Cassazione civile, sez. II, 15/03/2005, (ud. 15/12/2004, dep.15/03/2005), n. 5549
Fatto
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con atto notificato il 17 dicembre 1987 F.S. affermò di aver donato in modo indiretto alla nuora L.V., appunto perché tale, l’appartamento nel dettaglio indicato, pagandone il prezzo al venditore; e la convenne innanzi al Tribunale di Torino per sentir annullare tale donazione, sostenendo che lo aveva ingannato, tacendo la sua intenzione di separarsi dal marito.
La convenuta si costituì e chiese il rigetto della domanda.
Il Tribunale con sentenza del 3 aprile 1992 accolse la domanda: annullò la detta donazione indiretta, e condannò la convenuta a trasferire all’attore la proprietà dell’immobile.
La Corte d’appello di Torino, con la sentenza indicata in epigrafe, l’ha invece rigettata; ha in particolare affermato che L.V. si era limitata a non informare il suocero della sua intenzione di separarsi dal figlio, e che in tale comportamento non è configurabile il dolo allegato dall’attore.
F.S. ha chiesto la cassazione di tale sentenza per un solo motivo.
L.V. ha resistito con controricorso, ed ha chiesto anch’essa la cassazione della detta sentenza con ricorso incidentale condizionato; contro il quale F.S. ha proposto controricorso.
Entrambe le parti hanno depositato memorie.
Diritto
MOTIVI DELLA DECISIONE
Il ricorso principale e quello incidentale vanno riuniti, essendo stati proposti contro la stessa sentenza (art. 335 del codice di rito).
Con l’unico motivo del suo ricorso F.S. ripropone la tesi difensiva che la Corte d’appello di Torino ha disatteso, ponendo l’accento sul fatto che L.V. non lo informò della sua intenzione di separarsi da suo figlio, sapendo che egli, se fosse stato al corrente della prossima fine del suo matrimonio, non avrebbe posto in essere l’atto di liberalità di cui ha chiesto l’annullamento; e sul fatto che di tale crisi matrimoniale non poteva venire a conoscenza se non attraverso la rivelazione di sua nuora.
Il ricorrente sostiene quindi che la reticenza di F.S. fu finalizzata al suo inganno, e che dunque sussistono gli estremi del dolo omissivo da lui allegato; denunzia violazione dell’art. 1439 del codice civile, e vizi di motivazione.
La censura è infondata.
La corte territoriale ha reso la statuizione censurata applicando puntualmente il consolidato principio giurisprudenziale secondo il quale il dolo omissivo, causa d’annullamento del contratto a norma dell’art. 1439 del codice civile, può ravvisarsi solo quando l’inerzia di uno dei contraenti s’inserisce in un complesso comportamento, adeguatamente preordinato, con malizia o astuzia, a realizzare l’inganno perseguito; ed il suo semplice silenzio, che si sia limitato a non contrastare la percezione della realtà alla quale sia pervenuto l’altro contraente, non costituisce causa invalidante del contratto.
Nel caso di specie il ricorrente nulla più che il semplice silenzio di controparte ha allegato, per dar conto dell’esistenza di artifizi o raggiri volti ad indurlo in errore.
Quanto poi ai denunziati vizi di motivazione, il ricorrente non ha specificato in cosa consistano.
Va piuttosto rilevato che è stato il ricorrente a non dar conto compiutamente delle asserzioni su cui ha fondato la sua censura, in particolare di quella con cui ha sostenuto che solo sua nuora poteva informarlo della sua crisi coniugale, dimenticando di riferire quale è stato il ruolo di suo figlio nella vicenda.
Il ricorso incidentale condizionato resta assorbito.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di lite.
PQM
PER QUESTI MOTIVI
La Corte riunisce i ricorsi, rigetta quello principale, e dichiara assorbito l’incidentale. Compensa tra le parti le spese di lite.
Roma, 15 dicembre 2004
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 15 MAR. 2005