Lavoratore dipendente in malattia: cosa fare quando arriva la visita fiscale del medico Inps, le fasce orarie di reperibilità, quando è possibile assentarsi; sanzioni per chi non si fa trovare a casa.
«Se non sono a casa quando arriva la visita fiscale Inps del medico mandato dall’azienda posso essere licenziato?». «Quali sono le conseguenze se sono assente alla visita di controllo e, magari sono andato un attimo in farmacia?». «Dopo che è venuto il medico Inps posso uscire di casa o devo rimanere ugualmente segregato?». Ed ancora «Se non sento il citofono o il campanello della porta suonare e il medico se ne va, rischio qualcosa?». «Posso chiedere un’esenzione per andare dal mio medico?».
Sono tante le domande che il lavoratore in malattia si pone al momento dell’attesa della cosiddetta visita fiscale Inps: domande a cui cercheremo, in questa sede, di dare una risposta.
L’occasione per trattare il ricorrente tema della visita fiscale Inps ci viene fornita da una sentenza della Cassazione depositata due giorni fa [1], con cui è stato stabilito che è licenziabile il dipendente assente più volte alla visita fiscale Inps. La Corte Suprema ha ritenuto legittima la risoluzione del contratto di lavoro nei confronti di un lavoratore risultato, in più occasioni, assente alla visita di controllo del medico senza, tra l’altro, fornire alcuna giustificazione. Non serve, per giustificarsi, la considerazione di aver prodotto certificati medici attestanti la sussistenza effettiva della malattia. Si pensi al caso di un dipendente assente per via di una frattura alla mano destra che non gli consente di scrivere e, quindi, di lavorare ma che, certamente, gli consente di uscire per fare quattro passi. In questi casi bisogna ugualmente restare a casa? La risposta è sì, perché la cosiddetta reperibilità è stabilita non come prova dell’effettività della malattia, ma solo per collaborare con lo Stato e con l’azienda ai fini dell’accertamento della malattia. Quindi l’assenza alla visita fiscale Inps è un comportamento illecito diverso da quello della falsa attestazione di malattia. La sussistenza di una effettiva patologia non esclude la possibilità di violare l’obbligo di essere presente durante la reperibilità.
Solo un giustificato motivo di assenza può consentire al lavoratore di assentarsi, ma prima deve darne tempestiva comunicazione all’Inps e al datore di lavoro. O, nel caso di urgenza che non consenta di comunicare la suddetta assenza a nessuno dei soggetti appena indicati (si pensi a un caso di pericolo di vita), è necessario fornire successivamente le prove che attestino la suddetta urgenza.
Perché è prevista la visita fiscale Inps?
Non può essere l’azienda a controllare lo stato di malattia del lavoratore; a tal fine deve valersi della struttura pubblica, ossia del medico incaricato dall’Inps dietro richiesta del datore di lavoro o su iniziativa dell’Inps stesso.
Quali sono le fasce orarie per la reperibilità?
Il lavoratore, durante tutto l’arco della malattia, ha l’obbligo di essere reperibile per poter favorire la visita fiscale del medico dell’Inps. Deve a tal fine rimanere a casa (o nel diverso domicilio indicato nel certificato medico inviato all’Inps), anche di domenica e nei giorni festivi, durante i seguenti orari:
– per statali e dipendenti degli Enti Locali, la reperibilità riguarda l’intera settimana, festività comprese, nelle fasce orarie che vanno dalle 9:00 alle 13:00 e dalle 15:00 alle 18:00;
– per personale del comparto scuola: per essi il Dirigente Scolastico può richiedere visite fiscali sin dal primo giorno, solo per assenze immediatamente precedenti o successive a quelle non lavorative (non solo festivi o domeniche, ma anche giorni liberi);
– per dipendenti del comparto privato: la reperibilità è per tutta la settimana, festività comprese, nelle fasce orarie che vanno dalle 10:00 alle 12:00 e dalle 17:00 alle 19:00.
Che succede se non sono a casa quando arriva il medico fiscale?
Come abbiamo detto l’assenza dalla visita fiscale comporta una sanzione indipendente dalla sussistenza o meno della malattia e, se ripetuta più volte e avvenuta senza valida giustificazione, può determinare il licenziamento [2].
