Se faccio la denuncia successione c’è accettazione di eredità?


La denuncia di successione e il pagamento delle imposte non si considerano come accettazione dell’eredità; pertanto il familiare può sempre rinunciare all’eredità e non rispondere dei debiti.
Il chiamato all’eredità che fa la denuncia di successione ed effettua il pagamento delle imposte di successione non compie un comportamento tale da implicare, in automatico, l’accettazione dell’eredità. Sebbene infatti è vero che l’accettazione dell’eredità può avvenire anche in forma «tacita» – ossia non necessariamente con una dichiarazione espressa apposita, ma anche con comportamenti tali che denuncino, implicitamente, l’intenzione dell’interessato di succedere al parente defunto – è anche vero che tale intenzione non può essere ravvisata nella semplice denuncia di successione e nel pagamento delle relative imposte. Si tratta, infatti, di adempimenti fiscali obbligatori che, in quanto diretti a evitare l’applicazione di sanzioni, hanno solo uno scopo conservativo e rientrano, quindi, tra gli atti che il chiamato a succedere può compiere in base ai poteri conferitigli dal codice civile [1], a prescindere dalla successiva ed eventuale accettazione dell’eredità. Lo ha chiarito la Cassazione con una recente sentenza [2].
L’accettazione tacita dell’eredità si verifica quando il chiamato all’eredità compie un atto (comportamento concludente) che presuppone la sua volontà di accettare, e che non avrebbe diritto a fare se non nella qualità di erede.
La legge ha individuato alcuni atti che comportano accettazione tacita dell’eredità: è il caso ad esempio dell’erede che abbia il possesso dei beni ereditari (ad esempio perché convivenza con il parente morto) e non abbia fatto l’inventario dei beni entro 3 mesi dall’apertura della successione; è anche il caso della donazione, vendita o cessione, che il chiamato all’eredità faccia dei suoi diritti di successione a un estraneo o a tutti gli altri chiamati o ad alcuno di questi, comporta accettazione dell’eredità.
Anche la giurisprudenza ha individuato alcuni casi in cui il comportamento dell’erede implica accettazione tacita di eredità. È tale, ad esempio, il ricorso alla Commissione tributaria contro l’avviso di accertamento notificato al soggetto defunto o agli eredi.
In generale, l’accettazione tacita di eredità può desumersi soltanto dal compimento di un’attività personale del chiamato tale da integrare gli estremi di un «atto di gestione» del patrimonio del parente, atto di per sé incompatibile con la volontà di rinunciare, e non altrimenti giustificabile se non in relazione alla qualità di erede. Dunque, non si possono considerare come accettazione tacita gli «atti conservativi», quelli cioè volti solo ad amministrare il patrimonio e che il chiamato può compiere anche prima dell’accettazione.