Corte d’Appello di Lecce – Sezione II civile – Sentenza 28 aprile 2016 n. 434
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
La Corte di Appello di Lecce – Sezione seconda Civile – composta dai Signori:
1) Dott. Piergiorgio BUCCARELLA – Presidente estensore
2) Dott. Raffaella BROCCA – Consigliere
Opposizione del terzo
3) Dott. Cinzia MONDATORE – Consigliere
immobiliare.
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa civile in grado di appello iscritta al n. 1014 del Ruolo Generale delle cause dell’anno 2 0 12, trattata e passata in decisione all’udienza collegiale del 27 Ottobre 2015.
TRA
EQ. S.p.A. (già Eq. S.p.A.), con sede legale in Roma al Lungotevere (…), in persona del procuratore speciale pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv. Ni.Mu., in forza di mandato posto a margine dell’atto di citazione in appello, elettivamente domiciliata nello studio sito in Lecce alla via (…).
– APPELLANTE –
E
Ma.Pa., nata (…), elettivamente domiciliata presso e nello studio dell’avv. Gi.D’E., sito in Lecce alla via (…), rappresentata e difesa dall’avv. Vi.Ma., in virtù di mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta.
– APPELLATA –
NONCHÉ
Ma.Se., nato (…), residente in Torre Suda, frazione di Racale alla via (…)
– APPELLATO CONTUMACE –
All’udienza del 27 Ottobre 2015 le parti costituite hanno precisato le conclusioni come da relativo verbale, il cui contenuto deve intendersi qui integralmente richiamato e trascritto.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con citazione, notificata in data 30.10.2012, Eq. S.p.A. proponeva appello nei confronti dei coniugi Ma.Pa. e Ma.Se., titolari di fondo patrimoniale ex art. 167 c.c. i cui immobili conferiti erano stati pignorati per 1/2 in danno del debitore Ma., avverso la sentenza n. 1471/12 del 30.4/8.6.2012 con la quale il Tribunale di Lecce, in accoglimento di buona parte della domanda della Ma., aveva dichiarato la nullità del pignoramento immobiliare eseguito in relazione a pretese tributarie inerenti a 1) contravvenzioni al codice della strada, mancato pagamento IVA, Irpef, Irap, contributi I.N.P.S. e Inail, DM 10, dichiarando invece pignorabili gli immobili solo riguardo il mancato pagamento del
2) canone Rai e tassa possesso di auto.
Il Tribunale, nella contumacia del Ma., giungeva a tale conclusione, contestualmente dichiarando inammissibile la domanda riconvenzionale di revocatoria ordinaria della costituzione del fondo patrimoniale, ritenendo che i summenzionati crediti sub 1) non fossero esigibili nei confronti del fondo stesso essendo stati contratti per necessità estranee ai bisogni della famiglia in quanto, per la loro intrinseca natura, strettamente connessi con l’attività imprenditoriale svolta dal Ma.
L’impugnazione, con richiesta di rigetto della domanda introduttiva del giudizio, veniva svolta sulla base del seguente articolato motivo:
erronea determinazione del tribunale in quanto il debito tributario, gravando sul nucleo familiare, deve ritenersi afferente ai bisogni della famiglia perché contratto dal coniuge imprenditore per soddisfare tali bisogni, con prova del contrario, non offerta e rimessa al debitore, nella specie rimasto contumace.
L’appellata Ma.Pa., costituitasi in giudizio, eccepiva l’infondatezza del gravame, concludendo di conseguenza.
L’appellato Ma.Se. non si costituiva neppure in questo grado.
Precisate le conclusioni, all’udienza del 27/10/2015 la causa veniva riservata per la decisione, con concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito e lo scambio di comparse conclusionali e di replica.
MOTIVI DELLA DECISIONE
L’appello, come si è visto in dettaglio, volto a censurare la gravava sentenza sostanzialmente per non aver il tribunale ritenuto il debito tributario de quo inerente ai bisogni della famiglia, è fondato.
Rileva, invero, la Corte come la sentenza di primo grado abbia esaminato l’aspetto relativo alla questione dell’applicazione dell’art. 170 c.c. afferente la natura del credito azionato dall’ente creditore ritenendo che il credito a garanzia del quale era stata effettuato il pignoramento (quello sub 1 sopra indicato) sarebbe stato contratto per motivi estranei ai bisogni familiari, posto che la natura dei crediti li riconduceva “all’ordinaria gestione dell’attività imprenditoriale”. Sennonché, così argomentando, il tribunale si è discostato dalla più recente e comunque consolidata giurisprudenza di legittimità atteso che il fatto che il credito in esame
sia nato per circostanze connesse all’attività di imprenditore (mancato pagamento di imposte e contribuzioni) non lo rende sic et simpliciter di per sé estraneo ai bisogni di famiglia, in quanto, secondo l’insegnamento dei Giudici di legittimità, cui il Tribunale di prime cure non si è attenuto “In materia di fondo patrimoniale, ai sensi del combinato disposto degli art. 169 e 170 c.c. e dei principi costituzionali in tema di famiglia, i beni costituiti nel fondo, non potendo essere distolti dalla loro destinazione ai bisogni familiari, non possono costituire oggetto d’iscrizione d’ipoteca ad opera di terzi, qualunque clausola sia stata inserita nell’atto di costituzione circa le modalità di disposizione degli stessi in difformità da quanto stabilito dal citato art. 169 c.c.; tuttavia, nel caso in cui i coniugi o uno di essi abbiano assunto obbligazioni nell’interesse della famiglia, qualora risultino inadempienti alle stesse, il creditore può procedere all’iscrizione d’ipoteca sui beni costituiti nel fondo, attesa la funzione di garanzia che essi assolvono per il creditore, in quanto correlati al soddisfacimento delle esigenze familiari” (Cassazione civile, sez. I, 04/06/2010, n. 13622).