Il che significa che se il lavoratore, malato perché ha una ingessatura agli arti superiori che non gli consente di lavorare o perché in riabilitazione e necessita di una passeggiata come fisioterapia, non si fa trovare presente a casa quando arriva il medico fiscale è sanzionabile. Quindi, anche se la malattia è effettiva, la reperibilità resta ugualmente obbligatoria.
Solo l’assenza attribuibile a un valido motivo (per esempio, per andare in farmacia a comprare le medicine) può consentire l’assenza alla visita fiscale Inps. Sul punto, la Suprema Corte [3] ha precisato che non è sanzionabile con la perdita dell’indennità di malattia l’assenza del dipendente alla visita di controllo effettuata nelle fasce di reperibilità se tale assenza sia stata determinata non dall’intenzione di sottrarsi al controllo, ma dalla presenza di un giustificato motivo (esso, nella specie, è stato individuato nella coincidenza temporale di un ciclo di cure mediche praticate al di fuori dell’abitazione del dipendente).
Fra l’altro il dipendente ha l’obbligo di guarire nel più breve tempo possibile: il che significa che non può aggravare il proprio stato di malattia uscendo di casa. Tale comportamento viola la buona fede e il rapporto fiduciario che lo lega all’azienda ed è anch’esso causa di licenziamento.
Che succede se non sento il citofono o il campanello della porta?
Il lavoratore è tenuto a verificare la presenza del proprio nome sul citofono e il corretto funzionamento dello stesso così come del campanello della porta. Quindi, se il medico fiscale va via, egli non può giustificarsi dicendo di non aver sentito lo squillo. Né può neanche giustificarsi dicendo di essere stato solo a casa e di non aver potuto aprire la porta per un difetto uditivo o perché dormiva a causa del sonno indotto dalle medicine.
Quando è possibile assentarsi dalla visita fiscale?
Solo un valido motivo consente di assentarsi durante le fasce di reperibilità. Secondo alcune sentenze sono «validi motivi»:
– la concomitanza di visite, trattamenti terapeutici e accertamenti specialistici [4] purché indifferibili e indispensabili;
– situazioni che abbiano reso imprescindibile e indifferibile la presenza personale del lavoratore altrove, per evitare gravi conseguenze per sé o per i componenti il suo nucleo familiare: si pensi al dipendente che debba assistere la madre in fin di vita in una casa di cura o comunque gravemente malata [5].
È stata invece ritenuta ingiustificata l’assenza per effettuare un controllo ambulatoriale se ben poteva essere eseguito in un altro momento [6].
Procedura in caso di assenza alla visita di controllo
Se il lavoratore risulta assente alla visita di controllo domiciliare, il medico ne dà comunicazione all’Inps e rilascia apposito avviso con l’invito al lavoratore a presentarsi per il controllo il giorno successivo non festivo presso il gabinetto diagnostica dell’Inps, ovvero, qualora non sia facilmente raggiungibile, presso il presidio sanitario pubblico indicato nell’avviso stesso.
Qualora il lavoratore non si presenti alla visita ambulatoriale, I’Inps ne dà comunicazione al datore di lavoro ed invita il lavoratore a fornire le proprie giustificazioni entro 10 giorni.
L’assenza ingiustificata alla prima visita di controllo comporta la perdita dell’indennità per i primi 10 giorni; in caso di seconda assenza l’indennità è ridotta del 50% per il residuo periodo di malattia. Sono comunque esclusi i periodi di ricovero ospedaliero o già accertati da precedente visita di controllo.
Che succede se non sono presente alla visita fiscale Inps?
Se il lavoratore non si fa trovare dal medico alla momento della visita di controllo domiciliare:
– se in casa c’è un’altra persona, il medico consegna a quest’ultima una comunicazione diretta al lavoratore con cui lo si invita presentarsi il giorno successivo (non festivo) alla visita di controllo ambulatoriale, salvo che l’interessato non riprenda l’attività lavorativa. Il lavoratore deve necessariamente presentarsi alla visita ambulatoriale. Se non vi si presenta, l’Inps informa l’azienda e invita il lavoratore a fornire le proprie giustificazioni entro 10 giorni;
– il medico, constatata l’assenza del dipendente alla visita fiscale, ne dà comunicazione all’Inps che, a sua volta, avvisa l’azienda.
