Tribunale Amministrativo Regionale LAZIO – Roma, Sezione 2 bis
Sentenza 21 aprile 2017, n. 4890
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso notificato il 26 settembre 2016 e depositato il successivo 10 ottobre 2016, la ricorrente – in qualità di società autrice di “domanda di concordato preventivo” presso il Tribunale di Tivoli – riferisce:
– di aver inoltrato in data 19 luglio 2016 istanza ad Eq. Se. di Ri. s.p.a. per avere accesso a numerose cartelle esattoriali, specificamente indicate, ma che tale istanza, per alcune cartelle, non è stata per nulla riscontrata e, per altre cartelle, è stata riscontrata esclusivamente mediante l’esibizione delle “relate” di notifica, degli “avvisi di ricevimento” e, ancora, delle cartoline di ritorno;
– di essersi rivolta “allo stesso modo” all’Agenzia delle Entrate per visionare e eventualmente estrarre copia degli “atti (avvisi, comunicazioni, verbale, etc.) con le relative relate di notifica o ricevuta delle raccomandate che rappresentano atti prodromici all’iscrizione a ruolo e dai quali sono scaturite le successive cartelle” e che l’Agenzia delle Entrate, con lettera dell’8 settembre 2016, “provvedeva solo parzialmente all’evasione della richiesta”, omettendo ogni ostensione relativamente a numeri identificativi specificamente indicati;
e, pertanto, chiede di accertare l’illegittimità del silenzio rifiuto serbato sulle istanze di accesso presentate e, per l’effetto, di ordinare a Eq. e all’Agenzia delle Entrate, ciascuno per proprio conto e secondo la propria competenza, l’ostensione degli atti e dei documenti richiesti, “consentendo l’estrazione di copia certificata/conforme”.
A sostegno delle sue domande il ricorrente ha lamentato i vizi di violazione e falsa applicazione dell’art. 22 e segg. della l. n. 241/1990 e, ancora, sostenuto la piena ostensibilità dei documenti richiesti.
L’Agenzia delle Entrate si è astenuta dal costituirsi in giudizio.
Con atto depositato in data 27 gennaio 2017 si è, invece, costituita Eq. Se. di Ri. s.p.a., la quale – nel contempo – ha prodotti documenti ed una memoria con cui ha, in via preliminare, eccepito l’insussistenza dei presupposti per l’accesso in ragione del proprio difetto di legittimazione passiva e della carenza di un interesse diretto, concreto ed attuale della ricorrente all’ostensione dei documenti richiesti nonché sostenuto la legittimità del proprio operato.
In medesima data la società ricorrente ha prodotto una memoria con cui – in replica ai rilievi di Eq. – ha insistito sulla propria legittimazione a proporre istanza di accesso agli atti e sulla sussistenza dell’obbligo di Eq. di esibire le cartelle di pagamento.
Alla camera di consiglio dell’1 marzo 2017 la causa è stata trattenuta in decisione.
2. Con l’atto introduttivo del presente giudizio, come anticipato, la ricorrente – dopo avere evidenziato il parziale riscontro reso da Eq. e dall’Agenzia delle Entrate a richieste di ostensione di atti dalla predetta presentate – agisce per l’annullamento del silenzio rifiuto formatosi su tali istanze e, quindi, per chiedere ed ottenere la condanna delle già menzionate Eq. e Agenzia delle Entrate, “ciascuno per proprio conto e secondo la propria competenza”, a consentire la visione e l’estrazione degli atti e dei documenti richiesti.
Al riguardo, Eq. ha opposto il proprio difetto di legittimazione passiva per l’insussistenza di uno specifico obbligo per l’Agente della riscossione di “conservare una copia delle cartelle… stampata e notificata in un unico originale consegnato al contribuente” e, dunque, per il mancato possesso da parte della stessa delle “cartelle richieste” e ha, ancora, addotto che la ricorrente “risulta già in possesso dell’estratto di ruolo e delle copie degli avvisi di ricevimento delle notifiche effettuate”.
Tali argomentazioni non possono essere condivise.
2.1. Rimeditando la posizione espressa in passato dal TAR Lazio (cfr. Sez. III, 29.01.2016 n. 1338), il Collegio ritiene, in primo luogo, di dover riconoscere al ricorrente un interesse diretto, concreto ed attuale all’accesso alle cartelle esattoriali, attribuito, in verità, al contribuente anche in via legislativa, mediante la previsione degli obblighi del concessionario per la riscossione; l’art. 26 del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, in tema di riscossione delle imposte sul reddito, stabilisce, in particolare, che “il concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso del ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”, effettuando, così, direttamente la valutazione sulla sussistenza dell’interesse all’esibizione.
Deve essere parimenti affermata anche la legittimazione passiva di Eq. s.p.a. (pur negata dalla resistente), atteso che la predetta società gestisce, in regime di concessione, il servizio pubblico di riscossione e, perciò, è tenuta a garantire l’accesso a fronte dell’interesse del privato di verificare eventuali illegittimità nell’azione di riscossione.
Deve, poi, aggiungersi che la richiesta del contribuente non può mai essere valutata sotto il profilo della meritevolezza soggettiva da parte del concessionario, obbligato ex lege alla custodia ed all’esibizione, senza che allo stesso residui alcun margine di scelta.
Né vi è equipollenza, attesa la diversità ontologica di forma e contenuto, tra la produzione degli estratti del ruolo e la cartella di pagamento (cfr. C.d.S., Sez. IV, n. 2834 del 9.6.2015; n. 02422/2014) che costituisce “ex se…strumento utile alla tutela giurisdizionale delle ragioni della ricorrente”, cosicchè “la concessionaria non ha… alcuna legittimazione a sindacare le scelte difensive eventualmente operate dal privato” (Cons. Stato Sez. IV, 30 novembre 2009, n. 7486).
