Precari e stabilizzazione: gli sviluppi della Corte Europea


Secondo la Corte Europea del tutto insufficienti potrebbero rivelarsi i rimedi elaborati dai giudici italiani a fronte dei danni subiti dai precari pubblici
La Pubblica Amministrazione non può ricorrere al rinnovo dei contratti a tempo determinato per oltre 36 mesi. Al contrario si creerebbe per il dipendente una illegittima situazione di precariato vietata non solo dalla legge italiana, ma soprattutto da quella dell’Unione Europea [1].
Ed infatti, molte volte i giudici europei hanno “bocciato” le norme italiane in tema di pubblico impiego.
Al riguardo, la Corte di Cassazione [2] ha stabilito che il dipendente pubblico, vittima di un’abusiva reiterazione di contratti a termine, ha diritto ad un risarcimento del danno da quantificarsi tra le 2,5 e le 12 mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto.
Ebbene, secondo la Corte di Giustizia dell’Unione Europea il rimedio elaborato dalla Corte di Cassazione sarebbe inadeguato: detto risarcimento forfettario potrebbe rivelarsi del tutto insufficiente, in quanto sproporzionato a fronte dei danni effettivamente subiti dal personale precario.
Ed infatti, proprio qualche giorno fa (in data 13 luglio 2017) a Lussemburgo si è tenuta un’udienza di discussione concernente la tematica del precariato dei dipendenti pubblici italiani.
La questione affrontata dai giudici europei concerne la vicenda di una donna che per anni ha prestato la propria attività lavorativa nel settore pubblico, alle dipendenze di un’amministrazione Comunale (il Comune di Valderice). Più precisamente la donna era stata assunta sin dal 1996 come Lavoratrice socialmente utile (L.S.U.), dal 2005 con contratto di collaborazione coordinata e continuativa (Co.co.co.) ed, infine, con più contratti a tempo determinato successivi con scadenza il 31 dicembre 2016.
Evidente quindi che la donna abbia subito per anni un’illegittima precarizzazione del proprio rapporto di lavoro. Detta situazione di illegittimità non è sfuggita al Tribunale di Trapani al quale la donna si era rivolta per far valere i propri diritti. In sostanza, secondo il Tribunale di Trapani, posto che la donna ha subito per oltre venti anni un’abusiva situazione di precariato, del tutto insufficiente si rivelerebbe l’indennità quantificata tra le 2,5 e 12 mensilità. Alla donna, di contro, dovrebbe essere riconosciuto il diritto alla stabilizzazione e/o comunque un risarcimento molto superiore il cui valore dovrebbe per lo meno eguagliare il valore economico del posto di lavoro per troppo tempo negatole.
Ciò posto, detto Tribunale, schieratosi dalla parte della lavoratrice ha rimesso – con apposita ordinanza [3] – la questione ai giudici europei.
Nel corso dell’udienza tenutasi qualche giorno fa, anche i giudici dell’Unione Europea hanno manifestato forti perplessità sul limite dei 12 mesi quale ristoro nei confronti di lavoratori che, invece, hanno visto calpestati i propri diritti per molti (troppi) anni. La Commissione europea, infatti, ha osservato che l’attuale situazione di precariato che caratterizza il pubblico impiego in Italia è in evidente contrasto con i principi di proporzionalità e di equivalenza di matrice europea e, a fronte di tali illegittimità, l’indennità forfettaria compresa tra 2,5 e 12 mensilità non sarebbe affatto una misura congrua, soprattutto se rapportata ai rimedi che, in situazioni analoghe, sono previsti nel rapporto di lavoro privato. Detta indennità forfettaria, invero, dovrebbe essere considerata un punto di partenza e non un punto di arrivo se si vuole garantire una tutela adeguata e proporzionata al danno in concreto subito da questi lavoratori.
Gli scenari che si stanno già aprendo e si potrebbero ulteriormente aprire attraverso le espressioni della Corte Europea sono fortemente favorevoli ai lavoratori precari che per anni si sono visti assumere e licenziare ben oltre i limiti imposti dalla stessa Unione Europea.
Prima ancora che arrivi l’orientamento dei giudici transnazionali – dati alla mano – oggi sono migliaia le domande risarcitorie riconosciute dai Tribunali italiani che vedono il Miur condannato a risarcire ogni dipendente.
Se la Corte Europea dovesse aprire la strada all’indennità risarcitoria nella misura suggerita e ritenuta equa dalla Commissione Europea, le somme dovute ai precari italiani (si parla di cifre sino a 50.000 – 60.000 € per ogni precario) andrebbero a determinare esborsi economici insostenibili per il bilancio pubblico, con la conseguenza che si renderebbe forse più conveniente per lo Stato italiano una stabilizzazione.
Lo scopriremo presto: basterà attendere la pubblicazione del pronunciamento della Corte di Giustizia per avere una soluzione definitiva.
note
[1] Direttiva 1999/70/CE del 28.06.1999.
[2] Cass. SS. UU. sentenza n. 5072 del 15.03.2016 (Conforme, ex multibus, Cass. sentenza n. 14633 del 18.07.2016).
[3] Trib. Trapani, ordinanza del 05.09.2016.