Cosa rischio se non sono presente alla visita fiscale Inps?
Come abbiamo detto l’assenza alla visita fiscale è un illecito disciplinare che consente all’azienda una sanzione. Sanzione che, nel caso di comportamento reiterato e non giustificato, può arrivare al licenziamento. Ma le ricadute sono anche sullo stipendio e dipendono dal tipo di comportamento tenuto.
L’assenza ingiustificata del lavoratore comporta la perdita del trattamento di malattia, con modalità differenti a seconda del momento in cui si è verificata l’assenza:
1) assenza alla visita del medico fiscale: perdita totale di qualsiasi trattamento economico;
2) assenza alla seconda visita (può essere sia la visita medica domiciliare sia la visita medica ambulatoriale): oltre alla perdita totale di qualsiasi trattamento economico, riduzione del 50% del trattamento economico per il residuo periodo
3) assenza alla terza visita: l’erogazione dell’indennità economica previdenziale a carico Inps viene interrotta da quel momento e fino al termine del periodo di malattia: il caso si configura come mancato riconoscimento della malattia ai fini della corresponsione della relativa indennità.
Che succede se il lavoratore arriva a casa prima che il medico fiscale se ne sia andato?
Mettiamo che il medico fiscale bussi a casa del malato ma non lo trovi. All’atto di andarsene però questi ritorna e lo trova sulla porta. In tal caso la visita di controllo può essere ugualmente effettuata. Tuttavia bisogna distinguere due situazioni:
– se il lavoratore si trovava presso una pertinenza della propria abitazione (cantina, garage, ecc.), l’iniziale irreperibilità non è configurabile come assenza ed il medico deve annotare la circostanza sul referto già redatto;
– se il lavoratore proveniva da un luogo esterno al domicilio, si è in presenza di un’assenza sanzionabile anche se il medico ha potuto comunque effettuare la visita di controllo. Nel referto deve essere annotata l’esatta provenienza del lavoratore ai fini dell’irrogazione della sanzione.
Quando il dipendente si considera assente dalla visita fiscale?
Sulla base di quanto appena detto, si ha assenza non solo quando il dipendente non sia a casa, ma anche quando non abbia consentito la visita fiscale. Il lavoratore ha il dovere di cooperare all’effettuazione delle visite domiciliari, comportandosi in modo tale da consentire al medico l’immediato ingresso nell’abitazione. L’inottemperanza a tale obbligo per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile (come ad esempio il ritardo nell’apertura della porta che determini l’allontanamento del medico, oppure l’assenza del nome del lavoratore sul citofono o sulla cassetta della posta) comporta la decadenza dal diritto al trattamento economico, senza che possa avere effetti sananti la conferma della malattia in una successiva visita ambulatoriale.
Posso allontanarmi da casa per una visita medica?
Il dipendente malato può assentarsi per effettuare una visita o un controllo medico, accertamenti o terapie; tuttavia deve comunicarlo preventivamente all’Inps e produrre come giustificazione l’attestazione rilasciata da struttura, pubblica o privata, che ha erogato la prestazione.
Quante volte, nell’arco della stessa malattia, può intervenire la visita fiscale?
Il datore di lavoro non può richiedere, nell’arco della stessa giornata, più visite mediche. Lo potrebbe fare in giorni diversi, nell’arco della stessa malattia ma non in modo sistematico, tanto da ledere la libertà del dipendente.
Posso uscire fuori dalle fasce di reperibilità?
Il dipendente è libero di uscire fuori dalle fasce di reperibilità. Ma non deve fare in modo di aggravare il suo stato di salute. Diversamente è licenziabile per non aver cooperato per un rapido rientro sul lavoro.
Posso uscire dopo la visita fiscale?
Sebbene le fasce di reperibilità non siano ancora “scadute”, una volta intervenuto il medico dell’Inps il lavoratore malato potrebbe uscire, salvo quanto detto nel paragrafo precedente, ossia a condizione di non peggiorare la malattia. Questo perché nell’arco della stessa giornata non può intervenire una seconda visita fiscale Inps.
