Questo sito contribuisce alla audience di
Diritto e Fisco | Editoriale

Il reato di stampa clandestina secondo la Cassazione: ecco le motivazioni del proscioglimento di Ruta

15 Settembre 2012 | Autore:
Il reato di stampa clandestina secondo la Cassazione: ecco le motivazioni del proscioglimento di Ruta

Finalmente uscite le motivazioni della Cass. sent. n. 23230/12 sulla stampa clandestina: il reato sussiste solo per le riproduzioni tipografiche (o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisici/chimici) destinati alla pubblicazione.

Condannato in primo e secondo grado, per “stampa clandestina”, per non aver registrato in tribunale il proprio blog (un portale di informazione sul mondo politico siciliano), Carlo Ruta ha visto, lo scorso maggio, prevalere la ragione in Cassazione [1]: la suprema Corte, infatti, ribaltando l’esito delle due precedenti sentenze, ha prosciolto il blogger perché “il fatto non sussiste”.

L’interpretazione della norma data dai giudici dei primi due gradi aveva lasciato allibito il web e l’Italia intera. Le critiche non si erano fatte attendere e la sentenza degli ermellini era stata accolta con un sospiro di sollievo dagli ambienti giornalistici e informatici.

A distanza di quattro mesi, oggi è uscita la motivazione della sentenza [1] che possiamo finalmente commentare, lasciandovi poi, per un approfondimento, al testo in calce al presente articolo.

I giudici della Cassazione hanno ricordato innanzitutto che il reato di stampa clandestina [2] sussiste solo per quelle riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisici/chimici destinati alla pubblicazione [3].

Ricapitoliamo: perché si possa porre in essere tale illecito penale sono necessarie due condizioni:

a) un’attività di riproduzione tipografica

b) la destinazione alla pubblicazione del risultato di tale attività.

Si tratta chiaramente di elementi non riscontrabili nel caso di un blog o di un sito internet. La registrazione in tribunale delle testate giornalistiche online, infatti – ricorda la Corte – è necessaria solo se si vuole accedere ai finanziamenti e agli incentivi statali previsti per l’editoria. Non si tratta di un obbligo, quindi, ma di un onere per eventualmente godere di un diritto.

Né si potrebbe – dicono i magistrati della Suprema Corte – interpretare analogicamente la definizione di stampa tradizionale estendendola a quella sul web: vige infatti un principio, nell’ambito del diritto penale, che vieta espressamente di estendere l’interpretazione di norme incriminatrici a fattispecie non espressamente previste dalla lettera norma stessa. In altre parole: il reato è solo quello che si legge nella norma, senza possibilità di estenderlo, in via analogica, ad altre ipotesi sia pure molto simili [4].

Insomma, è prevalsa – almeno in Cassazione – la corretta interpretazione della legge.

Ma è legittimo chiedersi come sia possibile che, anche per questioni che potrebbero essere risolte nel modo corretto e in breve tempo, se solo si leggesse attentamente la legge o, quantomeno, si approfondissero i precedenti della Cassazione [5], si obblighi invece il cittadino a tribolare per anni tra i polverosi corridoi della giustizia italiana.

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE III PENALE

Composta da Saverio Felice Mannino (Presidente), Claudia Squassoni, Alfredo Maria Lombardi, Mario Gentile (Relatore), Elisabetta Rosi

Ha pronunciando la seguente

SENTENZA

su ricorso proposto da Ruta Carlo, nato a Ragusa il 26/0(/1953

avverso la sentenza del 02/05/2011 della Corte di Appello di Catania

visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal consigliere Mario Gentile;

udito il Pubblico Ministero, in persona del sostituto Procuratore Generale Aldo Policastro che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito l’avv. Giuseppe Arnone, difensore di fiducia del ricorrente, che ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte di Appello di Catania, con sentenza emessa il 02/05/2011, confermava la sentenza del Tribunale di Modica, in data 08/05/2008, appellata da Carlo Ruta, imputato del reato di cui agli artt. 5 e 16 L. 08 febbraio 1948 n. 47, per avere intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile, denominato “Accade in Sicilia” e diffuso in via telematica sul sito www.Accadeinsicilia.net, senza che fosse intervenuta tempestiva registrazione presso la cancelleria del Tribunale di Modica; fatti commessi dal 16/12/2003 al 07/12/2004; e condannato alla pena di euro 150,00 di multa.

2. L’interessato proponeva ricorso per Cassazione, deducendo violazione di legge, ex art. 606, lett. b), cod. proc. Pen..

In particolare il ricorrente esponeva:

a) che nella fattispecie non ricorrevano gli elementi costitutivi del reato di cui agli artt. 5 e 16 L. 47/1948. Il sito utilizzato dal Ruta, in sede informatica, costituiva un semplice blog o sito internet, non rientrando nella definizione di stampa o stampato ai sensi dell’art. 1 L. 47/1948. La disposizione di cui agli artt. 2 e 5 L. 07 marzo 2001 n. 62 – secondo cui era prevista la registrazione anche per i giornali ed i periodici informatici – riguardava solo quelle pubblicazioni che intendevano usufruire del finanziamento pubblico;

b) che, comunque, stante l’incertezza interpretativa in ordine alla normativa de qua, ricorreva nella fattispecie l’errore scusabile su legge extrapenale di cui all’art. 47, comma terzo, cod. pen., con conseguente esclusione della punibilità del Ruta.

Tanto dedotto, il ricorrente chiedeva l’annullamento della sentenza impugnata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato.

