la
caratterizzazione di terzietà, soprattutto perché le fondamentali funzioni di istruttoria e di
comminatoria di sanzioni, seppure devolute a differenti organi interni, fanno comunque capo alla
medesima struttura. La commistione è incipiente.
In secondo luogo nelle pieghe della legge, contrariamente ai fondamentali principi di chiarezza e
tassatività in tema di sanzioni (legge 689/81) non è specificato, in modo adamantino, quale sia il
precetto e quale sia la sanzione, in caso di erronea segnalazione alla centrale rischi, compiuta
imprudentemente da una banca.
Il modello sanzionatorio dispiegantesi nel seno dell’organo di vigilanza che diventa dunque anche
repressivo, non assicura imparzialità di giudizio, proprio perché la funzione istruttoria, sia pure con
tutte le mitigazioni del caso, è in evidente commistione con la funzione decisoria, anzi subordinata a
questa, come autorevolmente sostenuto da Marcello Condemi nel Commentario al Testo unico
bancario (Cedam terza edizione pagine 2368 e seguenti).
Sarebbe più semplice devolvere all’autorità giudiziaria ordinaria e non dunque alla Banca di Italia,
la funzione di delibare se il comportamento di una banca, in caso di erronea segnalazione alla
centrale rischi, possa essere o meno, passibile di punizione.
Infatti per giurisprudenza consolidata è l’autorità giurisdizionale ordinaria e non il garante della
privacy a dover delibare se una segnalazione sia o meno giusta.
In secondo luogo deve essere chiaro e palmare, nel seno della legge, quale sia la punizione che si
intenda irrogare alla banca ed ai suoi funzionari, specificandone la sanzione pecuniaria.
In sintesi la riforma deve contenere queste coordinate:
Sia l’autorità giurisdizionale ordinaria a dover occuparsi di segnalazione erronea alla centrale rischi
e non la Banca di Italia, atteso che siamo al cospetto di diritti assoluti, quali quello alla reputazione,
all’immagine al diritto all’impresa costituzionalmente tutelati e garantiti (art.2, 3, 41). Tali diritti
infatti vengono messi in discussione se non addirittura conculcati con un’erronea segnalazione: una
gogna mediatica diventa insopportabile, si distruggono imprese e famiglie, quando, per effetto
cascante, si provoca la crisi di liquidità.
Sia indicato con chiarezza il precetto e la sanzione, con una disposizione di legge da inserire nel
Testo Unico. E’ ben evidente in quest’ultimo caso che le Banche, prima di procedere alla
segnalazione, saranno più attente e più prudenti, perché sarà un organo terzo, il Giudice ordinario (e
non a Banca d’Italia, rifuggendo da una giurisdizione domestica) a dover irrogare direttamente la
sanzione, in caso di violazione del precetto normativo. Si evitano commistioni e decisioni parziali.
* * *
In sintesi, il presente disegno di legge parte dai seguenti presupposti.
La segnalazione alla Centrale dei Rischi di Bankitalia, che spesso si rivela erronea, è la principale
causa di fallimenti di imprese e, purtroppo, di suicidi di imprenditori prima solvibili.
Il perseguimento dell’interesse generale, sotteso alla disciplina della Centrale dei rischi della Banca
d’Italia, può ritenersi conseguito solo se gli intermediari utilizzano il potere di segnalazione nel
rispetto delle regole dettate dalla normativa di riferimento.
Ifunzionari di banca sostengono che esiste un obbligo automatico di segnalazione in base al
superamento di soglie, invece la normativa prevede una procedura, precedente alla segnalazione in
Centrale dei Rischi, in contradditorio fra banca e cliente, una precisa valutazione basata su
presupposti certi, un obbligo di informativa in capo alle banche. Nella realtà gli istituti procedono
spesso a segnalazioni arbitrarie dell’azienda provocandone la rovina. In numerosi casi le banche
disattendono le regole, perché sono consapevoli della mancanza di sanzioni in caso di lesione delle
stesse.
L’attuale potere sanzionatorio, utilizziamo un termine benevolo, è alquanto confuso. E’ conferita la
possibilità di irrogare una sanzione, qualora sia stata effettuata ad opera di una banca un’erronea
segnalazione alla Centrale dei Rischi, ma si tenga presente che nel seno della circolare Bankitalia
che regola le procedure viene utilizzato il termine può e non invece è dato per certo che, commesso
l’errore, la banca debba essere punita. La circolare dunque pone l’esercizio del potere
sanzionatorio come facoltativo e non doveroso. Non viene fornita un’identificazione precisa e
chiara dei soggetti destinatari delle eventuali sanzioni. Dovrebbe essere invece chiaro e palmare, nel
seno della legge, quale sia la punizione che si intenda irrogare alla banca ed ai suoi funzionari,
specificando la sanzione pecuniaria.