Quando l’assenza alla visita fiscale è giustificata
Le sanzioni non vengono comminate nelle seguenti ipotesi:
1- ricovero ospedaliero;
2- periodi già accertati da precedente visita di controllo;
3- assenza dovuta a giustificato motivo. Il giustificato motivo ricorre nelle seguenti ipotesi:
- forza maggiore;
- situazioni che abbiano reso imprescindibile ed indifferibile la presenza del lavoratore altrove;
- concomitanza di visite, prestazioni e accertamenti specialistici quando si dimostri che le stesse non potevano essere effettuate in ore diverse da quelle corrispondenti alle fasce orarie di reperibilità;
- ritiro presso gli Uffici sanitari di radiografie collegate alla malattia in atto;
- effettuazione di un’iniezione, purché risultino rigorosamente accertate l’indifferibilità del trattamento terapeutico e l’indispensabilità delle modalità prescelte dal lavoratore per realizzare tale esigenza;
- visita presso l’ambulatorio del medico in caso di impossibilità di conciliare l’orario di ricevimento con le fasce di reperibilità o finalizzata a far constatare l’eventuale guarigione della malattia, al fine della ripresa lavorativa;
- urgenza di sottoporsi a cure dentistiche presso lo studio del medico specialista;
- effettuazione di un ciclo di cure presso un istituto convenzionato (nel caso in esame il dipendente, il giorno successivo alla visita, si era recato presso l’ambulatorio medico-legale e per sottoporsi ad una visita di controllo, che confermava la sussistenza della patologia);
- esigenza indifferibile di recarsi in farmacia;
- effettuazione di attività di volontariato non realizzabile in tempi diversi da quelli delle fasce orarie;
- visita alla madre ricoverata in ospedale, quando l’orario di visita ai degenti coincide con le fasce di reperibilità.
Patologie gravi ed esenzione dalla reperibilità
Una recente riforma ha introdotto l’esenzione dalla reperibilità in caso di malattie gravi che richiedano il ricorso a terapie salvavita. Oggi quindi il lavoratore è esonerato dall’obbligo di reperibilità nei seguenti casi:
- patologie gravi che richiedono terapie salvavita: si tratta, ad esempio, delle cure chemioterapiche;
- stati patologici sottesi o connessi alla situazione di invalidità riconosciuta; l’invalidità deve aver determinato una riduzione della capacità lavorativa, in misura pari ad almeno il 67%;
- malattie nelle quali è a rischio la vita del lavoratore;
- infortunio sul lavoro;
- patologie per causa di servizio;
- gravidanza a rischio;
- patologie collegate all’invalidità riconosciuta.
Mi sono assentato dal lavoro per malattia: è sufficiente una telefonata in azienda per avvertire?
Per avvertire l’azienda, o l’amministrazione presso cui si lavora, dell’assenza per malattia, è sufficiente anche una telefonata, senza dimenticarsi, però, che ci si dovrà recare dal proprio medico curante per il certificato di malattia, che andrà trasmesso all’Inps da parte del professionista.
Devo spedire il certificato medico anche al datore di lavoro?
Oggi il certificato medico non viene più spedito in azienda dal dipendente, ma dall’Inps. Infatti, il medico curante, dopo la visita al proprio paziente, invia il certificato medico, in via telematica, all’Inps e poi l’Inps lo invia al datore di lavoro.
È domenica e il mio medico curante non è reperibile, come posso avere il certificato?
Il lavoratore malato, nel caso in cui non reperisca il suo medico curante, può richiedere la certificazione alla Guardia Medica, o ad altro medico convenzionato col Servizio Sanitario Nazionale (Ssn). Anche in questo caso la certificazione dovrà essere inviata telematicamente all’Inps entro 2 giorni dall’assenza.
Il medico fiscale può arrivare anche il primo giorno di malattia?
Nel settore privato, in teoria è possibile che la visita fiscale arrivi il primo giorno, anche se l’amministrazione non è così immediata nell’eseguire i controlli.
