Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 23 settembre 2015 – 19 gennaio 2016, n. 802
Presidente Forte – Relatore De Chiara
Svolgimento del processo
La Corte d’appello di Bologna, respingendo il gravame della sig.ra P.C., nonché dei sig.ri Giancarlo C. e J.H. quali genitori esercenti la responsabilità sul minore A. C., unico erede dell’omonimo sig. A. C., ha confermato la sentenza di primo grado con cui era stata dichiarata l’estinzione del giudizio di opposizione introdotto dai sig.ri A. e P.C. avverso decreto ingiuntivo di pagamento della somma di £ 243.976.746 emesso nel novembre 2001 dal Presidente del Tribunale di Reggio Emilia, su istanza della Banca Popolare di Verona – Banco S. Geminiano e S. Prospero, nei confronti degli opponenti, quali fideiussori, e della ST.AR. s.r.l.
La Corte ha accertato che, a seguito dell’interruzione del processo dichiarata dal Giudice Istruttore all’udienza del 7 novembre 2002 a causa della fusione della banca opposta con la Banca Popolare di Novara, che aveva dato vita ad una nuova società denominata Banco Popolare di Verona e Novara s.c. a r.l., gli opponenti avevano riassunto il processo nei confronti di quest’ultima con ricorso depositato entro il termine perentorio semestrale di legge, ma notificato oltre il termine stabilito nel decreto di fissazione dell’udienza, non più prorogabile una volta sopraggiunta la scadenza del predetto termine semestrale, e che l’avvenuta costituzione della società intimata non valeva a sanare la decadenza ormai verificatasi a carico degli opponenti.
Questi ultimi hanno proposto ricorso per cassazione articolando tre motivi di censura, cui ha resistito con controricorso la Società Gestione Crediti BP s.p.a. quale procuratrice del Banco Popolare soc. coop., risultante dalla fusione tra il Banco Popolare di Verona e Novara s.c. a r.l. e la Banca Popolare Italiana – Banca Popolare di Lodi soc. coop. Nel giudizio di cassazione è poi intervenuta in sostituzione della contro- ricorrente, con “ricorso per intervento” illustrato anche con memoria ai sensi dell’art. 378 c.p.c., la NPL – Non Performing Loans s.p.a., quale cessionaria dei crediti vantati dal Banco Popolare soc. coop.
Motivi della decisione
l. – Va preliminarmente dichiarato inammissibile l’intervento della N.P.L. s.p.a. alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte, che esclude l’ammissibilità dell’intervento nel giudizio di cassazione del successore a titolo particolare nel diritto controverso (v. Cass. 3336/2015, 12179/2014, 7986/2011, 11375/2010, 10215/2007, 11322/2005; v. anche Cass. Sez. Un. 1245/2004; contra Cass. 18967/2013, isolata).
2. – Con il primo motivo di ricorso, denunciando violazione dell’art. 2504 bis c.c. e degli artt. 300 e 305 c.p.c., si sostiene che la nuova formulazione dell’art. 2504 bis, cit., ha carattere interpretativo e non innovativo, onde si applica anche alle fusioni perfezionatesi, come nella specie, in data anteriore alla sua entrata in vigore. Essendo la fusione non già una vicenda estintiva, bensì meramente modificativa dell’ente, era perciò corretta la riassunzione notificata tempestivamente alla società incorporata, come da relata che i ricorrenti producono in questa sede.
3. – Con il secondo motivo si denuncia violazione degli artt. 156, comma terzo, c.p. c. e 24 Cost. osservando che la notifica fuori termnine alla società risultante dalla fusione e quella tempestiva alla società preesistente consentivano di ritenere comunque raggiunto lo scopo dell’atto, ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 156, terzo comma, cit.
4. – Con il terzo motivo si denuncia violazione degli artt. 164 e 156, comma terzo, c.p.c. perché in ogni caso la nullità della notifica doveva ritenersi sanata dall’avvenuta costituzione della società risultante dalla fusione.
5. – Tali motivi vanno esaminati congiuntamente essendo connessi.
Va preliminarmente negato qualsiasi pregio all’eccezione, sollevata con il controricorso, di inammissibilità dei motivi di ricorso per difetto di indicazione del numero dell’art. 360, primo comma, c.p.c., contrassegnante lo specifico tipo di vizio censurato. Tale indicazione, invero, è tutt’altro che indispensabile, essendo sufficiente che – come nella specie – sia chiaro il senso della censura svolta.
Il ricorso è altresì fondato sotto l’assorbente profilo della illegittimità della declaratoria di estinzione del processo per omessa notifica del ricorso in riassunzione – tempestivamente depositato – nel termine indicato dal giudice con il decreto di fissazione dell’udienza. Le Sezioni Unite di questa Corte, infatti, hanno già avuto occasione di chiarire, in sede di risoluzione di contrasto di giurisprudenza, che, verificatasi una causa d’interruzione del processo, in presenza di un meccanismo di riattivazione del processo interrotto destinato a realizzarsi distinguendo il momento della rinnovata editio actionis, da quello della vocatio in ius, il termine perentorio di sei mesi, previsto dall’art. 305 c.p.c., è riferibile solo al deposito del ricorso nella cancelleria del giudice, sicché, una volta eseguito tempestivamente tale adempimento, quel termine non gioca più alcun ruolo, atteso che la fissazione successiva, ad opera del medesimo giudice, di un ulteriore termine, destinato a garantire il corretto ripristino del contraddittorio interrotto nei confronti della controparte, pur presupponendo che il precedente termine sia stato rispettato, ormai ne prescinde, rispondendo unicamente alla necessità di assicurare il rispetto delle regole proprie della vocatio in ius; ne consegue che il vizio da cui sia colpita la notifica dell’atto di riassunzione e del decreto di fissazione dell’udienza non si comunica alla riassunzione (oramai perfezionatasi), ma impone al giudice, che rilevi la nullità, di ordinare la rinnovazione della notifica medesima, in applicazione analogica dell’art. 291 c.p.c., entro un termine necessariamente perentorio, solo il mancato rispetto del quale determinerà l’eventuale estinzione del giudizio, per il combinato disposto dello stesso art. 291, ultimo comma, e del successivo art. 307, 30 comma.
5. – Il ricorso va conseguentemente accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice indicato in dispositivo – identificato in un giudice di appello non ricorrendo gli estremi di cui agli artt. 353 o 354 c.p.c. – perché esamini la causa non estintasi e provveda anche sulle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d’appello di Bologna in diversa composizione; dichiara inammissibile l’intervento della N.P.L. – Non Performing Loans s.p.a.