Corte d’appello di Roma – Sezione II civile – Sentenza 7 marzo 2017 n. 1516
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE D’APPELLO DI ROMA
SEZIONE SECONDA CIVILE
così composta:
- Edoardo Cofano presidente
- Benedetta Thellung de Courtelary consigliere relatore dr. Patrizia Mannacio consigliere
riunita in camera di consiglio ha pronunciato la seguente SENTENZA
nella causa civile in grado d’appello iscritta al numero 2779 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2010, posta in decisione all’udienza del giorno 10 maggio 2016 e vertente
TRA Ia.Sa.,
con l’avvocato Ci.Sa., elettivamente domiciliato in Roma, Via (…) c/o avvocato Natoli, per procura in atti
PARTE APPELLANTE
Al. S.r.l., Fa.Fa. e Si.Sa., con gli avvocati Ma.Ar. e La.De., elettivamente domiciliati in Roma, piazzale (…), per procura in atti
PARTE APPELLATA
OGGETTO: appello avverso la sentenza n. 230/2009 del Tribunale di Roma, sezione distaccata di Ostia, in materia di risoluzione contrattuale e risarcimento del danno.
FATTO E DIRITTO
1.- Nel giudizio di primo grado Sa.Ia. aveva convenuto in giudizio la Au. SNC deducendo di aver comperato una autovettura usata marca (…) modello (…) reclamizzata un giornale “Po.”. L’autovettura era stata visionata dall’attore in compagnia del proprio meccanico di fiducia solo dall’esterno in quanto il titolare dell’autosalone aveva asserito che, in mancanza di targa di prova e di copertura assicurativa, l’autovettura non poteva circolare. L’autovettura risultava immatricolata nel 1988 ed aveva percorso alla data del 23 gennaio 2003 circa 100.000 km. Il prezzo convenuto era stato pagato nella misura di Euro 500 per il passaggio di proprietà ed il saldo di Euro 1700 in contanti. Il contratto si era quindi perfezionato in tale data previo pagamento delle suddette somme. Nell’occasione l’attore veniva invitato a firmare un modulo prestampato predisposto dal venditore, con il quale l’acquirente dichiarava: di accettare il veicolo nello stato in cui si trovava al momento del ritiro; di trovare la vettura di piena soddisfazione poiché provata con meccanico di fiducia e di sapere che la stessa presentava problemi meccanici. Lo stesso documento infine conteneva anche l’ulteriore falsa dichiarazione che il bene era stato venerato a titolo gratuito e prevedeva la rinuncia da parte dell’acquirente a qualsiasi tipo di garanzia. Ciò nonostante l’attore sottoscriveva il documento e ritirava la autovettura. Percorsi solo pochi kilometri l’automezzo si arrestava e non ripartiva più. Trasportato a mezzo di un carro attrezzi presso un’autofficina di fiducia, veniva riscontrata la rottura delle bronzine. Pertanto l’attore contestava sia oralmente sia a mezzo di telegramma spedito il 29 gennaio 2003 quanto accaduto al venditore, il titolare della autofficina, tornato in possesso dell’autovettura nello stesso giorno del 29 gennaio 2003, proponeva all’attore la restituzione di una parte del complessivo prezzo pagato. Al rifiuto detrattore, seguiva l’instaurazione della lite.
Pertanto l’attore chiedeva, in via principale, di accertare e dichiarare il grave inadempimento della Au. SNC per i fatti di cui sopra e, quindi, dichiarare risolto il contratto di compravendita per fatto e colpa della stessa, e per l’effetto condannare la convenuta alla restituzione in favore dell’attore del prezzo pagato pari ad Euro 2200 oltre al risarcimento dei danni 1) patrimoniali, come sopra specificati, per Euro 971 nonché gli ulteriori danni che si quantifica erano in corso di causa; 2) non patrimoniali quantificati in non meno di Euro 10.000 o quella somma maggiore e/o minore che si riterrà di giustizia anche in via equitativa il tutto aumentato dagli interessi legali ed alla rivalutazione monetaria. In subordine, chiedeva l’annullamento del contratto per vizio del consenso, la restituzione del prezzo pagato ed il risarcimento del danno come sopra specificato. In via ulteriormente gradata chiedeva la riduzione del prezzo stabilito nel contratto di compravendita nella misura dell’80% e per l’effetto condannare la convenuta a restituire la maggior somma corrisposta pari ad Euro 1760, oltre alla restituzione del fuoristrada e al risarcimento del danno come sopra specificato.