Invece, per i dipendenti pubblici, il medico fiscale è inviato direttamente dal dirigente dell’Amministrazione: in generale, il dirigente richiede la visita fiscale contemperando l’esigenza di risparmio di spesa pubblica con la lotta all’assenteismo.
È obbligatorio, però, richiedere la visita, sin dal primo giorno di malattia, in caso di assenze contigue a giorni liberi (anche di ferie o di permesso) o festivi.
Il medico fiscale può passare anche nei giorni festivi?
Sicuramente si: il medico dell’Inps può passare la domenica, il Natale o nelle feste comandate. Ciò vale sia nel pubblico che nel privato.
note
[1] Cass. sent. n. 24681/16.
[2] Cass. sent. n. 3226 dell’11.02.2008.
[3] Cass. sent. n. 8012 del 6.04.2006.
[4] Cass. sent. n. 1809 del 28.1.2008.
[5] Cass. sent. n. 5718/2010.
[6] Cass. sent. n. 4247/2004.
Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 6 ottobre – 2 dicembre 2016, n. 24681
Presidente Nobile – Relatore Negri Della Torre
Svolgimento del processo
Con sentenza n. 1266/2013, depositata il 13/12/2013, la Corte di appello di Catania rigettava il gravame di M.G. e confermava la sentenza del Tribunale di Ragusa, che ne aveva respinto il ricorso diretto alla dichiarazione di illegittimità del licenziamento con preavviso intimatogli dalla S.p.A. Poste Italiane per assenza al controllo domiciliare di malattia, non preventivamente comunicata al datore di lavoro, del giorno 29/2/2008.
La Corte osservava che il lavoratore era stato rinvenuto ripetutamente assente alla visita domiciliare di controllo della malattia; che nessuna giustificazione, neppure ex post, aveva fornito per l’ultima assenza, che aveva portato al licenziamento, e che, per le precedenti quattro, non ne aveva fornito di adeguate; che si doveva tenere conto del particolare ruolo ricoperto dal ricorrente, caratterizzato, quale direttore di ufficio postale, dall’esercizio di compiti di coordinamento e controllo di altri dipendenti.
Ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza il M. con due motivi; la società ha resistito con controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Motivi della decisione
Con il primo motivo il ricorrente, deducendo violazione o falsa applicazione dell’art. 5, co. 14, del decreto legge 12 settembre 1983, n. 463, convertito nella L. 11 novembre 1983, n. 638, censura la sentenza impugnata per non avere la Corte, capovolgendo la gerarchia di valori stabilita dalla norma, ritenuto prevalenti le esigenze di tutela della salute del lavoratore rispetto a quelle poste a giustificazione dell’obbligo di comunicare preventivamente al datore di lavoro la necessità di assentarsi durante le fasce orarie di reperibilità.
Con il secondo motivo, deducendo violazione o falsa applicazione di norme del CCNL dell’11/7/2007 per il personale non dirigente di Poste Italiane S.p.A. (art. 43, co. 9; art. 55, commi 4 e 5), il ricorrente censura la sentenza impugnata per avere la Corte applicato le richiamate disposizioni collettive in modo non coerente alla necessità di un contemperamento tra l’esigenza di punire una condotta disciplinarmente rilevante e la indispensabile valutazione dei fattori, nelle medesime espressamente indicati, volti alla commisurazione della gravità della condotta e della gradazione/proporzionalità della sanzione applicabile.
Il primo motivo è infondato.
Nel fissare i limiti dell’obbligo di reperibilità del lavoratore alle visite di controllo questa Corte ha infatti precisato, con orientamento risalente e consolidato, che, mediante la previsione di cui all’art. 5 L. n. 638/1983, si è imposto al lavoratore un comportamento (e cioè la reperibilità nel domicilio durante prestabilite ore della giornata) che è, ad un tempo, un onere all’interno del rapporto assicurativo ed un obbligo accessorio alla prestazione principale del rapporto di lavoro, ma il cui contenuto resta, in ogni caso, la “reperibilità” in sé; con la conseguenza che l’irrogazione della sanzione può essere evitata soltanto con la prova, il cui onere grava sul lavoratore, di un ragionevole impedimento all’osservanza del comportamento dovuto e non anche con quella della effettività della malattia, la quale resta irrilevante rispetto allo scopo, che la legge ha inteso concretamente assicurare, dell’assolvimento tempestivo ed efficace dei controlli della stessa da parte delle strutture pubbliche competenti, siano esse attivate dall’ente di previdenza ovvero dal datore di lavoro ai sensi dell’art. 5 legge 20 maggio 1970 n. 300.
