Le opposizioni agli atti esecutivi vanno proposte in termini molto brevi per essere efficaci


Il processo esecutivo immobiliare consente al debitore di pignorare e poi vendere un bene immobile del debitore, per soddisfare il suo credito sul ricavato.
Il creditore può, quindi, sottoporre a pignoramento innanzi tutto la casa di proprietà del proprio debitore, ma anche un terreno, un corso d’acqua, gli alberi, gli edifici e le altre costruzioni di proprietà, anche se unite al suolo a scopo transitorio.
Durante tale processo – quello mediante il quale il creditore fa eseguire forzatamente un ordine dato nei confronti del debitore (per esempio, di pagamento) – il debitore può proporre diverse opposizioni contro gli atti che ritiene contrari alla legge e che lo pregiudichino, potendo finanche farli eliminare dal giudice (per es., l’ordinanza di autorizzazione alla vendita del bene pignorato, il provvedimento di aggiudicazione a seguito di asta, ecc.).
In realtà, il processo esecutivo immobiliare impone al creditore anticipazioni di danaro notevolissime, che solo l’utile esito del procedimento consente di recuperare (costi di giustizia, necessaria pubblicità sui giornali della vendita all’asta, costo della consulenza tecnica estimativa, parcella dell’avvocato, ecc.).
In tale ottica è ovvio che il sistema non consenta al debitore di proporre le sue opposizioni in qualunque momento: è necessario, dunque, non far scadere i tempi strettissimi necessari previsti dalla legge ed esaminare – con l’aiuto di un esperto – tutto il processo, analizzando ogni atto alla luce delle vigenti disposizioni di procedura.
Solo i vizi del pignoramento (quelli cioè che non riguardano semplici vizi relativi alla “forma” degli atti) si possono far valere in qualsiasi momento, senza limiti di tempo.
di GIUSEPPE CALOMINO