Editoriali Censura sulla rete e diritti di autore: due pesi, due misure
Editoriali Pubblicato il 24 settembre 2012
> Editoriali Pubblicato il 24 settembre 2012
Da un lato la censura viene giustificata per tutelare le major del cinema e della musica; dall’altro lato, invece, fa scandalo se deve salvare qualche vita.
Atto primo: Google si autocensura. Per sfavorire le violazioni del copyright, il motore di ricerca che ha sede a Mountain View (California) ha appena dichiarato di cancellare, dai siti indicizzati, “The Pirate Bay”, il famoso portale svedese che era valso ai tre proprietari la condanna a 14 milioni di euro per pirateria informatica. Oggi, se digitate sulla stringa di ricerca la parola “Thepirate”, non compare più il suggerimento al portale incriminato.
Punto e a capo.
Atto secondo: stesso anno, stesso mese, stessa parte del globo (Los Angeles, California). Un giudice rigetta la richiesta di cancellare da YouTube (sempre di proprietà Google) gli estratti della pellicola “Innocenza dei musulmani”, nonostante i noti fatti derivanti dalle proteste fondamentaliste arabe, fatti di gravità assoluta e a tutti ormai noti. La richiesta era stata avanzata da una delle protagoniste, forse intimorita per la propria sicurezza.
Google però, in questo caso, decide di non autocensurarsi, nonostante alcuni di questi spezzoni di film siano l’evidente frutto di un atto di pirateria homemade di alcuni utenti.
Perché?
Ci sono due pesi, due misure. Da un lato la censura viene giustificata per tutelare le major del cinema e della musica; dall’altro lato, invece, fa scandalo se deve salvare qualche vita.
Evidentemente, c’è qualcuno che ritiene che i diritti d’autore siano un bene di rango superiore rispetto alla vita umana.
“Non possiamo limitare la libertà di espressione artistica solo per colpa di alcuni pazzi estremisti”, ho sentito dire in questi giorni. Mi chiedo, però, perché il regista Sam Bacile non sia andato personalmente nelle piazze arabe ad esprimere il proprio pensiero invece di guardare il film dalla sua poltrona, pur sapendo che in Medio Oriente vivevano migliaia di rappresentati delle istituzioni occidentali. Ivi compreso l’ambasciatore Usa in Libia.
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