In particolare, a dimostrazione che il giudizio sull’osservanza dell’obbligo di reperibilità non dipende dal fatto dell’esistenza della malattia (nel senso della necessità di ritenere il lavoratore assolto da tale obbligo soltanto perché effettivamente malato), è stato precisato che – in presenza di una contrattazione collettiva contenente (quale anche il CCNL per il personale non dirigente di Poste Italiane: cfr. art. 43, commi 8 e 9) detto obbligo di reperibilità a carico del lavoratore – che il dipendente non può limitarsi a produrre il certificato medico attestante l’effettuazione di una visita specialistica, ma deve dare dimostrazione delle “comprovate necessità” che impediscono l’osservanza delle fasce orarie, e cioè che la visita non poteva essere effettuata in altro orario al di fuori delle predette fasce, “ovvero che la necessità della visita era sorta negli orari di reperibilità, tenuto conto che il giustificato motivo di assenza del lavoratore ammalato dal proprio domicilio durante le fasce orarie di reperibilità, di cui all’art. 5 della normativa sopra indicata, si identifica in una situazione sopravvenuta che comporti la necessità assoluta ed indifferibile di allontanarsi dal luogo nel quale il controllo deve essere esercitato” (cfr. Cass. n. 2756/1995; conforme Cass. n. 13982/1991).
Tale principio di diritto è stato ancora e più di recente ribadito da Cass. n. 3226/2008 (già citata nella sentenza impugnata), per la quale “in tema di controlli sulle assenze per malattia dei lavoratori dipendenti, volti a contrastare il fenomeno dell’assenteismo e basati sull’introduzione di fasce orarie entro le quali devono essere operati dai servizi competenti accessi presso le abitazioni dei dipendenti assenti dal lavoro, ai sensi dell’art. 5, co. 14, d.l. 12 settembre 1983 n. 496, convertito con modificazioni dalla legge n. 638 del 1983, la violazione da parte del lavoratore dell’obbligo di rendersi disponibile per l’espletamento della visita domiciliare di controllo entro tali fasce assume rilevanza di per sé, a prescindere dalla presenza o meno dello stato di malattia, e può anche costituire giusta causa di licenziamento”.
Nel caso di specie, la Corte, con motivazione adeguata e comunque non oggetto di censure, ha accertato come l’appellante non solo non avesse mai documentato, neppure ex post, alcuna causa di giustificazione in relazione all’assenza dal domicilio del 29/2/2008, ma avesse, per le quattro assenze precedenti (in data 25/10/2007, 10/12/07, 18/12/2007 e 18/1/2008), prodotto certificati medici, oggetto di specifico esame, inidonei a provare un serio e fondato motivo che giustificasse l’assenza alle visite domiciliari di controllo (cfr. sentenza, p. 5).
La Corte territoriale risulta altresì avere esaminato la relazione di consulenza medico-legale depositata dal ricorrente, traendone il convincimento che neppure da essa fosse possibile ritenere provata la sussistenza di un giustificato motivo di assenza, atteso che – come riconosciuto dallo specialista che l’aveva redatta – la cura praticata dal M. si attua secondo appuntamenti concordati con il centro terapeutico (p. 6).
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
La Corte ha, infatti, accertato come il lavoratore fosse stato rinvenuto ripetutamente assente alle visite domiciliari di controllo della malattia e come avesse reiterato il medesimo comportamento rilevante sul piano disciplinare, pur dopo l’applicazione della prima sanzione (della multa) e di quelle (sospensione dal servizio) in seguito, e secondo una progressione crescente (un giorno, cinque e dieci giorni), adottate dal datore di lavoro: comportamento, questo, per la cui valutazione, ai fini del giudizio di proporzionalità in rapporto alla più grave misura espulsiva da ultimo inflitta, non poteva restare indifferente il contenuto delle mansioni assegnate, e cioè di preposto ad un ufficio, tali da comportare compiti di coordinamento e di controllo di altri dipendenti.
