È lecito vendere o donare casa se ho debiti con Equitalia?


Vendere la proprietà di uno o più immobili non fa scattare il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte se il contribuente ha altri beni di consistente valore.
Chi regala o vende la propria casa dopo che l’Agenzia delle Entrate o Equitalia gli ha inviato una richiesta di pagamento commette il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte [1]. Ma ciò solo a condizione che il suo debito sia superiore a 50mila euro.
Per far scattare il reato non è necessario che il contribuente abbia già in corso un pignoramento o comunque sia moroso, ma basta che sia al corrente di avere un debito con lo Stato (lo stesso reato, ovviamente, non può essere posto se il proprietario ha un debito con soggetti privati). Dunque, fa scattare il reato il fatto di aver ceduto un proprio bene di consistente valore dopo che il debito sia sorto, a prescindere dal fatto se il contribuente stia regolarmente pagando o meno eventuali piani di rateazione (in quest’ultimo caso, però, il reato viene contestato solo se l’interessato smetta di pagare, a prescindere dalla ragione). In realtà la semplice vendita, di per sé, non è vietata se non è simulata, ossia se la cessione è avvenuta a prezzi di mercato. Ciò che viene proibito dalla legge è l’atto simulato, quello cioè fatto con inganno o artificio. . Se però i beni sono stati venduti a controparti reali e a prezzi di mercato, la «semplice idoneità» dell’atto a ostacolare l’azione di recupero da parte dell’erario non basta per far condannare il contribuente.
C’è un solo modo per evitare l’illecito penale: dimostrare di avere la proprietà di altri beni di pari valore e facilmente aggredibili, di modo che il creditore potrebbe pignorare questi ultimi senza perciò rinunciare alle proprie garanzie. In buona sostanza, il reato di sottrazione fraudolenta alle imposte scatta solo se il contribuente si spoglia di tutto il suo patrimonio o di una parte consistente, evitando che Equitalia possa eseguire nei suoi confronti un pignoramento. Così, ad esempio, scatta il reato in commento se il debitore, che possiede due immobili, uno dei quali adibito a propria residenza, vende l’altro dopo la notifica della cartella di pagamento: in tal caso, infatti, il restante appartamento non può essere pignorato in quanto “prima casa”.
Questi principi sono stati chiariti, poche ore fa, dalla Cassazione [2] con una sentenza che fa luce sul reato di sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte. Secondo la Corte, non risponde necessariamente del reato in commento chi vende (ma lo stesso discorso può farsi in caso di donazione) la proprietà dell’immobile dopo aver ricevuto l’avviso di accertamento da parte dell’Agenzia delle entrate. La condanna, infatti, non può scattare in presenza di un consistente patrimonio con cui far fronte al debito fiscale.
Il reato scatta solo per aver posto in essere un atto simulato di vendita o donazione dei propri averi sempre che, dopo tale cessione, il fisco sia posto nell’impossibilità di riscuotere – con il pignoramento – in tutto o anche solo in parte il proprio credito tributario. L’illecito penale ricorre anche se non è stata ancora avvita una procedura di riscossione. Sotto il profilo psicologico, perché ci sia la sottrazione fraudolenta alle imposte è necessario che il contribuente abbia agito al fine di evitare il pagamento debito tributario e, sotto il profilo materiale, deve porsi in essere una condotta fraudolenta atta a vanificare l’esito dell’esecuzione tributaria coattiva.
Indice
Soglia di punibilità
Il reato è punito solo se l’ammontare delle imposte, sanzioni ed interessi non pagati ed a cui ci si sottrae è superiore ad 50.000 euro; è previsto un aumento della pena qualora tale somma superi l’ammontare di euro 200.000.
Sanzioni
La pena prevista è la reclusione da 6 mesi a 4 anni.
Inoltre, è stata introdotta un’ipotesi aggravante che punisce con la pena della reclusione da un anno a sei anni coloro che pongono in essere le condotte descritte dalla norma superando la soglia di punibilità pari ad euro duecentomila.
Procedibilità e Competenza
Il delitto è procedibile d’ufficio ed è competente il Tribunale Monocratico del luogo di commissione del reato.
Pene accessorie
Nel caso in cui il contribuente venga condannato per il reato in questione verranno applicate le pene accessorie ossia:
- l’interdizione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese per un periodo non inferiore a sei mesi e non superiore a tre anni;
- l’incapacità di contrattare con la pubblica amministrazione per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a tre anni;
- l’interdizione dalle funzioni di rappresentanza e assistenza in materia tributaria per un periodo non inferiore ad un anno e non superiore a cinque anni;
- l’interdizione perpetua dall’ufficio di componente di commissione tributaria;
- la pubblicazione della sentenza a norma dell’articolo 36 del codice penale.
Circostanze attenuanti
La pena prevista per il presente delitto è diminuita fino ad un terzo e non si applicano le pene accessorie se, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, i debiti tributari relativi ai fatti costitutivi del delitto medesimo sono stati estinti mediante pagamento, anche a seguito delle speciali procedure conciliative o di adesione all’accertamento previste dalle norme tributarie. A tale fine, il pagamento deve riguardare anche le sanzioni amministrative previste per la violazione delle norme tributarie, sebbene non applicabili all’imputato.
Qualora i debiti risultino estinti per prescrizione o per decadenza, il contribuente può chiedere di essere ammesso a pagare, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di primo grado, una somma, da lui indicata, a titolo di equa riparazione dell’offesa recata all’interesse pubblico tutelato dalla norma violata.
note
[1] Il reato di sottrazione fraudolenta al pagamento di imposte è disciplinato dall’art. 11 e si inserisce tra i delitti in materia di documenti e pagamento di imposte di cui al Titolo II Capo II del Decreto Legislativo 10 marzo 2000, n. 74.
[2] Cass. sent. n. 30497/16 del 19.07.16.
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E per l’acquirente (reale acquirente, non per una vendita simulata) ci sono conseguenze?