Giova ricordare che sullo specifico tema, la giurisprudenza ha precisato, tra l’altro: che nella nozione di “bisogni della famiglia” di cui all’art. 170 c.c. vanno comprese non solo le esigenze volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia ma anche quelle destinate a potenziare le capacità lavorative di uno dei coniugi, eventualmente imprenditoriali. Il criterio identificativo dei crediti, il cui soddisfacimento può essere realizzato in via esecutiva sui beni conferiti nel fondo patrimoniale, costituito ex art. 167 c.c. va ricercato, non già nella natura delle obbligazioni, ma nella relazione esistente tra il fatto generatore di esse e i bisogni della famiglia, sicché qualsiasi attività, con finalità lucrative, professionale od imprenditoriale, è tesa al soddisfacimento dei bisogni della famiglia ed, in specie, al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo di essa, nonché al potenziamento della capacità lavorativa dei coniugi, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi e non poste in essere al solo fine di impedire un danno sicuro al nucleo familiare.
“In tema di esecuzione sui beni e sui frutti del fondo patrimoniale sono ricompresi tra i debiti contratti per i bisogni della famiglia anche quelli per fare fronte a esigenze volte al pieno mantenimento e all’armonico sviluppo della famiglia, nonché al potenziamento della sua capacità lavorativa, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi, mentre è irrilevante – al fine di ritenere ammissibile l’esecuzione sui detti beni – l’anteriorità del credito rispetto alla costituzione del fondo, atteso che l’art. 170 c.c. non limita il divieto di esecuzione forzata ai soli crediti (estranei ai bisogni della famiglia) sorti successivamente alla costituzione del fondo, ma estende la sua efficacia anche ai crediti sorti anteriormente, salva la possibilità per il creditore, ricorrendone i presupposti, di agire in revocatoria ordinaria” (Cassazione civile, sez. trib., 07/07/2009, n. 15862)
La norma di cui all’art. 170 c.c., secondo cui l’esecuzione non può aver luogo per debiti che il creditore conosceva essere stati contratti per scopi estranei ai bisogni familiari, non va, dunque, intesa in senso restrittivo, dovendo essere interpretata alla luce della finalità perseguita dall’istituto patrimoniale in questione, ravvisabile non solo nell’esigenza di assicurare il tenore di vita che i coniugi hanno inteso in concreto attuare, ma anche nel senso
che le spese sostenute per il potenziamento della capacità lavorativa del coniuge ovvero i risparmi conseguiti omettendo di pagare i dovuti imposte e contributi, anche di derivazione imprenditoriale, danno luogo a debiti contratti per i bisogni familiari sui quali si riverberano.
I bisogni della famiglia comprendono quindi anche le esigenze volte al pieno mantenimento ed all’armonico sviluppo della comunità familiare, nonché al potenziamento della capacità lavorativa dei coniugi, con esclusione solo delle esigenze di natura voluttuaria o caratterizzate da interessi meramente speculativi; nella specie non ricorre alcun intento speculativo a base del credito tributario in esame e comunque la prova della conoscenza da parte del creditore dell’estraneità del credito a tali bisogni spettava al debitore, poiché i fatti negativi (nel caso di specie, l’ignoranza) non possono formare oggetto di prova e poiché esiste una presunzione d’inerenza dei debiti ai detti bisogni. (Cassazione civile, sez. III, 15/03/2006, n. 5684). E tale prova non è stata fornita.
Tali considerazioni rendono non condividibile la soluzione adottata dalla sentenza impugnata, corroborando la palese fondatezza delle doglianze mosse dall’appellante in questa sede.
L’appello va pertanto accolto e quindi integralmente rigettata la domanda introduttiva del giudizio.
Alla fondatezza del gravame consegue la condanna della parte soccombente al pagamento delle spese di entrambi i gradi del giudizio, che sono liquidate in dispositivo in favore della società appellante.
P.Q.M.
La Corte d’Appello di Lecce, definitivamente pronunziando sull’appello proposto con citazione notificata in data 30.10.2012 da Eq. S.p.A. nei confronti di Ma.Pa. e Ma.Se. avverso la sentenza n. 14712/12 in data 30.4./8.6.2012 emessa dal Tribunale di Lecce, così provvede:
1. Accoglie l’appello e per l’effetto rigetta la domanda introduttiva del giudizio proposta da Ma.Pa. con citazione notificata in data 24.12.2007;
2. Condanna Ma.Pa. al pagamento in favore della società appellante delle spese di entrambi i gradi del giudizio, che si liquidano, per il primo grado, in Euro 2.500,00, (di cui Euro 1.200,00 per diritti e Euro 1.300,00 per onorari), oltre accessori come per legge, e per questo grado in complessivi Euro 2.200,00, oltre IVA, CAP e rimborso spese forfetario del 15%.
Così deciso in Lecce il 15 aprile 2016. Depositata in Cancelleria il 28 aprile 2016.