Carlo Ruta è stato riconosciuto colpevole del reato di cui agli artt. 5 e 16 L. 47/1948 per aver intrapreso la pubblicazione del giornale di informazione civile denominato “Accade in Sicilia”, diffuso sul sito internet www.accadeinsicilia.net, senza aver effettuato la prescritta autorizzazione presso la Cancelleria del Tribunale di Modica, ritenuta competente per tale adempimento (vedi capo di imputazione come contestato in atti).

Tanto premesso sui termini essenziali della fattispecie in esame, occorre riassumere sinteticamente i punti fondamentali della disciplina attinente alla stampa:

1.1. Ai sensi dell’art. 1 L. 47/1948 (disposizione sulla stampa) sono considerati stampe o stampati tutte l riproduzioni tipografiche o comunque ottenute con mezzi meccanici o fisici/chimici, in qualsiasi modo destinati alla pubblicazione.

1.2. Dall’esame di detta disposizione si evince che – ai fini della sussistenza in senso giuridico del prodotto stampa – necessitano due condizioni: a) un’attività di riproduzione tipografica, b) la destinazione alla pubblicazione del risultato di tale attività.

1.3. Nell’ambito del prodotto stampa, come sopra individuato, la norma di cui all’art. 5 citata L. 47/1948 prescrive che nessun giornale o periodico può essere pubblicato se non sia stato registrato presso la Cancelleria del Tribunale nella cui circoscrizione la pubblicazione deve effettuarsi.

1.4. La pubblicazione di un giornale o altro periodico, senza che sia stata eseguita la registrazione prescritta dall’art. 5, costituisce illecito penale punito ai sensi dell’art. 16 citata legge n. 47/1948

2. Così delineati i punti fondamentali inerenti alla nozione di stampa e dell’obbligo di registrazione per il giornale o periodico, occorre esaminare – in relazione alla fattispecie concreta oggetto del presente ricorso – se detta disciplina, sotto il profilo generale sia applicabile al nuovo prodotto “media” costituente il giornale informatico diffuso in via telematica (sito www.).

3. Orbene la risposta al quesito giuridico di cui sopra è negativo per le seguenti ragioni principali:

3.1. Il giornale telematico non rispecchia le due condizioni ritenute essenziali ai fini della sussistenza del prodotto stampa come definito dall’art. 1 L. 47/1948 ed ossia: a) un’attività di riproduzione tipografica; b) la destinazione alla pubblicazione del risultato di tale attività.

3.2. La normativa di cui alla L. 07 marzo 2001 n. 62 (inerente alla disciplina sull’editoria e sui prodotti editoriali, con modifiche alla L. 05 agosto 1981 n. 416) ha introdotto la registrazione dei giornali on line soltanto per ragioni amministrative ed esclusivamente ai fini della possibilità di usufruire delle provvidenze economiche previste per l’editoria.

3.3. Detta disciplina è stata ribadita dalla successiva normativa di cui al d. lgs 09 aprile 2003 n. 70, che esplicitamente ha prescritto, con la disposizione di cui all’art. 7, comma 3, che la registrazione della testata editoriale telematica è obbligatoria esclusivamente per le attività per le quali i prestatori di servizio intendono avvalersi delle provvidenze previste dalla L. 07 marzo 2001 n. 62.

3.4. L’estensione dell’obbligo di registrazione per il giornale on line – previsto dalla citata L. n. 62/2001, ripetesi, ai soli fini delle provvidenze economiche – anche in riferimento alla norma di cui all’art. 5 L. 47/1948, con conseguente applicabilità (in caso di omessa registrazione) della sanzione penale di cui all’art. 16 citata legge sulla stampa, costituisce interpretazione analogica in “malam partem” non consentita ai sensi dell’art. 25, comma secondo, Costituzione e 14 delle Disposizioni sulla legge generale (vedi sulla materia de qua sez. III sent. N. 10535 del 11/12/2008, depositata il 10/03/2009; sez. V n. 35511/2010 del 16/07/2010.

4. Alla luce delle argomentazioni finora svolte, consegue che – non sussistendo nei confronti di Carlo Ruta l’obbligo della registrazione del giornale on line denominato “Accade in Sicilia”, ai sensi dell’art. 5 L. 47/1948 – lo stesso va assolto del reato di cui all’art. 16 citata legge n. 47/1948, come contestato in atti, perché il fatto non sussiste, con conseguente annullamento, senza rinvio, della sentenza della Corte di Appello di Catania, in data 2/5/2011.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché il fatto non sussiste.

Così deciso il 10 maggio 2012.

Il componente estensore                                                                             Il Presidente

Mario Gentile                                                                           Saverio Felice Mannino


note

[1] Cass. sent. n. 23230/12.

[2] Artt. 5 e 16 L. 47/1948.

[3] Art. 1 L. 47/1948.

[4] Si chiama “divieto di interpretazione analogica delle norme in malam partem”, non consentito dall’art. 25, comma secondo, Costituzione e dall’art. 14 delle disposizioni sulla legge in generale.

[5] La Cassazione, infatti, si era già espressa nei termini della recente sentenza qui in commento per casi identici a quello di Carlo Ruta.


Sostieni laleggepertutti.it

Non dare per scontata la nostra esistenza. Se puoi accedere gratuitamente a queste informazioni è perché ci sono uomini, non macchine, che lavorano per te ogni giorno. Le recenti crisi hanno tuttavia affossato l’editoria online. Anche noi, con grossi sacrifici, portiamo avanti questo progetto per garantire a tutti un’informazione giuridica indipendente e trasparente. Ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di andare avanti e non chiudere come stanno facendo già numerosi siti. Se ci troverai domani online sarà anche merito tuo.Diventa sostenitore clicca qui

Lascia un commento

Usa il form per discutere sul tema (max 1000 caratteri). Per richiedere una consulenza vai all’apposito modulo.


 


NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI
CERCA SENTENZA