Legge salva suicidi e crisi da sovraindebitamento, presupposti


Fallimento del consumatore e crisi da sovraindebitamento: i presupposti per la procedura prevista dalla legge n. 3/2012.
Indice
- 1 Cosa prevede la legge: presupposti di ammissibilità del sovraindebitamento
- 2 Il presupposto soggettivo del debitore
- 3 In sintesi:
- 4 Non assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge 3/2012
- 5 Gli enti privati non profit
- 6 Gli enti pubblici
- 7 L’assenza di recidiva
- 8 Altri impedimenti soggettivi
- 9 La previsione del piano secondo la legge originaria e dopo le modifiche
Cosa prevede la legge: presupposti di ammissibilità del sovraindebitamento
Art. 7 legge n. 2/213: Presupposti di ammissibilità
- Il debitore in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9, comma 1, un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che, assicurato il regolare pagamento dei titolari di crediti impignorabili ai sensi dell’articolo 545 c.p.c. e delle altre disposizioni contenute in leggi speciali, preveda scadenze e modalità di pagamento dei creditori, anche se suddivisi in classi, indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento dei debiti e le modalità per l’eventuale liquidazione dei beni.
È possibile prevedere che i crediti muniti di privilegio, pegno o ipoteca possono non essere soddisfatti integralmente, allorché ne sia assicurato il pagamento in misura non inferiore a quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale sul ricavato in caso di liquidazione, avuto riguardo al valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali insiste la causa di prelazione, come attestato dagli organismi di composizione della crisi. In ogni caso, con riguardo ai tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea, all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, il piano può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 13, comma 1, il piano può anche prevedere l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, da individuarsi in un professionista in possesso dei requisiti di cui all’art. 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. Il gestore è nominato dal giudice.
1bis. Fermo il diritto di proporre ai creditori un accordo ai sensi del comma 1, il consumatore in stato di sovraindebitamento può proporre, con l’ausilio degli organismi di composizione della crisi di cui all’articolo 15 con sede nel circondario del tribunale competente ai sensi dell’articolo 9, comma 1, un piano contenente le previsioni di cui al comma 1.
La proposta non è ammissibile quando il debitore, anche consumatore:
a) è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo;
b) ha fatto ricorso, nei precedenti cinque anni, ai procedimenti di cui al presente capo;
c) ha subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli articoli 14 e 14bis;
d) ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
2bis. Ferma l’applicazione del comma 2, lettere b), c) e d), l’imprenditore agricolo in stato di sovraindebitamento può proporre ai creditori un accordo di composizione della crisi secondo le disposizioni della presente sezione.
Il presupposto soggettivo del debitore
Il soggetto che si trova in una situazione di sovraindebitamento, come definito dall’art. 6 (quindi anche se “consumatore”), può presentare ai propri creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti sulla base di un piano che preveda determinate prescrizioni e siano, contemporaneamente, verificate le seguenti condizioni [1]:
a) non sia assoggettabile a procedure concorsuali diverse da quella regolata dalla legge 3/2012;
b) non abbia fatto ricorso a procedimenti regolati dalla legge 3/2012 nei cinque anni precedenti;
c) abbia subito, per cause a lui imputabili, uno dei provvedimenti di cui agli articoli 14 e 14bis;
d) abbia fornito documentazione che non consente la ricostruzione compiutamente la sua situazione economica e patrimoniale.
Ne consegue che il debitore può essere un imprenditore commerciale individuale o collettivo, sotto soglia, un imprenditore agricolo, un professionista o un privato.
La ratio legis della novella sembra quella di ampliare quanto più possibile il raggio d’azione della normativa destinata a coprire in maniera sempre più ampia l’area della crisi e dell’insolvenza che non sia presieduta dalle procedure concorsuali manifestando una sensibile fiducia nella soluzione attraverso forme negoziali [2].
In sintesi:
Presupposto oggettivo:
- non sia assoggettabile a procedure concorsuali diverse da quelle regolare dalla legge 3/2012;
- abbia fatto ricorso ai procedimenti regolati dalla legge 3/2012 nei 5 anni precedenti;
- abbia subito, per causa a lui imputabile, uno dei provvedimenti di cui agli articoli 14 e 14bis;
- abbia fornito documentazione che non consente una puntuale ricostruzione della situazione economica e patrimoniale.
Il presupposto soggettivo del debitore
La prima condizione è che il debitore non sia assoggettabile a procedure concorsuali diverse da quelle previste per il superamento della crisi da sovraindebitamento regolate dalla legge 3/2012.
A tal fine il requisito soggettivo rileva alla data della presentazione della domanda, indipendentemente dalla situazione precedente nella quale si può essere formato il debito che determina la situazione da sovraindebitamento che legittima il ricorso alla procedura.