Intervenivano volontariamente Fa.Fa. e Sa.Si., titolari della Au. s.n.c., nonché la società, e resistevano alla domanda chiedendo la condanna dell’attore ai sensi dell’articolo 96 c.p.c.
Espletata l’istruttoria a mezzo di prova orale, il Tribunale tratteneva la causa in decisione.
2.- All’esito del giudizio il tribunale ha rigettato le domande proposte dall’attore condannando il medesimo al risarcimento del danno da lite temeraria nei confronti delle parti convenute ed intervenute nella misura di Euro 5000 e condannando altresì l’attore al rimborso in favore della parte resistente delle spese di lite liquidate in complessivi Euro 3000.
A fondamento della decisione il primo giudice ha svolto le considerazioni che seguono:
-andava applicato, nel caso in questione, l’articolo 1490 c.c. e, in particolare, il secondo comma riguardante i patti di esclusione o limitazione della responsabilità del venditore;
-il compratore aveva l’onere di provare che la cosa venduta presentava un difetto che preesisteva al momento della vendita. In proposito nessuna prova aveva offerto il venditore;
-la giurisprudenza anche di merito aveva confermato l’idoneità della clausola “visto e piaciuto” ad esonerare il venditore dall’obbligo di garanzia anche in caso di vendita di cose usate;
-nel caso di specie era stato prodotto dalla parte convenuta un documento con il quale l’attore dichiarava di accettare l’autovettura usata nello stato in cui si trovava al momento del ritiro, trovandola di piena soddisfazione avendo provato la stessa con un meccanico di fiducia e sapendo che la vettura presentava problemi meccanici;
-peraltro nel caso in questione era applicabile anche la disciplina dettata dagli articoli 1519 bis e seguenti relativa alla vendita di beni mobili e valevole anche per la vendita di auto usate;
-nel caso in questione si era in presenza di un acquisto di una autovettura presso un autosalone dell’usato di seconda marca, avente per oggetto una vettura di non recente immatricolazione, di modello non più in produzione e quindi senz’altro superato, con chilometraggio superiore ai 100.000 km, ad un prezzo notevolmente inferiore a quello di un modello nuovo, di pari categoria;
-pertanto detti elementi non potevano non indurre ad un’applicazione assai meno rigorosa dei principi in materia di garanzia per vizi del bene compra venduta;
-non si ravvisava una fattispecie di dolo contrattuale, in totale carenza di prova riguardo;
-andava invece inflitta all’attore la condanna ex articolo 96 c.p.c. risultando sussistenti i requisiti oggettivi e soggettivi, potendo altresì il giudice liquidare equitativamente tale danno, in questo caso da commisurarsi all’ingiusta sottoposizione all’azione penale su querela dell’attore delle parti convenute.
3.- Ha proposto appello Sa.Ia. ed ha chiesto, in riforma dell’impugnata sentenza, l’accoglimento delle conclusioni già spiegate in primo grado.
Au. S.r.l., Fa.Fa. e Si.Sa. hanno resistito all’impugnazione e ne hanno chiesto il rigetto, con il favore delle spese.
L’appello è stato posto in decisione all’udienza del giorno 10 maggio 2016 e successivamente deciso allo spirare dei termini per il deposito di conclusionali e repliche.
