Trib. Milano, sez. X, sentenza 16 marzo 2016 (est. Nadia Dell’Arciprete)
FATTO E DIRITTO
Premesso
che con atto di citazione ritualmente notificato … hanno convenuto in giudizio la XX Y esponendo: – che i predetti nel 2001 avevano costituito la … srl – con sede a Roma in un appartamento di …- di cui erano rispettivamente Presidente ed Amministratore Delegato ed avente come oggetto sociale l’assistenza di aziende per operazioni di finanza straordinaria , annoverando tra i clienti dei gruppi finanziari yni ed internazionali;
– che nel settembre 2001 il dr. …, già … di XX Y, dalla quale si era dimesso, aveva iniziato una collaborazione con la …, con ufficio presso la sede della stessa e con un progetto che prevedeva l’attività di consulenza di .. con un nuovo bacino di clientela, dal momento che il .., per i considerevoli ruoli ricoperti in XX, aveva contatti con molti imprenditori e società sia pubbliche che private; …
– che nel settembre 2002 .., portiere dello stabile di .., aveva riferito che si erano presentati due persone, qualificatesi ” …”, avevano mostrato un tesserino da poliziotti ed affermato di aver in corso delle indagini, per cui gli avevano chiesto di raccogliere i cestini della spazzatura degli uffici della … e consegnare loro tutte le mattine il contenuto; ed ancora il .. aveva sostenuto che , secondo lui, altre attività di indagine venivano svolte nell’appartamento, su .. e sugli attuali attori, poiché i due ” poliziotti” in altre occasioni avevano chiesto informazioni sul .., sul .. e sul …, .. sembrando che la maggiore attenzione fosse focalizzata sul ..;
– che in base a quanto riferito dal portiere, il .. ed il .. avevano ritenuto che fossero in corso legali indagini sul .., per le precedenti attività in XX e che .. fosse considerata solo in quanto collegata al .., non potendo però escludere che l’indagine riguardasse anche qualche cliente della ..;
– che tale situazione aveva avuto pesanti ripercussioni sull’attività della .. stessa;
– che essa era proseguita per circa tre anni, sino ai primi mesi del 2005; e nel 2007, nell’ambito di notizie sulla stampa quotidiana, relative ad attività di spionaggio poste in essere da esponenti della security di XX Y, erano emerse notizie frammentarie su attività di ” raccolta della spazzatura” del .. e degli uffici presso cui lavorava;
– che le indagini svolte dalla Procura della Repubblica si erano concluse con il rinvio a giudizio di numerosi soggetti e sentenze di condanna;
ed hanno chiesto il risarcimento dei danni patrimoniale ( lucro cessante, danno emergente) causati a .., pari a 4 milioni di euro, nonché non patrimoniali subiti da .. e .. per € 500.000,00 ciascuno; invocando una responsabilità ex art. 2049 c.c. ed art. 15 Lgs n. 196/2003;
che si è costituita XX Y SpA per contestare an e quantum debeatur;
che il Giudice, previa concessione dei termini per il deposito di memorie ex art. 183 VI comma cpc, ha invitato le parti a precisare le conclusioni e , dopo una serie di rinvii per il trasferimento del Magistrato, sono state precisate le conclusioni e la causa è stata trattenuta in decisione.
Nelle more del presente procedimento è intervenuta la sentenza della Corte d’Assise di Milano, emessa in data 13.2.2013 e depositata il 23.11.2013, in cui è stata accertata, tra l’altro, l’esistenza di un’associazione per delinquere formata da esponenti interni della Security della XX, titolari di agenzie investigative e funzionari pubblici che svolgevano indagini abusive e fornivano informazioni riservate sui cittadini oggetto delle predette indagini. La sentenza si è conclusa con la condanna di vari imputati a specifiche pene detentive , mentre XX ( oltre che .. spa) è stata ritenuta responsabile civile in quanto i reati erano stati realizzati in esecuzione di un patto corruttivo , cui avevano partecipato anche suoi dirigenti e, come tale, è stata condannata a risarcire i danni alle varie parti civili ( nel procedimento penale gli attuali attori non si erano costituiti parte civile).
La Corte ha anche condannato gli imputati, che avevano utilizzato le strutture aziendali di XX per conseguire gli illeciti profitti, al risarcimento dei danni patrimoniali e non patrimoniali alla predetta XX, comprensivi delle somme che essa dovrà corrispondere quale responsabile civile.
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Quindi anche in questa sede la XX ha legittimazione passiva, in quanto responsabile ex art. 2049 c.c del fatto illecito commesso dai suoi dipendenti, ricordando sul punto che, per pacifica giurisprudenza, è sufficiente che ricorra un mero vincolo di occasionalità tra attività lavorativa e danno, tale per cui le funzioni esercitate abbiano determinato o anche solo agevolato la realizzazione del fatto lesivo, essendo irrilevante che il dipendente abbia superato i limiti delle mansioni affidategli o abbia agito con dolo o per finalità strettamente personali.
Gli attori hanno lamentato una forzata riduzione dell’attività di consulenza ( peraltro dagli stessi collocata tra l’autunno 2002 e la primavera del 2003- v. capitoli di prova) a tutela dei propri clienti poiché temevano che le indagini, pur ritenute legittime, potessero minare la reputazione, la credibilità e la riservatezza che caratterizzava la loro attività di consulenza.
Il Tribunale ritiene, peraltro, non sussista alcun nesso di causalità tra l’illecita azione di spionaggio negli uffici della … e l’asserito decremento patrimoniale della società, non potendo siffatta scelta imprenditoriale, quale l’asserita rinuncia in prevenzione a collaborazioni lavorative, trovare credibile giustificazione nella convinzione che fossero in corso accertamenti penali ( all’epoca ritenuti tali).