In sintesi, è la stessa Banca di Italia (di proprietà delle Banche) a dover svolgere l’istruttoria,
giudicare e, se del caso, sanzionare. Sta di fatto però che una violazione deve essere valutata
dall’organo di vigilanza che non ha caratteristiche di terzietà. Infatti le fondamentali funzioni di
istruttoria e di comminatoria di sanzioni fanno capo alla medesima struttura. Il modello
sanzionatorio dispiegantesi nell’organo di vigilanza, che diventa dunque anche repressivo, non
assicura imparzialità di giudizio, proprio perché la funzione istruttoria è in evidente commistione
con la funzione decisoria, anzi è subordinata a questa.
E’ più semplice devolvere all’autorità giudiziaria ordinaria e non dunque alla Banca di Italia,
la funzione di delibare se il comportamento di una banca, in caso di erronea segnalazione alla
centrale rischi, possa essere o meno, passibile di punizione.
Perciò la riforma deve contenere queste coordinate:
Sia l’autorità giurisdizionale ordinaria a dover occuparsi di segnalazione erronea alla centrale rischi
e non la Banca di Italia, atteso che siamo al cospetto di diritti assoluti, quali quello alla reputazione,
all’immagine al diritto all’impresa costituzionalmente tutelati e garantiti (art.2, 3, 41). Tali diritti
infatti vengono messi in discussione se non addirittura conculcati con un’erronea segnalazione: una
gogna mediatica diventa insopportabile, si distruggono imprese e famiglie, quando, per effetto
cascante, si provoca la crisi di liquidità;
sia indicato con chiarezza il precetto e la sanzione, con una disposizione di legge da inserire nel
Testo Unico. E’ ben evidente in quest’ultimo caso che le Banche, prima di procedere alla
segnalazione, saranno più attente e più prudenti, perché sarà un organo terzo, il Giudice ordinario (e
non la Banca d’Italia) a dover irrogare direttamente la sanzione, in caso di violazione del precetto
normativo. Si evitano così commistioni e decisioni parziali.
DISEGNO DI LEGGE
Articolo 1
1. La presente legge si applica a chi svolge funzioni di amministrazione o di direzione,
ovvero ai loro dipendenti:
a) presso una banca o un intermediario finanziario di cui al decreto legislativo 1° settembre
1993, n. 385, e successive modificazioni, ovvero altra impresa autorizzata all’esercizio
nei confronti del pubblico dell’attività di concessione di finanziamenti sotto qualsiasi
forma;
b) presso un’impresa di assicurazione di cui all’articolo 1, comma 1, lettera c) del decreto
legislativo 7 settembre 2005, n. 209, e successive modificazioni, quando procede
all’assunzione e alla gestione dei rischi, nei confronti delle imprese di cui alla lettera
a).
2. In deroga ai capi V e VI del titolo VIII del decreto legislativo 1° settembre 1993, n. 385, e
successive modificazioni, ai sensi dell’articolo 2043 del codice civile è competenza del
giudice ordinario la cognizione del danno arrecato dai soggetti di cui al comma 1 quando
partecipano ad una centrale dei rischi, ovvero quando partecipano alla centrale dei Rischi
della Banca d’Italia, mediante segnalazioni erronee e trasmissioni inaccurate di dati e
documenti.
3. Sono inaccurate, ai fini di cui al comma 2, le condotte di coloro che, al fine di mutare le
condizioni alle quali il credito venne prima concesso ovvero di determinare la revoca del
credito concesso, omettono di segnalare dati o notizie di cui sono a conoscenza o mancano
di utilizzare, con la doverosa diligenza, nella fase istruttoria notizie o dati in loro possesso
sulla costituzione o sulla situazione economica, patrimoniale e finanziaria di colui cui fu
concesso il fido.
4. Il tribunale competente, anche con provvedimento di urgenza, può ordinare che la
segnalazione di cui al comma 2, rivelatasi erronea, sia immediatamente cancellata.
5. In caso di segnalazione erronea, ai soggetti che svolgono funzioni amministrative o di
direzione nonché ai dipendenti, si applica la sanzione pecuniaria pari ad un importo che sia
tre volte maggiore di quello per il quale è avvenuta la segnalazione, salvo che il segnalato
provi il maggior danno.
6. Il provvedimento di applicazione delle sanzioni previste dal comma 5 è pubblicato, a
spese della parte soccombente, senza ritardo e per estratto sul sito web della Banca d’Italia e
sui quotidiani di maggior diffusione nazionale e locale, per gli stessi giorni in cui sia stata
pubblicata nel bollettino della Centrale rischi della Banca di Italia la segnalazione erronea.
note
[1] Si vedano, tra i molti articoli su questa rivista, https://www.laleggepertutti.it/48311_segnalazione-illegittima-alla-centrale-rischi-e-possibile-richiedere-il-risarcimento-del-danno, e http://business.laleggepertutti.it/4308_gli-sconfinamenti-non-possono-giustificare-la-segnalazione-alla-centrale-rischi
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