4.- L’appello contiene i seguenti motivi:
– il primo giudice aveva fondato la decisione sulla scrittura contenente l’esclusione della garanzia da considerarsi vessatoria, perché non approvata specificamente per iscritto ed oltretutto contenente la falsa dichiarazione che l’acquisto era stato realizzato a titolo gratuito, non avendo gli appellati neppure contestato che il prezzo indicato in citazione era stato pagato. Inoltre i problemi meccanici indicati nel suddetto documento erano descritti in modo del tutto generico, rendendo, pertanto, nulla l’esclusione della garanzia in proposito;
-il tribunale aveva sostenuto che il diritto di garanzia doveva applicarsi con minor rigore trattandosi di autovettura usata; tuttavia l’attore non aveva lamentato un piccolo guasto verificatosi a distanza di mesi dall’acquisto, bensì la rottura del motore verificatasi a poche ore di distanza dall’acquisto e, quindi, la non idoneità all’uso del bene acquistato;
-inoltre la disciplina codicistica in materia di contratti conclusi dai consumatori citata dal giudice era stata erroneamente interpretata, disponendo, al contrario, la stessa che nel caso di beni usati le parti possono limitare la durata della responsabilità ad un periodo di tempo in ogni caso non inferiore ad un anno ed altresì che i difetti di conformità che si manifestano entro sei mesi dalla consegna del bene si presumono esistenti già a tale data;
-erroneo, inoltre, doveva ritenersi in riferimento all’articolo 1490 secondo comma e 1491 c.c., versandosi in ipotesi di vizio occulto;
-la motivazione circa l’insussistenza del dolo contrattuale del venditore doveva ritenersi insufficiente;
-errata, insufficiente e illogica motivazione in ordine alla condanna per lite temeraria, avendo fondato il primo giudice la decisione sulla base della denuncia presentata dall’attore in sede penale e, dunque, in relazione a fatti estranei al processo.
5.- L’appello è fondato.
La Suprema Corte ha affermato il seguente principio in tema di clausola “visto e piaciuto”;
“In tema di compravendita, la clausola contrattuale “vista e piaciuta”, che ha lo scopo di accertare consensualmente la presa visione, ad opera del compratore, della cosa venduta, esonera il venditore dalla garanzia per i vizi di quest’ultima limitatamente a quelli riconoscibili con la normale diligenza e non taciuti in mala fede, sicché, anche in considerazione dei principi fondamentali della buona fede e dell’equità del sinallagma contrattuale, essa non può riferirsi ai vizi occulti emersi dopo i normali controlli eseguiti anteriormente l’acquisto. (Nella specie, la S. C. ha cassato la sentenza impugnata che aveva ritenuto che nella vendita di auto usate la clausola suddetta esonerasse il venditore dalla garanzia per i vizi occulti dell’auto oggetto del contratto)” Cass. n. 21204 del 19/10/2016
Nel caso in questione, il vizio che ha determinato l’arresto dell’autovettura era costituito dalla rottura delle bronzine, che aveva causato la fusione del motore. In proposito, l’evento risulta comprovato, seppure indirettamente, dalla dalle dichiarazioni del teste Ca., meccanico e non risulta neppure contestato dagli appellati.
Né può nutrirsi alcun dubbio circa il verificarsi della rottura in un periodo di tempo immediatamente successivo alla consegna del bene avvenuta il 23 gennaio 2003, avuto riguardo ai documenti di soccorso stradale del 25 gennaio 2003 e del 27 gennaio 2003.
Orbene, è evidente che la rottura delle bronzine non può considerarsi vizio verificabile al momento dell’acquisto dell’autovettura stessa e, per ciò stesso, coperto dalla garanzia “visto e piaciuto”, ma, al contrario, deve considerarsi un tipico vizio di natura occulta.
Ne deriva che l’esclusione della garanzia sottoscritta dall’attore, al di là dei profili di invalidità contestati nell’impugnazione, non esonera la società venditrice dalla garanzia, pur tenuto conto della vetustà dell’autovettura oggetto di compravendita e della presenza di problemi di tipo meccanico evidentemente riscontrati dalle parti nel momento dell’acquisto, problemi, peraltro, diversi da quello che ha poi causato la rottura del motore, dal momento che è pacifico che l’autovettura era stata consegnata all’attore funzionante e che il guasto si era verificato dopo che l’attore aveva percorso alcuni km sulla strada di ritorno verso casa.