Su tali premesse, la sentenza impugnata si sottrae alle censure che le sono state rivolte.
L’art. 43, comma 9, CCNL per il personale non dirigente di Poste Italiane S.p.A. prevede esplicitamente che il “constatato mancato rispetto da parte del lavoratore degli obblighi” indicati al precedente co. 8 (e cioè l’obbligo del lavoratore in malattia di trovarsi fin dal primo giorno di assenza dal lavoro nel domicilio comunicato al datore “in ciascun giorno, anche se domenicale o festivo, dalle ore 10 alle 12 e dalle ore 17 alle 19” nonché l’obbligo di dare “preventiva comunicazione alla Società” nel caso in cui, durante tali fasce orarie, egli debba assentarsi dal proprio domicilio “per visite, prestazioni o accertamenti specialistici o per altri giustificati motivi”), “comporta la perdita del trattamento di malattia, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, ed è sanzionabile con l’applicazione di provvedimento disciplinare”.
Non rileva, d’altra parte, che l’applicazione di una sanzione sia configurata come una “possibilità” (laddove risulta affermato che il mancato rispetto degli obblighi a carico del lavoratore è sanzionabile) e non come “effetto automatico” dell’infrazione, posto che l’esercizio del potere disciplinare da parte del datore di lavoro rientra comunque, su di un piano generale, nella sfera della sua discrezionalità e che la previsione della “possibilità” di tale esercizio, quale delineata dalle parti collettive con la norma in esame, assicura di per sé della rispondenza della decisione datoriale di farvi eventuale ricorso alla comune volontà dei contraenti.
La sentenza si sottrae altresì alle censure del ricorrente con riguardo alle disposizioni di cui ai commi 4 e 5 dell’art. 55 CCNL di riferimento.
In particolare, e diversamente da quanto sembra sostenere il lavoratore, che imputa alla sentenza di non avere tenuto in debito conto l’assenza di intenzionalità/mala fede nel comportamento sanzionato, il co. 4 prevede esplicitamente che nella valutazione dell’entità afflittiva del provvedimento disciplinare si debba avere riguardo non solo alla intenzionalità del comportamento ma anche al “grado di negligenza” dimostrato da esso, elemento soggettivo rispetto al quale la Corte territoriale ha correttamente evidenziato la reiterazione in un contenuto periodo di tempo della identica condotta e la sua costante riproduzione pur a fronte della relativa e conseguente progressione sanzionatoria, consumatasi a partire dall’ottobre 2007.
Né, sulla scorta di tali valutazioni, può ritenersi che la Corte abbia trascurato l’ulteriore previsione del comma 4, là dove è stabilito che la verifica dell’osservanza del principio di “gradualità e proporzionalità” nell’applicazione delle sanzioni debba volgersi anche a comprendere la valutazione del “comportamento complessivo del lavoratore”, avendo le parti collettive espressamente precisato sul punto che tale valutazione debba avere ” particolare riguardo ai precedenti disciplinari nell’ambito del biennio”; o la previsione di cui al comma 5 dello stesso art. 55, che per “mancanze della stessa natura già sanzionate nel biennio” (come nella fattispecie) consente l’irrogazione, a seconda della gravità del caso e delle circostanze, di una sanzione di livello più elevato rispetto a quella già inflitta: profilo che la Corte risulta aver preso in considerazione attraverso gli elementi già posti in evidenza e il rilievo della mancanza di alcuna giustificazione, neppure ex post, a proposito dell’assenza all’ultima visita domiciliare di controllo, nel quadro di un codice disciplinare (art. 56) che vede la “recidiva plurima, nell’anno, delle mancanze previste nel precedente gruppo” sanzionata proprio con la misura (recesso con preavviso) da ultimo adottata da Poste Italiane e oggetto di impugnazione.
Il ricorso deve conseguentemente essere respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte respinge il ricorso; condanna il ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 100,00 per esborsi e in Euro 3.500,00 per compensi professionali, oltre rimborso spese generali al 15% e accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del co. 1 bis dello stesso articolo 13.