Latte ai raggi UV: cosa troveremo tra gli scaffali?


La Commissione Europea ha autorizzato la vendita di un nuovo alimento: il latte trattato coi raggi UV per aumentarne il contenuto di vitamina D: è considerato assolutamente sicuro dal punto di vista nutrizionale, avrà spazio in Italia?
Le migliori fonti naturali di vitamina D sono l’olio di fegato di merluzzo, le uova, salmone, pesci grassi, fegato e alcune verdure in foglia, il latte, invece, ne è una povera fonte. Le fonti animali (vitamina D3) e vegetali (vitamina D2) sono utilizzate dal nostro organismo per svolgere importanti funzioni fisiologiche, in particolare la sintesi della forma attiva della stessa vitamina D, che avviene tramite la luce solare.
La carenza di vitamina D è la principale causa del rachitismo, oggi poco diffuso in Italia, un paese ricco di sole e con un’alimentazione mediamente ricca e varia. In alcuni paesi, naturalmente di scarsa luminosità solare, il rachitismo è ancora diffuso e si cerca di migliorare e ampliare le fonti alimentari di tale vitamina.
Per tale motivo, un’azienda del Regno Unito ha fatto richiesta alla Unione Europea di inserire nel mercato un latte vaccino ad alto contenuto di vitamina D3. Secondo la legge europea [1] questo latte è da considerarsi un nuovo alimento (novel food) poiché non è mai stato prodotto o commercializzato in Europa. La produzione prevede un trattamento con raggi UV del latte fresco o UHT, ovvero dopo il processo, rispettivamente, di pastorizzazione o sterilizzazione: ciò che ne risulta è un latte ad alto contenuto di vitamina D3.
La decisione della commissione [2], che ne autorizza la produzione ed il commercio nell’Unione, specifica che dovrà essere denominato in etichetta come “latte trattato con raggi UV”. La stessa norma prevede il livello di vitamina D3 e la dicitura che deve riportare in etichetta qualora il contenuto di questa vitamina sia significativo secondo le norme sulle informazioni di etichettatura al consumatore [3]. Se la ditta produttrice del Regno Unito, unica autorizzata, rispetta il contenuto di vitamina richiesto, potrà inserire in etichetta la voce:
“Latte contenente vitamina D risultante dal trattamento con raggi UV”.
Come previsto dalla legge sui nuovi alimenti [1], la decisione della Commissione è stata preceduta da uno studio sui potenziali rischi da parte dell’Autorità Europea per la Sicurezza Alimentare (EFSA) di Parma. Lo studio [4] dimostra la completa sicurezza del prodotto dal punto di vista sanitario e nutrizionale.
La legge [2] che ne autorizza la produzione e la vendita è valida solo per quell’azienda del Regno Unito che ne ha fatto richiesta, quindi non significa che chiunque potrà produrre tale latte. Sarebbe poi interessante studiare, capire o intuire la percezione che il consumatore italiano potrà avere su tale prodotto. Secondo la legge il suo commercio potrà avvenire solo con le diciture “latte trattato con i raggi UV” e “latte contenente vitamina D risultante dal trattamento con raggi UV”. La comunicazione attuale dei prodotti alimentari è fortemente rivolta al naturale, al biologico, all’arcaico. Quale percezione di benessere o naturalità potrà riconoscere il consumatore dinanzi ai raggi UV? Il latte trattato coi raggi UV è un alimento dall’etichetta poco friendly il cui processo è chiaramente troppo tecnologico; si aggiunga che l’Italia è un paese dal basso rischio endemico di rachitismo, è quindi probabile che tale prodotto susciti scarso interesse nel mercato italiano.
Qualunque sarà il destino commerciale di questo latte, è però certo che il consumatore rimane ampiamente tutelato da tutti gli organi preposti alla sicurezza alimentare europea che ne hanno autorizzato e confermato la sicurezza.
note
[1] Reg. CE n. 258/97
[2] Decisione di esecuzione della Commissione UE n. 1189/2016
[3] Reg. UE n. 1169/2011
[4] EFSA Scientific Commettee, 2016. Scientific Opinion on Safety of UV-treated milk as a novel food pursuant to. EFSA Journal 2016; 14(1):4370