Se così fosse avrebbero dovuto essere azzerare tutte le attività con tutti i clienti e non solo con alcuni di essi, nello specifico la .., la .. ed il .. per la cui gestione gli attori avrebbero potuto provvedere direttamente o rivolgendosi ad altro collaboratore. E quanto alla .. essa era comunque una società costituita da altri imprenditori ( oltre al ..), per cui comunque avrebbe potuto proseguire la collaborazione con questi ultimi.
Anche la tesi dell’asserita ripresa delle attività solo nel 2005, quando le indagini sarebbero terminate, non trova giustificazione concreta, proprio in quanto tale indagini non erano di dominio pubblico, gli attori non potevano aver contezza che le stesse fossero esaurite, come pure che non potessero avere ulteriori implicazioni penalistiche.
Viene, pertanto, respinta la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali in favore della … Passando alla disamina della richiesta risarcitoria per i danni non patrimoniali subiti dal .. e dal .., la difesa degli attori ha invocato la responsabilità per la violazione del diritto alla privacy ex art. 15 del d.lgs. 30 giugno 2003, n. 196 e per il turbamento provocato dalle attività investigative, all’epoca ritenute lecite, poi rivelatesi illecite.
Tale tipo di danno necessariamente è oggetto di una valutazione equitativa, la quale deve essere condotta con un ragionevole apprezzamento di tutte le componenti del caso concreto.
E’ indubbio che, nel caso in esame, sia stato violato il diritto alla riservatezza degli attori, a fronte dell’illecito accesso e divulgazione dei dati personali dei medesimi.
Il danno in questione è causato dalla cono¬scenza da parte di terzi dei dati relativi alla vita personale e destinati a rima¬nere riservati: si tratta di un pre¬giudizio che prescinde dalla conoscenza che abbia avuto l’interes¬sato dell’illecita intrusione.
Ma per poter stimare l’importanza del danno occorre verificare la portata effettiva e la gravità della lesione.
Per quanto riguarda il caso oggetto d’esame nel presente procedimento, si rileva che l’ attività di ” spionaggio” ha avuto come obiettivo principale il .. ed i rapporti lavorativi di questo con la CFN sono all’origine dell’ estensione al .. ed al .. delle indagini illecite, le quali, peraltro, hanno comportato un loro solo marginale coinvolgimento, come è attestato nei capi di imputazione della sentenza sopra richiamata.
L’attività di recupero dei documenti gettati nei cestini della spazzatura non ha avuto pratica e rilevante diffusione, né concreti sviluppi penali, pur se è giustificabile una preoccupazione del .. e del .. nei riferiti periodi di ” raccolta”, tuttavia qualificabile come un turbamento dello stato d’animo, senza implicazioni psicologiche di importante valenza lesiva, neppure emerse. Mentre sono stati individuati un accesso abusivo nella Banca dati telematica del Ministero dell’Interno per
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un controllo dei precedenti nel Casellario Giudiziario, nonché uno all’Anagrafe Tributaria , nel gennaio 2002.
Quindi, seguendo alcuni parametri enucleati dalla più recente giurisprudenza di merito, appare limitata la tipologia delle intrusioni nella vita privata e la loro diffusione, come pure la durata delle intrusioni stesse, la cui portata è stata appresa dagli attori successivamente nel 2007 – come dai medesimi affermato.
Attese le suesposte considerazioni, appare equo liquidare in favore di ciascun attore a titolo di risarcimento del danno la somma di € 15.000,00 in moneta attuale.
Quanto alle spese processuali, a fronte della somma richiesta da parte attrice, si rileva che la riduzione operata in sentenza, pur non integrando gli estremi della soccombenza reciproca, ugualmente può giustificare la compensazione totale o parziale delle spese (Cass. n. 22388/2012). Tenuto conto della eccedente domanda degli attori, soccombenti peraltro in relazione alla richiesta di danni patrimoniali in favore della .. e della soccombenza della XX sull’eccezione di difetto di legittimazione attiva, si stima equo compensare tra le parti le spese processuali nella misura di un terzo, ponendo a carico della convenuta il residuo.
Va, però, fatta una precisazione: il principio di adeguatezza e proporzionalità impone una costante ed effettiva relazione tra la materia del dibattito processuale e l’entità degli onorari per l’attività professionale svolta. Il decisum prevale, quindi, sul disputatum (Cass. SSUU n. 19014/2007), salvo il caso in cui vi sia rigetto integrale della domanda attorea ove consegue che il valore della controversia sia quello corrispondente alla somma domandata dall’attore (Cass. n. 5381/2006). Nel caso in esame, dunque, il valore della controversia, su cui calcolare le spese di lite, è quello liquidato in sentenza, di € 30.000,00.
Si rimanda la liquidazione in dispositivo. P.Q.M.
il Tribunale definitivamente pronunciando, contrariis reiectis,
– condanna la XX Y al risarcimento del danno non patrimoniale in favore di .. e .. .., liquidato in € 15.000,00 per ciascuno ( per complessivi € 30.000,00), oltre interessi legali dalla data della sentenza al saldo;
– respinge la domanda di risarcimento dei danni patrimoniali in favore della .. srl;
– dichiara la compensazione delle spese processuali tra le parti nella misura di un terzo e condanna la XX alla rifusione in favore degli attori .. e . del residuo, che si liquida in € 4.500,00 per compensi ed € 800,00 per spese, oltre 15% per rimborso forfettario, IVA e CPA.
Milano, lì 16.3.2016
Il Giudice
Dott. Nadia Dell’Arciprete
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