Il condomino ha diritto a farsi l’impianto autonomo purché non ne derivi aggravio di costi agli altri proprietari.
Indice
Il diritto all’impianto autonomo
È diritto di ogni condomino distaccarsi dall’impianto di riscaldamento centralizzato e dotarsi di un proprio impianto autonomo, senza necessità di chiedere l’autorizzazione all’assemblea. A condizione però che egli dimostri che, dalla sua rinunzia, non derivino né un aggravio di spesa per coloro che continuano a fruire del riscaldamento centralizzato, né uno squilibrio termico dell’intero edificio che deve rispettare i canoni imposti dalla direttiva europea in materia di rendimento energetico nell’edilizia. È quanto chiarito dal Tribunale di Roma in una recente sentenza [1].
Le spese a cui deve partecipare chi si distacca
In presenza di un distacco legittimo il rinunziante resta comunque obbligato a pagare le spese per la manutenzione straordinaria dell’impianto, per la sua conservazione e messa a norma. Non deve invece pagare le spese per il consumo periodico e quelle per la piccola manutenzione.
Nessun contrasto con le norme europee
Non esiste nessun contrasto tra la riforma del condominio e le norme comunitarie sul rendimento energetico nell’edilizia [2], norme che, come noto, hanno imposto a tutti i condomini, entro il 31 dicembre 2016, i contabilizzatori di calore e le note valvole termostatiche. Le esigenze della direttiva europea sono infatti state soddisfatte proprio dalla modifica del codice civile [3] il quale, nel subordinare la rinuncia all’utilizzo dell’impianto centralizzato all’assenza di squilibri funzionali ed aggravi di spesa, finisce col perseguire i medesimi obiettivi di risparmio energetico cari al legislatore comunitario.
La vicenda
Un uomo aveva distaccato i propri appartamenti dall’impianto di riscaldamento centralizzato dando inoltre incarico a un ingegnere di redigere una relazione di fattibilità da allegare alla richiesta del distacco rivolta al condominio e una relazione di accertamento post operam degli effetti dell’operazione sull’impianto di riscaldamento condominiale. Relazioni che dimostravano la regolarità del funzionamento del servizio di riscaldamento centralizzato e l’inesistenza di aggravi di spesa a carico dei restanti condomini fruitori dell’impianto. Anche il perito nominato dal condominio confermava la relazione di quello di parte. Nonostante ciò, nell’assemblea successiva, veniva prodotta senza alcuna data e senza alcuna sottoscrizione, un’ulteriore perizia del tecnico incaricato dal condominio che smentiva la precedente relazione. Motivo per cui i condomini avevano deciso di continuare ad addebitare i costi del riscaldamento ai due ricorrenti. Una relazione che in questi termini non può essere ritenuta valida. Allo stesso modo, a nulla vale un articolo del regolamento condominiale nel quale si legge che “nessun condomino potrà sottrarsi alle spese condominiali di qualsiasi genere e per qualsiasi esercizio anche se egli rinunci alla cosa comune relativa”.
La ripartizione delle spese
Il codice civile [4] stabilisce che ciascun condomino deve contribuire nelle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune e nelle spese deliberate dalla maggioranza, salva la facoltà di liberarsene con la rinunzia al suo diritto.
È legittima pertanto la rinuncia di un condomino all’uso dell’impianto centralizzato di riscaldamento – anche senza necessità di autorizzazione o approvazione da parte di altri condomini – purché l’impianto non ne sia pregiudicato, con il conseguente esonero, dell’obbligo di sostenere le spese per l’uso del servizio centralizzato: in tal caso egli è tenuto solo a pagare le spese di conservazione dell’impianto stesso.
note
[1] Trib. Roma, sent. n. 18721/15.
[2] Direttiva 2002/91/CE.
[3] Art. 1118 cod. civ.
[4] Art. 1104 cod. civ.
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RISPOSTA CHIARA ED ESAURIENTE