In tema di oltraggio, la circostanza che all’abrogazione del delitto non abbia fatto seguito l’introduzione di nuove o diverse figure di reato, non esclude la possibilità che la condotta già tipica del delitto abrogato possa integrare altra fattispecie criminosa tuttora prevista e punita dalla legge penale. Ne consegue che deve ritenersi sussistente il reato di ingiuria aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale (o di incaricato di pubblico servizio) ogniqualvolta il giudice di merito abbia verificato la coincidenza delle condotte previste dai due reati, ritenendo che l’offesa al prestigio del pubblico ufficiale sia esattamente corrispondente – in fatto – all’offesa al decoro, prevista per il vigente reato di ingiuria.
Cassazione pen., Sez. V, 3 dicembre 2001, n. 43466
In tema di oltraggio, l’abrogazione degli articoli 341 e 344 c.p., disposta dall’articolo 18, legge 25 giugno 1999, n. 205, integra un’ipotesi di abolitio criminis disciplinata dall’articolo 2, comma 2, c.p., con la conseguenza che, se vi é stata condanna, ne cessano esecuzione ed effetti penali e la relativa sentenza deve essere revocata, ai sensi dell’articolo 673 c.p.p., dal giudice dell’esecuzione, al quale non é consentito modificare l’originaria qualificazione o accertare il fatto in modo difforme da quello ritenuto in sentenza, riqualificando come ingiuria aggravata dalla qualità del soggetto passivo (articoli 594 e 61 n. 10 c.p.) la condotta contestata come oltraggio e rideterminando, in relazione alla nuova fattispecie penale, la pena già irrogata.
Cassazione pen., Sez. Unite, 17 luglio 2001, n. 29023
Costituisce oltraggio a pubblico ufficiale esprimere una frase a carattere ingiurioso nel momento in cui lo stesso compie un atto dell’ufficio.
Tribunale di Napoli, Sez. IV, 24 gennaio 2011, n. 1155
é luogo pubblico quello continuativamente libero, di diritto o di fatto, a tutti o a un numero indeterminato di persone, ed é certamente tale il cunicolo di collegamento di due gallerie di autostrada cui possono accedere sia il personale delle autostrade sia i viaggiatori che per ventura debbano sostare. (Fattispecie relativa a violenza carnale e connesso delitto di atti osceni).
Cassazione pen., Sez. III, 20 febbraio 1986, n. 1567
Tra il delitto di atti osceni in luogo aperto al pubblico e quello di violazione di domicilio, e cioé di luogo privato, non sussiste incompatibilità logica, dato che i luoghi aperti o esposti al pubblico sono di norma luoghi privati, tra i quali possono essere annoverati quelli di domicilio; invero, deve considerarsi luogo aperto al pubblico anche un ambiente privato, l’accesso al quale sia escluso alla generalità delle persone, ma consentita a una determinata categoria di aventi diritto. (Fattispecie di atti osceni commessi in una autorimessa condominiale annessa e sottostante ad abitazioni private, di libero accesso solo agli occupanti gli appartamenti). (Conformi: Cass. n. 7227/1984; Cass., n. 769/1972)
Cassazione pen., Sez. IV, 10 ottobre 1989, n. 13316
Ai fini del delitto di atti osceni la cella carceraria é luogo aperto al pubblico. Infatti, per luogo aperto al pubblico deve intendersi quell’ambiente anche ad accessibilità non generalizzata e libera per tutte le persone che vogliano introdurvisi, ma limitata, controllata e funzionalizzata a esigenze non private, sempre che sussista la possibilità giuridica e pratica per un numero indeterminato di soggetti, ancorché qualificati da un titolo, di accedere senza legittima opposizione di chi sull’ambiente stesso eserciti un potere di fatto o di diritto. Pertanto, la cella carceraria non può distinguersi, come luogo di privata dimora del detenuto, da altre parti dello stabilimento carcerario destinate allo svolgimento della vita di relazione della popolazione carceraria e del personale di custodia.
