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Diritto e Fisco | Editoriale

Innocenza dei musulmani e la libertà di rete

20 Settembre 2012 | Autore:
Innocenza dei musulmani e la libertà di rete

Bilanciamento tra libertà di rete e diritto all’informazione  e rispetto degli altrui diritti: il caso dell’ “Innocenza dei Musulmani”.

Le tragiche conseguenze scaturite dal film “Innocenza dei Musulmani”, del californiano Sam Bacile, e la presenza sul web di alcuni frammenti della pellicola riportano allo spinoso tema del bilanciamento tra libertà di rete e rispetto degli altrui diritti.

La “personale visione” di Bacile è quella di un Maometto impostore, mostrato mentre fa sesso, che invoca massacri e denuncia stragi di cristiani in Egitto: una “personale visione” che è costata la vita all’ambasciatore Usa in Libia, Christopher Stevens, a due marines e a un altro funzionario.

Lasciamo da parte lo stupefacente commento del regista che, all’indomani dell’attentato, ha attribuito la responsabilità per l’accaduto alla mancanza di adeguate misure di sicurezza: “Penso che il sistema di sicurezza nelle ambasciate non funzioni” ha affermato con disarmante candore, mentre rilanciava l’intenzione di creare una serie da 200 ore.

Come prevedibile, parte del mondo musulmano (Libia, Egitto, Pakistan, Bangladesh) ha bloccato gli accessi a YouTube dei link al film. Google si è mostrato collaborativo solo dopo un’iniziale indecisione; ma il film resta visibile nelle altre parti del mondo.

L’occidente però si stupisce e grida allo scandalo. Scandalo per la censura applicata alla rete e alla libertà di informazione. E tutto nasce dall’equivoco che il mondo sia unico, uguale ovunque, con la stessa sensibilità e background storico-culturale-religioso.

Ma anche la religione è, nel bene o nel male, un fenomeno storico. E come tutti i fenomeni anch’essa si evolve. Il cristianesimo si è evoluto. Un tempo bruciavamo le streghe. Vietavamo l’esercizio del credito, condannando l’attività dei banchieri, e nello stesso tempo esigevamo donazioni. Stavamo uccidendo un genio solo per aver detto che la terra ruota intorno al sole.

L’esercizio di un diritto finisce laddove inizia un diritto altrui. Cos’è una “libertà”? È il poter compiere un’azione quando lo si voglia. Diventerebbe però un obbligo per chi invece quell’azione la rifiuti.

Per fare un esempio: la mia libertà di sentire musica classica diventerebbe un obbligo per il mio vicino se, sentendola ad alto volume, impedissi a questi di evitare il rumore. E nei diritti altrui c’è il vedere rispettato il proprio sentimento religioso, qualunque sia il suo grado di evoluzione.

Non ha un gran senso combattere per una libertà di rete se poi la rete non è rispettosa delle altrui diversità. Un unico popolo unito da internet, ma con culture diverse: il web, allora, non può parlare lo stesso linguaggio. Non possiamo obbligare gli altri a vedere YouTube (o sia pure la presenza di un semplice link) se non vogliono.

Qual è il significato di “rispetto”? Questo termine è il trionfo della democrazia: l’accettare, pur non condividendo. È evidentemente sepolta quella cultura occidentale, che in Voltaire trovava il suo vessillo quando diceva “Non sono d’accordo con te, ma darei la vita per consentirti di esprimere le tue idee”. Noi stiamo agendo al contrario: disprezziamo le idee altrui anche a costo che altri, per causa di questo disprezzo, diano la loro vita.

Ciò che, nella tragedia, mi fa sorridere è che il mondo occidentale sta combattendo la sua bella guerra contro la globalizzazione: le campagne “no-global” sono lo spot del secolo. Però poi, quando si tratta di rispettare le diversità culturali, torniamo tutti miopi.