Ciò posto, deve osservarsi che la stessa normativa richiamata dal primo giudice, ratione temporis applicabile al caso in questione, ossia gli articoli 1519 bis e seguenti c.c. in tema di vendita di beni di consumo, pacificamente riguardante pure i beni usati in virtù di quanto previsto dal secondo comma dell’articolo 1519 octies c.c., prevede, all’articolo 1519 quater che in caso di difetto di conformità, il consumatore ha diritto al ripristino, senza spese, della conformità del bene mediante riparazione o sostituzione ovvero ad una riduzione adeguata del prezzo o alla risoluzione del contratto. Il consumatore può richiedere a sua scelta, una congrua riduzione del prezzo o la risoluzione del contratto ove ricorra una delle seguenti situazioni:
a)la riparazione e la sostituzione sono impossibili o eccessivamente onerose;
b)il venditore non abbia provveduto alla riparazione o alla sostituzione del bene entro il termine congruo di cui al comma sesto.
Nel caso in questione, risulta dal telegramma del 29 gennaio 2003 in data 29 gennaio 2003 che l’attore aveva chiesto alla società convenuta o di risolvere il contratto oppure di provvedere a sanare i vizi per rendere l’autovettura funzionante. Non risulta, tuttavia, che la società convenuta abbia proceduto alle necessarie riparazioni, con la conseguenza che l’unica azione rimasta a disposizione dell’attore è rappresentata dalla risoluzione del contratto, considerata anche la antieconomicità della sostituzione del motore rispetto al valore dell’autovettura.
Né, infine, può eccepirsi la mancata prova, da parte dell’attore, della preesistenza del vizio rispetto alla vendita: anche in questo caso, soccorre la normativa richiamata, laddove, all’articolo 1519 sexies terzo comma c.c., si prevede che, salvo prova contraria, si presume che i difetti di conformità che si manifestino entro sei mesi dalla consegna del bene esistessero già a tale data, a meno che tale ipotesi sia incompatibile con la natura del bene o con la natura del difetto di conformità. Nel caso in questione, in assenza di prova contraria da parte della società convenuta, il vizio di conformità si è manifestato poco dopo la consegna e deve ritenersi pienamente compatibile con il difetto di conformità.
Pertanto, in accoglimento dell’appello, deve dichiararsi la risoluzione del contratto di compravendita dell’autovettura stipulato dalle parti il 23 gennaio 2003. Alla pronuncia segue la restituzione in favore dell’attore delle somme versate a titolo di prezzo pari a Euro 2200, (di cui 500 versate a titolo di trasferimento della proprietà di cui al documento 2 ed Euro 1700 in contanti non contestate dalla convenuta) nonché al risarcimento del danno per le spese sostenute per il traino in officina in data 25 gennaio 2003 (documento 4), nonché per il
traino del 27 gennaio 2003 dalla prima autofficina alla concessionaria Au. (documento 5). In proposito risultano documentate spese per Euro 50, mentre non risulta documentata la spesa di Euro 750 per l’assicurazione.
Sulla somma di Euro 50, trattandosi di debito di valore a titolo di risarcimento del danno, sono dovuti interessi legali sulla somma via via rivalutata secondo il seguente calcolo:
Omissis
Indice alla Decorrenza: 119,6
Indice alla Scadenza: 100,3
Raccordo Indici: 1,47
Coefficiente di Rivalutazione: 1,233
Totale Rivalutazione: Euro 11,65
Capitale Rivalutato: Euro 61,65
Totale Colonna Giorni: 5087
Totale Interessi: Euro 15,73
Rivalutazione + Interessi: Euro 27,38 Capitale Rivalutato + Interessi: Euro 77,38
Non può invece essere accolta la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale avanzata dall’attore, in difetto assoluto di allegazione e prova in relazione sia all’an che al quantum, e non risultando neppure esplicitati i criteri attraverso i quali la Corte dovrebbe pervenire ad una valutazione equitativa.
Per effetto della totale riforma della sentenza impugnata, vanno diversamente allocate le spese di primo grado, da porsi a carico delle parti appellate rimaste soccombenti, nella misura che sarà indicata in dispositivo.
6.- Le spese del grado seguono la soccombenza delle parti appellate. Esse si liquidano, avuto riguardo al valore della causa, ai sensi del Decreto Ministeriale 55/14 nella misura di Euro 510 per la fase di studio, Euro 510 per la fase introduttiva ed Euro 810 per la fase decisionale.