Anche le pronunce della Corte di Cassazione che escludono l’onere del concessionario di produrre (in giudizio) copia integrale della cartella – citate dalla difesa di Eq. nella memoria difensiva e nel corso della discussione – risultano, ad un’attenta lettura, riguardare specificamente l’ipotesi, diversa da quella in questione, in cui “la parte destinataria di una cartella di pagamento contesti esclusivamente di averne ricevuto la notificazione e l’agente della riscossione dia prova della regolare esecuzione della stessa” (cfr. Cass.Pen., Sez.II, 23.06.2015 n. 12888; Cass. Civ., Sez.III, 9.06.2016 n. 11794).
Va, infine, evidenziato che a nulla rileva che gli atti in questione risultino già notificati alla ricorrente.
È stato di recente sottolineato (cfr. C.d.S., Sez. IV, 31.3.2015 n. 1705; TAR Campania, Napoli, Sez. VI, 4.02.2016 n. 629) che “le amministrazioni agiscono in via procedimentalizzata e hanno l’onere di conservare copia degli atti inoltrati al privato, che potrebbe non esserne più in possesso per svariate ragioni (disordine, perdita del documento, malconservazione, trasloco, furto etc)…”, ma che “non può essere mutilato nella propria difesa, a cagione di tale accadimento: ritrae dallo stesso una “sanzione” endemica (paga, infatti, il rilascio della copia) ma ha il diritto comunque ad ottenerne copia per difendersi (arg, anche ex Cass. civ. Sez. VI – 5, Ord., 30-07-2013, n. 18252 in punto di necessità per le Amministrazioni di “provare” ciò che hanno comunicato al privato)”.
In ultimo, preme, peraltro, precisare che il Collegio ha avuto modo di soffermarsi diffusamente sulla circostanza afferente il mancato possesso delle cartelle, addotta da Eq., la quale – nel presente giudizio, a differenza di giudizi precedenti – trova anche supporto in una “certificazione” all’uopo prodotta, sicuramente atta a rivelare chiare ed inequivoche difficoltà oggettive per la parte resistente ad adeguarsi al dictum del giudice.
Tale circostanza, però, proprio in quanto il “mancato possesso” opposto da Eq. può essere configurato esclusivamente in termini di effetto e/o risultato di una mera “scelta aziendale della società” (come rilevato in precedenti pronunce – cfr., tra le altre, TAR Lazio, Sez. II bis, n. 8948 del 2016), assunta, tra l’altro, in distonia con le prescrizioni di legge, non può che condurre a sollecitare la pronta attivazione della resistente ad organizzare o, meglio, ad espletare la sua gestione del servizio in stretta aderenza con le disposizioni normative su indicate, istituendo, ad esempio, un apposito ufficio o, ancora, incaricando suoi addetti al precipuo fine di rendere possibile e, dunque, consentire l’accesso agli atti richiesti.
3. Preso, peraltro, atto che la stessa Eq. ha giustificato il mancato possesso di copia delle cartelle richieste con la circostanza che la stampa delle stesse avviene in un unico originale, poi oggetto di notifica al contribuente, e che, dagli atti del giudizio, non sono emerse preclusioni alla stampa di un duplicato di tali cartelle, generato dagli stessi dati del ruolo e con attestazione della sua conformità all’originale o ai dati ivi contenuti, e rilevato, ancora, che l’Agenzia delle Entrate ha mostrato di essere in grado di fornire l’accesso agli atti richiesto dalla ricorrente, atteso il riscontro reso con la nota in data 8 settembre 2016, il quale – seppure riferito soltanto a due delle cartelle esattoriali indicate nell’istanza del 19 luglio 2016 inoltrata dalla ricorrente, senza riportare giustificazione alcuna in ordine alle ulteriori 18 cartelle oggetto di quest’ultima – risulta essere stato ritenuto satisfattivo dall’interessata in ordine alle cartelle ivi richiamate, il ricorso deve, dunque, essere accolto, con conseguente accertamento del diritto della ricorrente all’ostensione dei documenti richiesti, nella forma suddetta.
Per la particolarità della controversia, suscettibile di condurre a contrastanti soluzioni interpretative, sussistono certamente giusti motivi per compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso n. 11015/2016, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, dichiara l’obbligo di Eq. Se. di Ri. S.p.A. e dell’Agenzia delle Entrate, ciascuno per proprio conto e secondo le proprie competenze, così come previste dalla legge e delineate anche in motivazione, di consentire alla ricorrente di prendere visione ed estrarre copia, previo rimborso del costo di riproduzione e dei diritti di ricerca e visura, della documentazione richiesta con le istanze formulate in data 19 luglio 2016 nel termine di 30 (trenta) giorni, decorrente dalla comunicazione o, se a questa anteriore, dalla notificazione della presente decisione, di cui la ricorrente stessa è espressamente onerata.
Compensa le spese di giudizio tra le parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Ritengo che il corretto termine di conservazione sia (minimo) di 10 anni e non di cinque, in quanto per la prevalenza delle cartelle notificate (tributi erariali) il termine di prescrizione è di 10 anni rinnovabili all’ infinito con atti interruttivi della prescrizione.
No, la prescrizione della cartella è di cinque anni.-
Per equitalia è ritenuta per 10 anni e solo in questo caso, quanto lei scrive, può essere esatto.-