Cassazione pen., Sez. III, 29 settembre 1977, Invidia
La prova della verità del fatto diffamatorio, essendo una causa di esclusione della punibilità per reato concretamente accertato nella materialità del fatto, é operante ove sia piena e completa, occorre cioé la certezza che il fatto attribuito all’offeso sia vero in tutti gli elementi che hanno idoneità offensiva. Nell’ipotesi di cui all’art. 596, comma 3, n. 3, c.p., il giudizio di non punibilità dell’imputato é subordinato alla prova che tutto il fatto nel suo complesso e nelle sue modalità sia vero, perché la prova mancata, parziale o insufficiente circa la verità del fatto non esime da pena, così come non esime da pena l’addebito diffamatorio di fatto vero formato o travisato in modo da farlo ritenere più disonorevole.
Cassazione pen., Sez. V, 2 maggio 1985, n. 4135
L’esimente della reazione ad atti arbitrari del pubblico ufficiale, di cui all’articolo 4 del D.Lgs. Lgt. 14 settembre 1944 n. 288, é integrata ogni qual volta la condotta dello stesso pubblico ufficiale, per lo sviamento dell’esercizio di autorità rispetto allo scopo per cui la stessa é conferita o per le modalità di attuazione, risulta oggettivamente illegittima, non essendo di contro necessario che l’agente si rappresenti l’illiceità del proprio fare e agisca con la volontà di commettere un arbitrio in danno del privato. (Fattispecie nella quale ufficiali e agenti di polizia giudiziaria avevano proceduto, incontrando l’attiva resistenza di più persone, al fine di perquisire un locale attribuito alla disponibilità di un parlamentare, senza l’autorizzazione prescritta dall’articolo 68 della Costituzione ma su specifica disposizione dell’autorità giudiziaria, dalla quale funzionalmente dipendevano).
Cassazione pen., Sez. VI, 9 marzo 2004, n. 10773
Non é fondata, nei sensi di cui in motivazione, la q.l.c. dell’art. 599, comma 2 c.p., sollevata, in riferimento all’art. 3 Cost., nella parte in cui non é prevista l’applicabilità della relativa causa di giustificazione al delitto di oltraggio a pubblico ufficiale (la Corte, dopo aver posto a raffronto la scriminante della reazione degli atti arbitrari del pubblico ufficiale e quella della provocazione, alla luce, anche, della relativa evoluzione giurisprudenziale, ha ritenuto che emerga una sostanziale coincidenza tra l’illegittimità-arbitrarietà del comportamento del pubblico ufficiale che ha dato causa alla reazione oltraggiosa del privato e il fatto ingiusto altrui di cui all’art. 599, comma 2 c.p.).
Corte Costituzionale 23 aprile 1998, n. 140
Sulla reazione leggittima agli atti arbitrari del pubblico ufficiale andrebbe chiarito meglio che tale causa di non punibilità, già contemplata dall’art. 4 del D.Lgt. n. 288 del 4 settembre 1944 che prevedeva la “non punibilità di chi che abbia commesso uno dei delitti di cui agli articoli 336, 337, 338, 339, 341, 342, 343 del codice penale quando il pubblico ufficiale o l’incaricato di un pubblico servizio ovvero il pubblico impiegato abbia dato causa al fatto preveduto negli stessi articoli, eccedendo con atti arbitrari i limiti delle sue attribuzioni”, è stata poi reintrodotta e si trova ora inserita nel codice penale, all’art. 393-bis “causa di non punibilità”, con una norma avente lo stesso testo, dall’art. 1, comma 9, della legge n. 94 del 15 luglio 2009 sulle modifiche al T.U. sull’immigrazione D. Lgs. 25/07/1998 n. 286, legge citata anche come “Pacchetto sicurezza”. Avv. G. Bonomo