Per verificare tale situazione è necessario far riferimento l’art. 1 L.F., rubricato: “Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo” [3].
L’accesso alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento è da escludere per l’imprenditore commerciale sopra soglia, quindi soggetto al fallimento, ma non fallibile per mancanza di debiti scaduti e non pagati che, in sede d’istruttoria prefallimentare, come disposto dall’ultimo comma dell’art. 15 L.F. [4], non superano euro trentamila [5].
Come è stato osservato quest’ultimo requisito è semplicemente una circostanza impeditiva alla dichiarazione di fallimento e non concorre minimamente a delineare la figura dell’imprenditore fallibile [6].
La persona fisica socia illimitatamente responsabile può accedere alla procedura di composizione della crisi? Sul punto la dottrina, almeno fino alle modifiche portate dal D.L. 179/2012, non era concorde. Alcuni sostenevano che detto soggetto, in quanto soggetto a fallimento in estensione ai sensi dell’art. 147 L.F, non poteva usufruire della agevolazione introdotta dalla legge 3/20127 mentre altri sostenevano che la lettura dell’art. 7, comma 2 della legge portava a concludere in senso contrario perché il socio illimitatamente responsabile non viene dichiarato fallito in quanto imprenditore fallibile ai sensi dell’art. 1 L.F. al quale la norma faceva riferimento ma in relazione alla sua qualifica, senza tener conto della sua qualifica e del superamento della soglia dimensionale [8].
Dopo le modifiche introdotte con il D.L. 179/2012 è da propendere per la prima soluzione in quanto la norma prevede l’inammissibilità per colui che “è soggetto a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dal presente capo”.
Altra situazione soggettiva particolare è quella dell’imprenditore cessato che, a mente dell’art. 10 F.L., non può essere dichiarato fallito trascorso un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese [9]. Il medesimo può attivare la procedura prevista dalla legge 3/2012 per porre rimedio alla situazione di sovra indebitamento ma, se dichiarato fallito, l’accordo omologato si risolve a mente dell’art. 12, ultimo comma.
Si ritiene possa ricorrere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento il socio illimitatamente responsabile receduto dalla società da oltre un anno al quale non è possibile estendere il fallimento ai sensi dell’art. 147 L.F., mentre l’accesso non sembra possibile all’erede dell’imprenditore defunto in quanto dovrebbe agire tramite l’erede cosa possibile soltanto in ambito fallimentare per l’espressa previsione di una norma specifica [10] non replicata nel nuovo istituto [11].
È opportuno osservare che il richiedente dovrà fornire la prova del requisito soggettivo, in quanto onere a suo carico.
Non assoggettabili a procedure concorsuali diverse da quelle regolate dalla legge 3/2012
- Imprenditori commerciali sotto soglia
- Imprenditori agricoli
- Professionisti
- Artisti
- Enti non profit
- Persone fisiche prive della qualifica di imprenditore
Il presupposto soggettivo, l’imprenditore agricolo
L’imprenditore agricolo è definito in maniera positiva dall’art. 2135 c.c. [12].
È imprenditore agricolo il soggetto che esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. I predetti imprenditori, ove l’attività esercitata non assuma le caratteristiche dell’impresa commerciale, non sono soggetti al fallimento e quindi non possono far ricorso neppure alla procedura di concordato preventivo.
Precisato che l’imprenditore agricolo non rientra tra i soggetti ai quali si applica l’art. 1 della legge fallimentare è necessario rilevare che il comma 43 dell’art. 23 del D.L. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, ha espressamente previsto che l’imprenditore agricolo possa accedere agli accordi di ristrutturazione dei debiti regolati dall’art. 182bis nonché alla transazione fiscale regolata dal successivo art. 182ter della legge fallimentare. Il predetto comma infatti recita “In attesa di una revisione complessiva della disciplina dell’imprenditore agricolo in crisi e del coordinamento delle disposizioni in materia, gli imprenditori agricoli in stato di crisi o di insolvenza possono accedere alle procedure di cui agli articoli 182-bis e 182-ter del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come modificato da ultimo dall’art. 32, commi 5 e 6, del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2”.
Prima delle modifiche introdotte dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, considerato che la finalità della legge 3/2012 (art. 6) è quella di “porre rimedio alle situazioni di sovraindebitamento non soggette né assoggettabili alle vigenti procedure concorsuali” era necessario stabilire se gli istituti regolati dagli articoli 182bis e 182ter del regio decreto 267/1942 sono o non sono procedure concorsuali poiché da tale conclusione scaturiscono importanti conclusioni [13].
Sul punto né dottrina né la giurisprudenza sono concordi [14].