PER QUESTI MOTIVI
definitivamente pronunciando sull’appello proposto da Ia.Sa. nei confronti di Au. S.r.l., Fa.Fa. e Si.Sa. contro la sentenza resa tra le parti dal tribunale di Roma sezione distaccata di Ostia, ogni altra conclusione disattesa, così provvede:
1.- accoglie l’appello e per l’effetto, in totale riforma della sentenza impugnata, dichiara la risoluzione del contratto di compravendita dell’autovettura intercorso tra le parti e condanna la società Au. S.r.l. alla restituzione in favore di Ia.Sa. della somma di Euro 2200 con interessi legali dalla domanda al saldo ed al risarcimento del danno nella misura di Euro 77,38 con interessi legali dalla pronuncia al saldo;
2.- condanna le parti appellate, in favore della parte appellante, delle spese sostenute per il primo grado del giudizio, liquidate in complessivi Euro 3000, di cui Euro 250 per esborsi ed Euro 1250 per diritti, oltre a spese generali, Iva e cpa;
3.- condanna le parti appellate al rimborso, in favore della parte appellante, delle spese sostenute per questo grado del giudizio, liquidate nella misura di Euro 510 per la fase di studio, Euro 510 per la fase introduttiva ed Euro 810 per la fase decisionale, Euro 200 per esborsi, oltre a spese generali, Iva e cpa.
Così deciso in Roma il 31 gennaio 2017. Depositata in Cancelleria il 7 marzo 2017.
Fa sempre piacere leggere dell’argomento ma a mio avviso il post contiene delle imprecisioni: la garanzia legale di conformità prevista dal Codice del Consumo non equipara il veicolo usato al nuovo. Pertanto, non si può dire che tutti i difetti di funzionamento del mezzo sono coperti dalla suddetta tutela, in quanto la stessa prevede una forte salvaguardia del consumatore solo nel caso in cui il difetto rilevato sia configurabile quale difformità del bene venduto al contratto di vendita, come alla pubblicità o a quanto dichiarato in trattativa. Quindi è giusto dire che tutti i difetti di funzionamento possono genericamente essere chiamati guasti ma non tutti i guasti possono essere considerati difetti di conformità. Un guasto imprevedibile, dovuto al normale utilizzo, ad un cedimento strutturale o alla normale usura e non configurabile per la sua natura presente o riconducibile al momento della vendita, resta a carico del consumatore. Se la garanzia fosse pari al nuovo, quasi certamente nessuno venderebbe più l’usato.
Grazie, a presto!
Resta a carico del consumatore ciò ch’è richiede manutenzione e o sostituzione periodica.
Se un concessionario vende automobili, lo stesso è tenuto ad eseguire una scrupolosa indagine sul mezzo che metterà in vendita con annesse parole convincenti per far acquistare quel mezzo.
Il problema si pone successivamente, quando lo stesso mezzo si rompe a pochi km dall’ acquisto. Ecco, se il venditore, invece di affidarsi alla speranza e al fato avesse eseguito le verifiche scrupolose, allora quel mezzo sarebbe ancora circolante, oppure, se le riparazioni fossero troppo onerose, probabilmente sarebbe da rottamare.
Secondo un punto di vista umano, una prassi onesta per vendere un mezzo è la seguente:
Fattibilità di una verifica scrupolosa:
Verifica scrupolosa del mezzo (costo 1000/2000 euro)
Riparo il mezzo e lo metto in vendita a tot + i 1000/2000 di verifica scrupolosa.
Risultato? Dormo la notte io ed il cliente è felice.
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Non fattibilità di una verifica scrupolosa: (il mezzo è visivamente in condizioni disastrose)
Non posso permettermi di buttar via soldi e non voglio truffare nessuno.
Risultato? Dormo la notte e sto in pace con la mia coscienza.
si parla genericamente di garanzia dell’usato ma non è chiaro se vale anche da privato a privato oltre ai concessionari.
Grazie
il Certificato di Conformità acquistando un’auto usata; il rivenditore è obbligato a compilarla oppure è una sua scelta o un ipotetico “dovere”. Il documento tutela sia il venditore che l’acquirente e, in caso di difetti riscontrati dopo l’acquisto, il venditore ne risponde entro 12 mesi, se questo difetto non era elencato nell’attestato di conformità? Questo anche se la garanzia è offerta da una società esterna non facente parte del concessionario o rivenditore. In questi casi dove sta la “linea di confine” ?
Grazie
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