Alla fine, l’11 settembre e le altre crociate antislamiche sono invece la dimostrazione che la globalizzazione è già compiuta. Eravamo tanti popoli prima del crollo delle torri; dopo ci siamo trovati ad essere tutti americani, tutti accanto ad un popolo ferito, cittadini di un mondo schierato contro un nemico di cui però non si conosceva – e già si rifiutava – la cultura.

Insomma, sappiamo contraddirci anche noi. E lo facciamo nonostante l’invocata e asserita superiorità di “fratelli maggiori”.

Alla fine, come tutte le invenzioni dell’uomo, anche internet rischia di essere la “buona intenzione”. Come la polvere da sparo: un’invenzione nata per il genere umano e poi utilizzata contro di esso. E la strada per l’inferno è piastrellata di buone intenzioni.

A seguito di una serie di commenti ricevuti in privato dopo aver scritto questo articolo, ho ritenuto opportuno chiarire meglio il mio punto di vista nei commenti a fondo di questa pagina. Cui vi rinvio.

 



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6 Commenti

  1. Voglio meglio chiarire il mio punto di vista, in un italiano meno rigoroso, per quanti hanno equivocato questo articolo, scrivendomi in privato.
    Io non giustifico ovviamente la violenza degli islamici in risposta a una pellicola. Ma il discorso è un altro.
    Se già sai che il tuo vicino reagisce male quando tu accendi la radio ad alto volume, perché gliela accendi? lo fai apposta?
    E allora il regista californiano non immaginava che la pellicola sarebbe costata la vita a decine di persone?
    Lo sapeva ma questo pensiero non lo ha frenato.
    Al di là di ciò che è giusto o meno, è un discorso di opportunità
    Nessuno dotato di rispetto per la vita umana compierebbe un’opera se poi la folla, imbizzarrita per il significato dell’opera, inizia una rivoluzione e condanna a morte altre persone che con me non c’entrano nulla.
    Il discorso di rispetto per la vita umana passa anche da qui da una valutazione di opportunità

  2. In buona sostanza, noi occidentali ci contraddiciamo per due ragioni:
    a) ci scandalizziamo per comportamenti che poche centinaia di anni fa abbiamo commesso anche noi
    b) cantiamo inni no-global, inneggiando alla diversità, ma quando c’è da rispettare la diversità e da prendere in considerazione culture meno evolute di noi, subito le vorremmo reprimere.
    Il rispetto passa anche per la consapevolezza che alcune persone potrebbero non aver raggiunto un certo livello culturale. Faccio un altro esempio. Se gridando “forza milan” in una curva dell’inter già so che scatenerò una guerra di ultrà, che porterà a pestaggi e a feriti, sono solo un provocatore nel compiere questo gesto e non un LIBERO PENSATORE.
    E’ facile giocare con la vita degli altri. Il regista sapeva che, nel fare il film, qualche musulmano avrebbe aggredito l’ambasciata o comunque si sarebbe fatto esplodere. E al regista questo non è fregato. Perché allora il regista, se voleva esprimere la propria libertà di pensiero, subito dopo il film non se ne è andato in una piazza di Kabul a gridare “Sono io il regista. Se volete, prendetevela con me”???

  3. Credo che le sue non siano solo affermazioni sagge ed equilibrate, ma che varrebbe la pena di soffermarsi su queste considerazioni esempio di civismo e rispetto delle culture.

    1. La ringrazio. Ho dovuto però chiarire meglio il mio pensiero in questi commenti finali, perché credo di non essere stato molto “agevole” nell’articolo.

  4. Credo che abbia esemplificato in maniera molto chiara il concetto.
    La buona intenzione si può definire tale quando davvero sia ambivalente il vantaggio di chi di una azione ne è responsabile e di chi ne trae i risultati.
    Credo che , chi abbia voluto non intendere nel modo giusto il suo articolo, l’abbia fatto volutamente in quanto ,penso, che a sua volta si voglia conformare nell’ipocrisia generale del dover leggere l’eroismo anche quando purtroppo si parla di ostentazione..

    Ancora i miei complimenti avvocato!

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