Per certuni, l’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti deve essere collocato nell’ambito del concordato preventivo in quanto molteplici fattori fanno propendere per tale soluzione [15], mentre per altri è un istituto completamente autonomo e diverso dal concordato preventivo [16].
Alcuna giurisprudenza ha qualificato gli accordi di ristrutturazione dei debiti un istituto autonomo e diverso dal concordato preventivo [17], mentre altra li ha considerati come una sorta di “piccolo concordato preventivo” [18].
Autorevole dottrina ha affermato che se da una prima lettura sembra potersi affermare che la procedura di composizione della crisi non possa essere attivata dagli imprenditori agricoli giacché per gli stessi è previsto l’accesso, con connotati di evidente specialità, all’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti regolato dall’art. 182bis L.F. [19] nonché la transazione fiscale di cui all’art. 182ter L.F. [20] nella prospettiva di ampliare e favorire il carnet delle operazioni di cui può disporre il debitore non si può escludere che la novità introdotta per porre rimedio alla situazione di sovra indebitamento non possa essere applicata anche all’imprenditore agricolo [21].
Secondo alcuni sembrerebbe fuori discussione che l’imprenditore agricolo possa accedere alla procedura regolata dalla legge 3/2012. Con la conseguenza che il medesimo potendo beneficiare anche dell’istituto degli accordi di ristrutturazione di cui all’art. 182bis L.F. che consente l’attivazione della transazione fiscale ha la facoltà di scegliere quale delle diverse procedure attivare in base ad una scelta di opportunità. Sarà orientato a prediligere la procedura ex art. 182bis L.F., attivando la procedura della transazione fiscale nel caso in cui la posizione fiscale sia assai rilevante mentre, in assenza di debiti fiscale o qualora gli stessi fossero di scarsa rilevanza sarà portato a preferire la procedura disciplinata dalla legge 3/2012 che consente, sussistendo certi presupposti, la moratoria fino ad un anno per pagare i creditori estranei all’accordo [22]. La querelle è stata risolta dal legislatore, che, con il D.L. 179/2012, ha introdotto il comma 2bis prevedendo espressamente che l’imprenditore agricolo può accedere alla procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento con gli impedimenti di cui alle lettere b), c) e d) del comma precedente.
Il debitore non imprenditore
Prima delle modifiche portate dal D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, convertito con modifiche dalla legge n. 221/2012 non vi erano dubbi che la procedura si applicasse sicuramente al soggetto non imprenditore, che non è certamente soggetto alle procedure concorsuali di fallimento e di concordato preventivo regolate dal regio decreto 267/1942.
Ne conseguiva che il debitore poteva essere una persona fisica o un ente collettivo [23] altrimenti non avrebbe avuto senso far riferimento alla residenza o alla sede del soggetto come invece faceva la norma.
In tale categoria vi rientravano anche i professionisti, il cui sovraindebitamento potrebbe derivare da danni causati a terzi nell’attività professionale [24], e i consumatori.
Il debitore non imprenditore (segue)
Per quanto riguarda il consumatore, è opportuno ricordare che l’art. 1, comma 2, lettera b), capo II del D.L. 212/2011 definisce espressamente il sovraindebitamento (del medesimo) come inadempimento di obbligazioni contratte dal medesimo, come definito dal D.Lgs. 6 settembre 2005, 206, differenziandolo dal sovraindebitamento definito per gli altri sog- getti alla precedente lettera a).
Nella legge 3/2012 originaria non si ritrova una specifica definizione del sovraindebitamento del consumatore e ciò ha fatto pensare ad alcuna dottrina minoritaria che la procedura regolata da quest’ultima legge non fosse applicabile al consumatore25.
Il consumatore è un soggetto che, in presenza delle altre condizioni, può accedere alla procedura di composizione della crisi in quanto la norma prevede che vi possono accedere tutti i soggetti, nessuna escluso, che non rientrano nell’art. 1, coma 1, L.F.26
La rivisitazione della legge 3/2012, attraverso le modifiche apportate dal D.L. 179/2012, non definisce più la situazione di sovraindebitamento del consumatore riconducendo l’origine dell’indebitamento prevalentemente ad obbliga- zioni contratte dal medesimo come definito dal codice del consumo di cui al D.Lgs. 6 settembre 2005, n. 206 ma fornisce una definizione diretta del “consumatore”. Ai fini delle legge in commento il “consumatore” è «il debitore persona fisica che ha assunto obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’attività imprenditoriale o professionale eventualmente svolta».
Ne consegue che il debitore persona fisica, per usufruire della procedura da sovraindebitamento come “consumatore” deve aver contratto le obbligazioni esclusivamente per scopi estranei all’eventuale attività d’impresa o professionale. Se le obbligazioni che hanno determinato la situazione di sovraindebitamento non sono così caratterizzate il soggetto, in presenza dei necessari requisiti può accedere alla procedura regolata dalla legge 3/2012 per i soggetti diversi dal “consumatore”.
Gli enti privati non profit
Gli enti non profit che svolgono, anche parzialmente, l’attività commerciale possono essere assoggettati al fallimento e quindi accedere al concordato preventivo soltanto se superano i parametri dimensionali ma, in relazione alla specifica attività esercitata possono essere soggetti alla procedura di liquidazione coatta amministrativa. Qualora l’ente fosse, in concreto, fuori dalle predette procedure è da ritenere che possa porre rimedio alla situazione di sovraindebitamento attraverso la specifica procedura regolata dalla legge 3/201227.
Gli enti pubblici
L’ultima parte del primo comma dell’art. 1 L.F. dispone espressamente che non possono essere soggetti alle disposizioni del fallimento e del concordato preventivo gli enti pubblici.
Il tenore letterale della norma porterebbe a concludere che ai predetti soggetti sia applicabile la procedura regolata dalla legge 3/2012. Tale conclusione non può essere condivisa in quanto tali soggetti sono schiavi alla liquidazione coatta amministrativa o a procedure specifiche [28].
Non manca chi ritiene che gli enti pubblici non possano essere esclusi dai soggetti legittimati ad attivare la procedura introdotta dalla novella in quanto espressamente non assoggettabili al fallimento ne accedere alla procedura del concordato preventivo [29].
L’assenza di recidiva
Il debitore in possesso del requisito soggettivo può accedere alla procedura per rimediare alla situazione debitoria da sovraindebitamento soltanto se non vi abbia fatto ricorso nei cinque anni precedenti30. La diversa modalità con la quale il legislatore si è espresso in sede di rivisitazione (D.L. 179/2012) non ha effetti pratici.
La previsione è sicuramente condivisibile per evitare che alcuni possano utilizzare la procedura in maniera distorta e l’incremento temporale è da valutare positivamente.
È opportuno ricordare che in ambito fallimentare non è consentito l’accesso all’istituto dell’esdebitazione al fallito persona fisica che “abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti” [31].
È da ritenere che l’espressione lettera “non ha fatto ricorso” debba essere interpretata nel senso non ha beneficiato della procedura, e quindi la mancata ammissione nel triennio precedente non sia causa ostativa alla presentazione di una nuova proposta. In sostanza la condizione di non aver usufruito dalla procedura in un congruo lasso di tempo, individuato dal legislatore nei tre anni precedenti, è una sorta di valutazione della meritevolezza [32]. Ne consegue che la limitazione è un valido ostacolo a che il soggetto possa reiterare la procedura ripetutamente ma non impedisce comunque al soggetto la riproposizione più volte nel corso del tempo. È ovvio che i creditori valuteranno la riproposizione ai fini della votazione.
Il termine di tre anni deve essere calcolato facendo riferimento alla data di presentazione (deposito) della proposta nella cancelleria del tribunale competente cioè quello della residenza della persona fisica o della sede se soggetto diverso (art. 9, comma 1).
Il termine triennale per valutare la meritevolezza d’accesso è stato ritenuto troppo breve anche in considerazione della durata dell’intera procedura [33].
Altri impedimenti soggettivi
Il D.L. 179/2012 ha previsto, l’impossibilità da parte del soggetto sovra indebitato di presentare la domanda per la ristrutturazione dei debiti o di soddisfazione dei crediti quando:
— per cause a lui imputabili, ha subito uno dei provvedimento di cui agli articoli 14 e 14bis.
— ha fornito documentazione che non consente di ricostruire compiuta- mente la sua posizione economica e patrimoniale.
I provvedimenti impeditivi, che devono essere a lui imputabili, sono:
— impugnazione dell’accordo (art. 14);
— risoluzione dell’accordo (art. 14);
— revoca degli effetti dell’omologazione (art. 14bis)
— cessazione degli effetti dell’omologazione (art. 14bis).
La mancata produzione della documentazione necessaria per una ricostruzione completa dell’andamento degli affari e della situazione dei debiti e crediti è sanzionata con l’inammissibilità della domanda.
La previsione del piano secondo la legge originaria e dopo le modifiche
Secondo la previsione originaria il debitore sovraindebitato che soddisfa la condizione soggettiva può proporre ai creditori un accordo di ristrutturazione dei debiti al fine di risolvere la particolare situazione in cui si trova secondo la procedura regolata dalla legge 3/2012 ove non abbia usufruito della stessa nei tre anni precedenti,
In primo luogo la proposta non deve essere rivolta a tutti i creditori, quindi il proponente è libero di decidere se indirizzarla a tutti i sui creditori o soltanto ad una parte degli stessi.
La scelta non è indifferente e, quindi, deve essere attentamente valutata in quanto gli effetti che ne derivano sono molto rilevanti.
La ristrutturazione deve essere prospettata sulla base di un piano, che è il fulcro dell’accordo, in quanto deve avere un contenuto minimale.
In particolare deve contenere:
a) l’assicurazione del regolare pagamento ai creditori estranei all’accordo compreso l’integrale pagamento dei titolari dei crediti privilegiati ai quali gli stessi non abbiano rinunciato anche parzialmente salvo la previsione di una moratoria di un anno quando ricorrano contemporaneamente tutte le condizioni previste dal comma 4 dell’art. 8;
b) le scadenze e le modalità di pagamento dei creditori;
c) le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento (estinzione) dei debiti;
d) l’eventuale modalità di liquidazione dei beni;
e) l’eventuale affidamento del patrimonio ad un fiduciario per la liquidazione, la custodia e la distribuzione del ricavato ai creditori, salvo la previsione del primo comma dell’art. 13.
Nonostante sia stato osservato che il concetto di piano sia più consono in ambito aziendalistico che in quello giuridico e, conseguentemente, più riferibile alla composione della crisi di soggetti imprenditori che operano in un ambito dinamico e che male si adatta all’insolvenza civile [34] è da rilevare che la norma non lo limita a detti soggetti ma lo prevede per tutti coloro che intendono presentare la domanda di composizione della crisi da sovraindebitamento
Il legislatore lascia intendere che la soluzione di crisi può essere superata attraverso l’attuazione di un piano, cioè mediante la programmazione di una determinata attività sicuramente tipica dell’impresa ma che se la si interpreta in maniera più ampia e riferisce ad un determinato comportamento si adatta bene anche a soggetti diversi dall’imprenditore.
Dopo le modifiche apportate dal D.L. 179/2012 convertito con modifiche dalla legge n. 221/2012 la proposta di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti che il debitore può proporre a tutti i credi- tori deve essere accompagnata da un piano che:
a) assicuri il regolare pagamento dei crediti impignorabili di cui all’art. 545 p.c. e da altre leggi speciali;
b) preveda, anche in caso di suddivisione dei creditori in classi, le modalità di pagamento e le relative scadenze;
c) indichi le eventuali garanzie rilasciate per l’adempimento della proposta;
d) indichi, eventualmente, le modalità di liquidazione dei beni;
e) preveda, eventualmente, il soddisfacimento parziale dei creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca ove ricorrano determinate condizioni;
f) preveda, eventualmente, l’affidamento del patrimonio del debitore ad un gestore per la liquidazione, custodia e distribuzione del ricavato ai creditori, salvo le previsioni del comma 1 dell’art. 13.
Le novità non sono di poco conto.
note
[1] Prima della novella, le condizioni erano due:
a) non sia assoggettabile alle procedure concorsuali previste dall’art. 1 del R.D. 16 marzo 1942, n. 267;
b) non abbia fatto ricorso alla composizione della crisi nei tre anni precedenti.
[2] DI MARZIO F. – MACARIO F., Autonomia e crisi d’impresa, Milano 2011, pag. 74 3 Art. 1 L.F. – Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano una attività commerciale, esclusi gli enti pubblici.
Non sono soggetti alle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori di cui al primo comma, i quali dimostrino il possesso congiunto dei seguenti requisiti:
a) aver avuto, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito della istanza di fallimento o dall’ini- zio dell’attività se di durata inferiore, un attivo patrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad euro trecentomila;
b) aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività se di durata inferiore, ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore ad euro duecentomila;
c) avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad euro
I limiti di cui alle lettere a), b) e c) del secondo comma possono essere aggiornati ogni tre anni con decreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai ed impiegati intervenute nel periodo di riferimento.
[4] Art. 15 L.F. – Procedimento per la dichiarazione di fallimento
Il procedimento per la dichiarazione di fallimento si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalità dei procedimenti in camera di consiglio.
Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditori istanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’iniziativa per la dichiarazione di fallimento.
Il decreto di convocazione è sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice relatore se vi è delega alla trattazione del procedimento ai sensi del sesto comma. Tra la data della notificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso e quella dell’udienza deve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni.
Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento è volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni prima dell’udienza per la presentazione di memorie e il deposito di documenti e relazioni tecniche. In ogni caso, il tribunale dispone che l’imprenditore depositi i bilanci relativi agli ultimi tre esercizi, nonché una situazione patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata; può richiedere eventuali informazioni urgenti.
I termini di cui al terzo e quarto comma possono essere abbreviati dal presidente del tribunale, con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza. In tali casi, il presidente del tribunale può disporre che il ricorso e il decreto di fissazione dell’udienza siano portati a conoscenza delle parti con ogni mezzo idoneo, omessa ogni formalità non indispensabile alla conoscibilità degli stessi. Il tribunale può delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudice delegato provvede all’ammissione ed all’espletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio. Le parti possono nominare consulenti tecnici.
Il tribunale, ad istanza di parte, può emettere i provvedimenti cautelari o conservativi a tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitata alla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara il fallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.
Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e non pagati risul- tanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare è complessivamente inferiore a euro trentamila. Tale importo è periodicamente aggiornato con le modalità di cui al terzo comma dell’art. 1.
[5] NONNO G.M., L’insolvenza civile, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), Ipsoa 2012, pag. 82.
[6] DE MARCHI P.G., Fallimento ed altre procedure concorsuali, in Normativa e giurisprudenza ragionata, Milano 2009, pag. 76.
[7] GUITTO A., La nuova procedura per l’insolvenza del soggetto non fallibile: osservazioni in itinere, il Il Fallimento 2012, pag. 21.
[8] NONNO G.M., L’insolvenza civile, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), cit., pag. 83.
[9] Art. 10. L.F. – Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa
Gli imprenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si è manifestata anteriormente alla medesima o entro l’anno successivo.
In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, è fatta salva la facoltà per il creditore o per il pubblico ministero di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attività da cui decorre il termine del primo comma.
[10] Art. 11. L.F. – Fallimento dell’imprenditore defunto.
L’imprenditore defunto può essere dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.
L’erede può chiedere il fallimento del defunto, purché l’eredità non sia già confusa con il suo patri- monio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non è soggetto agli obblighi di deposito di cui agli articoli 14 e 16, secondo comma, n. 3).
Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beni ottenuta dai creditori del defunto a norma del codice civile.
[11] FERRO M., L’insolvenza civile, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), Ipsoa 2012, pag. 69.
[12] Art. 2135 c.c. – Imprenditore agricolo
È imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, selvicoltura, allevamento di animali e attività connesse.
Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attività dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. Si intendono comunque connesse le attività, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalità come definite dalla legge.
[13] SOLLINI E., Il concordato preventivo e gli accordi di ristrutturazione, cit., pag. 255.
[14] NARDECCHIA G.B., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in Il fallimento 2006, pag. 670.
[15] FERRO M., I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell’insolvenza e la tutela giudiziaria delle intese fra debitore e creditori: storia italiana della timidezza competitiva, in Il fallimento 2005, pag. 587.
[16] AMBROSINI S., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti nella nuova legge fallimentare: prime riflessioni, in Il fallimento 2005, pag. 949; PRESTI G., Gli accordi di ristrutturazione dei debiti, in (a cura di AMBROSINI S.) La riforma della legge fallimentare, Bologna 2006, pag. 386.
[17] Trib. di Brescia del 22-2-06, in Il fallimento 2006, pag. 669; Trib. di Bari del 21-11-05, in Il fallimento 2006, pag. 169 con commento di PRESTI, L’art. 182bis al primo vaglio della giurisprudenza.
[18] Trb. di Milano 21-12-05, in Il fallimento 2006, pag. 670.
[19] Art. 182bis L.F. – Accordi di ristrutturazione dei debiti
L’imprenditore in stato di crisi può domandare, depositando la documentazione di cui all’articolo 161, l’omologazione di un accordo di ristrutturazione dei debiti stipulato con i creditori rappresentanti al-meno il sessanta per cento dei crediti, unitamente ad una relazione redatta da un professionista, designato dal debitore, in possesso dei requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d) sulla veridicità dei dati aziendali e sull’attuabilità dell’accordo stesso con particolare riferimento alla sua idoneità ad assicurare l’integrale pagamento dei creditori estranei nel rispetto dei seguenti termini:
a) entro centoventi giorni dall’omologazione, in caso di crediti già scaduti a quella data;
b) entro centoventi giorni dalla scadenza, in caso di crediti non ancora scaduti alla data dell’omologazione.
L’accordo è pubblicato nel registro delle imprese e acquista efficacia dal giorno della sua pubblicazione. Dalla data della pubblicazione e per sessanta giorni i creditori per titolo e causa anteriore a tale data non possono iniziare o proseguire azioni cautelari o esecutive sul patrimonio del debitore, nè acquisire titoli di prelazione se non concordati. Si applica l’articolo 168, secondo comma.
Entro trenta giorni dalla pubblicazione i creditori e ogni altro interessato possono proporre opposizione. Il tribunale, decise le opposizioni, procede all’omologazione in camera di consiglio con decreto motivato. Il decreto del tribunale è reclamabile alla corte di appello ai sensi dell’articolo 183, in quanto applicabile, entro quindici giorni dalla sua pubblicazione nel registro delle imprese.
Il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive di cui al terzo comma può essere richiesto dall’imprenditore anche nel corso delle trattative e prima della formalizzazione dell’accordo di cui al presente articolo, depositando presso il tribunale competente ai sensi dell’articolo 9 la documentazione di cui all’articolo 161, primo e secondo comma lettere a), b), c) e d), e una proposta di accordo corredata da una dichiarazione dell’ imprenditore, avente valore di autocertificazione, attestante che sulla proposta sono in corso trattative con i creditori che rappresentano almeno il sessanta per cento dei crediti e da una dichiarazione del professionista avente i requisiti di cui all’articolo 67, terzo comma, lettera d), circa la idoneità della proposta, se accettata, ad assicurare l’integrale paga- mento dei creditori con i quali non sono in corso trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare. L’istanza di sospensione di cui al presente comma è pubblicata nel registro delle imprese e produce l’effetto del divieto di inizio o prosecuzione delle azioni esecutive e cautelari, nonché del divieto di acquisire titoli di prelazione, se non concordati, dalla pubblicazione.
Il tribunale, verificata la completezza della documentazione depositata, fissa con decreto l’udienza entro il termine di trenta giorni dal deposito dell’istanza di cui al sesto comma, disponendo la comunicazione ai creditori della documentazione stessa. Nel corso dell’udienza, riscontrata la sussistenza dei presupposti per pervenire a un accordo di ristrutturazione dei debiti con le maggioranze di cui al primo comma e delle condizioni per l’integrale pagamento dei creditori con i quali non sono in cor so trattative o che hanno comunque negato la propria disponibilità a trattare, dispone con decreto motivato il divieto di iniziare o proseguire le azioni cautelari o esecutive e di acquisire titoli di prela- zione se non concordati assegnando il termine di non oltre sessanta giorni per il deposito dell’accordo di ristrutturazione e della relazione redatta dal professionista a nonna del primo comma. Il decreto del precedente periodo è reclamabile a norma del quinto comma in quanto applicabile.
A seguito del deposito di un accordo di ristrutturazione dei debiti nei termini assegnati dal tribunale trovano applicazione le disposizioni di cui al secondo, terzo, quarto e quinto comma. Se nel medesimo termine è depositata una domanda di concordato preventivo, si conservano gli effetti di cui ai commi sesto e settimo.
[20] Art. 182ter L.F. – Transazione fiscale
Con il piano di cui all’articolo 160 il debitore può proporre il pagamento, parziale o anche dilazionato, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, nonché dei contributi amministrati dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie e dei relativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se non iscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea; con riguardo all’imposta sul valore aggiunto ed alle ritenute operate e non versate, la proposta può prevedere esclusivamente la dilazione del pagamento. Se il credito tributario o contributivo è assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie e degli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie; se il credito tributario o contributivo ha natura chirografaria, il trattamento non può es- sere differenziato rispetto a quello degli altri creditori chirografari ovvero, nel caso di suddivisione in classi, dei creditori rispetto ai quali è previsto un trattamento più favorevole.
Ai fini della proposta di accordo sui crediti di natura fiscale, copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al deposito presso il tribunale, deve essere presentata al competente concessionario del servizio nazionale della riscossione ed all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale del debitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non è pervenuto l’esito dei controlli automatici nonché delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alla data di presentazione della domanda, al fine di consentire il consolidamento del debito fiscale. Il concessionario, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmettere al debitore una certificazione attestante l’entità del debito iscritto a ruolo scaduto o sospeso. L’ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultanti dalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarità, unitamente ad una certificazione attestante l’entità del debito derivante da atti di accertamento ancorchè non definitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonché da ruoli vistati, ma non ancora consegnati al concessionario. Dopo l’emissione del decreto di cui all’articolo 163, copia dell’avviso di irregolarità e delle certificazioni devono essere trasmessi al Commissario giudiziale per gli adempimenti previsti dall’articolo 171, primo comma, e dall’articolo 172. In particolare, per i tributi amministrati dall’agenzia delle dogane, l’ufficio competente a ricevere copia della domanda con la relativa documentazione prevista al primo periodo, nonché a rilasciare la certificazione di cui al terzo periodo, si identifica con l’ufficio che ha notificato al debitore gli atti di accertamento.
Relativamente ai tributi non iscritti a ruolo, ovvero non ancora consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, l’adesione o il diniego alla proposta di concordato è approvato con atto del direttore dell’ufficio, su conforme parere della competente direzione regionale, ed è espresso mediante voto favorevole o contrario in sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi previsti dall’articolo 178, primo comma.
Relativamente ai tributi iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, quest’ultimo provvede ad esprimere il voto in sede di adunanza dei creditori, su indicazione del direttore dell’ufficio, previo conforme parere della competente direzione regionale.
La chiusura della procedura di concordato ai sensi dell’articolo 181, determina la cessazione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al primo comma.
Il debitore può effettuare la proposta di cui al primo comma anche nell’ambito delle trattative che precedono la stipula dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis. La proposta di transazione fiscale, unitamente con la documentazione di cui all’articolo 161, è depositata presso gli uffici indicati nel secondo comma, che procedono alla trasmissione ed alla liquidazione ivi previste. Alla proposta di transazione deve altresì essere allegata la dichiarazione sostitutiva, resa dal debitore o dal suo legale rappresentante ai sensi dell’articolo 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, che la documentazione di cui al periodo che precede rappresenta fedelmente ed integralmente la situazione dell’impresa, con particolare riguardo alle poste attive del patrimonio. Nei successivi trenta giorni l’assenso alla proposta di transazione è espresso relativamente ai tributi non iscritti a ruolo, ovvero non ancora consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, con atto del direttore dell’ufficio, su conforme parere della competente direzione regionale, e relativamente ai tributi iscritti a ruolo e già consegnati al concessionario del servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, con atto del concessionario su indicazione del direttore dell’ufficio, previo conforme parere della competente dire- zione generale. L’assenso così espresso equivale a sottoscrizione dell’accordo di ristrutturazione.
La transazione fiscale conclusa nell’ambito dell’accordo di ristrutturazione di cui all’articolo 182-bis è revocata di diritto se il debitore non esegue integralmente, entro 90 giorni dalle scadenze previste, i pagamenti dovuti alle Agenzie fiscali ed agli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie.
[21] FABIANI M., La gestione del sovraaindebitamento del debitore “non fallibile” (D.L. 212/2011), in IL CASO.it, cit.
[22] MARINO R. – CARMINATI M., Le soluzioni negoziali della crisi dell’imprenditore agricolo, in Il Fallimento 2012, pag. 633; PANZANI L., Composizione della crisi da sovraindebitamento, in Il nuovo diritto delle società, vol. 10, fasc. 1, pag. 9.
[23] GUITTO A., La nuova procedura per l’insolvenza del soggetto non fallibile: osservazioni in itinere, cit., pag. 21.
[24] MICHELOTTI F., La preparazione alla composizione della crisi nell’attività del professionista, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), cit. pag. 317.
[25] NEGRI G., Consumatori senza concordato, in ILSOLE24ORE del 9-2-12.
[26] NONNO G.M., L’insolvenza civile, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), cit., pag. 85; SOLLINI E., Introdotta la procedura di composizione della crisi da sovraindebitamento, in www. cesiprofessionale.it, del 16-2-12
[27] MICHELOTTI F., La preparazione alla composizione della crisi nell’attività del professionista, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), cit. pag. 325
[28] MICHELOTTI F., La preparazione alla composizione della crisi nell’attività del professionista, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), cit. pag. 326.
[29] CORDOPATRI M., Presupposti di ammissibilità, in Composizione della crisi da sovraindebitamento (a cura di DI MARZIO F. – MACARIO F. – TERRANOVA G.), Giuffrè 2012, 22.
[30] Originariamente il periodo era fissato in tre anni.
[31] Originariamente il periodo era fissato in tre anni. 31 Art. 142 L.F. – Esdebitazione
Il fallito persona fisica è ammesso al beneficio della liberazione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizione che:
1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimento delle operazioni;
2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della procedura;
3) non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48;
4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;
5) non abbia distratto l’attivo o esposto passività insussistenti, cagionato o aggravato il dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari o fatto ricorso abusivo al credito;
6) non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’esercizio dell’attività d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione. Se è in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospende il procedimento fino all’esito di quello penale.
L’esdebitazione non può essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure in parte, i creditori concorsuali.
Restano esclusi dall’esdebitazione:
a) gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da rapporti estranei all’esercizio dell’impresa;
b) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonché le sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debiti
Sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori del debitore e degli obbligati in via di regresso.
[32] NONNO G.M., Il presupposto soggettivo di ammissibilità ed il contenuto del piano, in Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), cit. pag. 82.
[33] FABIANI M., La gestione del sovraaindebitamento del debitore “non fallibile” (D.L. 212/2011), in IL CASO.it, cit.
[34] DI MARZIO F., Sulla composizione negoziale della crisi da sovraindebitamento, (note a margine dell’AC n. 2364) in Diritto Fallimentare 2010, I, pag. 659; NONNO G.M., Il presupposto soggetti- vo di ammissibilità ed il contenuto del piano Sovraindebitamento e usura (a cura di FERRO M.), cit. pag. 87.