Corte di Cassazione, sez. V Penale, sentenza 20 luglio – 6 settembre 2016, n. 36993
presidente Savani – Relatore Catena
Ritenuto in fatto
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Milano in riforma della sentenza del Tribunale di Milano in composizione monocratica emessa in data 16/06/2014, con cui P.S. era stata condannata a pena di giustizia in relazione al reato di cui agli artt. 81, comma 2, 612 cod. pen., in XXXXXX tra il –omissis- – per aver inviato missive con cui minacciava danni ingiusti, in particolare danni fisici e la morte – assolveva l’imputata dal reato a lei ascritto per non aver commesso il fatto, revocando le statuizioni civili.
2.Con ricorso depositato il 23/093/2015, la costituita parte civile S.M. , a mezzo del difensore di fiducia Avv.to Andrea Bianchi, munito di procura speciale, ricorre, ai soli effetti civili, per:
2.1. vizio di motivazione ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen., in quanto la Corte territoriale non avrebbe considerato le conclusioni cui erano giunti il perito di ufficio e la consulente della parte civile circa la attribuzione degli scritti minatori alla P.S. , così come ad identiche conclusioni si era pervenuti anche in altri procedimenti penali indicati in ricorso da parte dei rispettivi periti e consulenti, non potendosi che considerare un irrilevante trabocchetto la circostanza dalla quale la Corte territoriale avrebbe tratto l’inaffidabilità del perito di ufficio; apodittica e fuorviante apparirebbe, poi, l’affermazione secondo la quale la perizia grafologica non presenterebbe carattere di scientificità, trattandosi di argomentazione illogica ed immotivata;
2.2. vizio di motivazione ex art. 606 lett. e) cod. proc. pen., in relazione alla valutazione di inattendibilità della parte civile alla luce delle precedenti decisioni a lei sfavorevoli, non essendo state affatto considerate le pronunce favorevoli.
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato, nei sensi di seguito specificati.
La Corte territoriale, dopo aver premesso che in atti risultavano versati numerosi provvedimenti di assoluzione nei confronti della P.S. , oltre a provvedimenti di archiviazione ed a sentenze civili in cui la S.M. era risultata soccombente, ha ritenuto che il primo giudice avrebbe dovuto operare una diversa valutazione, considerata la circostanza che in uno dei provvedimenti di archiviazione era stata messa in risalto anche il fatto che era stata utilizzata la firma apocrifa della P. ; ha, quindi, aggiunto che la sentenza di primo grado avesse attribuito valenza alla sola perizia grafologica d’ufficio, elaborato che non ha valenza di prova scientifica, constatando altresì che la difesa avesse incaricato un investigatore privato che aveva personalmente compilato un assegno bancario sottoponendolo al medesimo perito, il quale aveva concluso per la falsificazione grafica della sottoscrizione, in base ai medesimi criteri utilizzati per la perizia nel processo in esame.
La motivazione, come tale, appare del tutto illogica, oltre che lacunosa.
La motivazione del provvedimento di archiviazione emesso a conclusione di altro procedimento penale, sebbene riconducibile alla medesima ed articolata vicenda tra la P.S. e la S.M. , avente ad oggetto il riconoscimento di maternità, non può essere ritenuto decisivo in relazione ad una vicenda processuale caratterizzata da autonoma struttura fattuale e basata su dati probatori del tutto diversi, sebbene appaia ragionevole ritenere che le precedenti vicende processuali – che hanno visto soccombente la S.M. , secondo quanto indicato in sentenza – possano essere valutate ai fini del giudizio di attendibilità della persona offesa.
Tuttavia non appare tale il percorso logico-motivazionale seguito dalla sentenza impugnata, che, dopo aver dato atto delle pronunce sfavorevoli alla S.M. , ha però anche richiamato, alla pag. 3, la sussistenza di sentenze di condanna emesse nei confronti della P.S. ai danni della S.M. , ed allegate dalla difesa della parte civile appellante all’atto di gravame.
Di dette pronunce non sembra che la Corte territoriale, dopo averne fatto menzione, abbia tenuto conto, neanche per valutarne la loro irrilevanza ai fini del giudizio, atteso che la sentenza afferma che dagli atti prodotti risulta che la S.M. era sempre stata soccombente nelle azioni intentate nei confronti della P.S. , il che appare in palese contraddizione con quanto affermato in precedenza.
A ciò si deve aggiungere che l’affermazione, permutata da una massima di questa Corte – secondo cui la presenza di pareri discordanti in tema di perizia grafologica impone al giudice di fornire autonoma ed accurata giustificazione della propria valutazione attesa l’impronta fortemente soggettiva del tipo di analisi (Sez. 5, sentenza n. 23613 del 09/05/2012, Presicce, Rv. 259404) – non appare confacente, sia perché non si comprende quali sarebbero le discordanti valutazioni di esperti, non potendo certamente porsi a confronto tra loro valutazioni effettuate in ambiti processuali differenti, posto che, evidentemente, esse hanno avuto ad oggetto documenti differenti tra loro, e non potendosi, quindi, attribuire rilievo determinante al provvedimento di archiviazione emesso nell’ambito di altro procedimento penale, sia perché non si comprende per quale ragione la Corte territoriale – preso atto dei dubbi di competenza tecnica del perito alla luce delle indagini difensive svolte – non abbia ritenuto di disporre un ulteriore accertamento tecnico, affidando l’incarico ad altro esperto.
È, infatti, parimenti pacifico che in tema di istruzione dibattimentale, quando sia necessario svolgere indagini od acquisire dati o valutazioni che richiedono specifiche competenze, il giudice può ritenere superflua la perizia quando pensi di poter giungere alle medesime conclusioni di certezza sulla base di altre e diverse prove; non gli è, viceversa, consentito di rinunciare all’apporto del perito per avvalersi direttamente di proprie, personali, specifiche competenze scientifiche, tecniche ed artistiche. Invero, in tal modo non sarebbe consentito alla parte di intervenire a mezzo dei suoi consulenti tecnici e quindi, da un lato, di incidere sull’iter di acquisizione della prova, dall’altro, di esaminare e contrastare, prima della decisione, la prova eventualmente a lui sfavorevole (Sez. 5, sentenza n. 9047 del 15/06/1999, Larini ed altri, Rv. 214295, in cui il giudice di merito, dopo avere acquisito una consulenza tecnica grafologica, disposta in un giudizio civile e prodotta dall’imputato, ne aveva disatteso il contenuto sulla base di una complessa operazione valutativa, esposta in motivazione, avente le caratteristiche di una vera e propria perizia).
Nel caso in esame, quindi, la Corte territoriale, sulla base di una valutazione di dubbia competenza del perito, senza valutare e senza nemmeno dare atto delle conclusioni raggiunte, nell’ambito dello stesso procedimento, dai consulenti di parte, e senza procedere ad una ulteriore perizia ai sensi dell’art. 603, comma 3, cod. proc. pen., ha disatteso le conclusioni del perito di ufficio. Sebbene la perizia grafologica debba, infatti, ritenersi basata su un percorso valutativo più che su leggi scientifiche, occorre tuttavia che il giudice di merito dia conto delle specifiche motivazioni per le quali ritenga di disattendere il percorso metodologico seguito, nel caso in esame, dal perito, non potendosi, cioè, basare sulla sola prospettazione di un dubbio che non espliciti neanche quale sarebbe stata la non condivisibile metodologia seguita dal perito nel caso in esame.
Alla luce di tale principio, quindi, la sentenza impugnata va annullata con rinvio al giudice civile competente per valore in grado di appello, che provvederà anche alla regolamentazione delle spese.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello.