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Referendum indipendenza Catalogna: perché è illegale

21 Settembre 2017 | Autore:
Referendum indipendenza Catalogna: perché è illegale

Il governo regionale di Barcellona non ha competenze per convocarlo, quindi il referendum non è legale. Ecco cosa può succedere dopo il 1 ottobre.

Ha fatto scalpore nel mondo il clima che si registra in Catalogna a pochi giorni dal referendum che chiede l’indipendenza della regione dalla Spagna. Gli arresti di alcuni politici nazionalisti che sostengono la consultazione del 1 ottobre potrebbero far pensare ad un’azione degna da un qualsiasi esercito dittatoriale. Eppure, in uno Stato di diritto come lo è la Spagna, quando le regole non vengono rispettate l’intervento delle forze dell’ordine è inevitabile.

Serpeggia da tempo la stessa domanda: perché il referendum della Catalogna è illegale?

La Catalogna può indire un referendum secessionista?

No. Come regione autonoma (lo sono tutte le regioni spagnole dopo l’entrata in vigore della Costituzione del 1978), la Catalogna ha competenze sulla sanità pubblica, sull’istruzione, ha perfino una propria polizia (i Mossos d’Esquadra di cui abbiamo sentito parlare recentemente dopo il tragico attentato a Barcellona). Ma non ha il potere di convocare ufficialmente un referendum secessionista come quello indetto per il 1 ottobre. Così è stato confermato dalla Corte Costituzionale spagnola (il Tribunal Constitucional).

Chi ha convocato il referendum in Catalogna ha commesso reato?

Sì. Per i motivi sopraelencati, il presidente del governo regionale della Catalogna, Carles Puigdemont, ha scavalcato la legge ed ha convocato in modo illegale un referendum per l’indipendenza della Regione. Ecco perché la Guardia Civil (la polizia militare spagnola) ha arrestato un gruppo di promotori della consultazione ed ha sequestrato centinaia di migliaia di schede, per far rispettare la legge.

Il referendum della Catalogna, diversamente da quanto dicono i loro promotori, non mira a difendere la democrazia ma a violare in modo unilaterale quanto contenuto nella Costituzione spagnola in tema di unità del Paese.

L’intervento della Guardia Civil, che ha, di fatto, bloccato il cuore pulsante del referendum arrestando una parte importante dei suoi promotori, si inquadra, dunque, in questo contesto: la difesa dello Stato di diritto contro chi, pur con legittime aspirazioni, viola la legge.

E’ vero che in Catalogna è stato dichiarato lo stato di eccezione?

No. Dopo l’intervento della Guardia Civil, l’autonomia della Catalogna, come quella delle altre regioni, è rimasta intatta. Quindi è stata rispettata la Costituzione. I diritti dei cittadini non sono stati lesi, quindi non è corretto quello che afferma il presidente catalano Puigdemont quando dice che è stato proclamato lo stato d’eccezione. Non è stato applicato, infatti, l’articolo 155 della Costituzione spagnola – che consentirebbe a Madrid di «commissariare» la Regione) e nemmeno è stata introdotta la Legge di sicurezza nazionale che consegnerebbe al Governo centrale di assumere il comando di tutte le forze dell’ordine. A prova di tutto ciò, la possibilità che hanno avuto decine di migliaia di cittadini di manifestare liberamente per l’indipendenza della Catalogna.

Peraltro, non è nemmeno esatto affermare, come ha fatto il leader catalano, che l’operazione della Guardia Civil sia stata «un’aggressione da parte dello Stato repressore». L’intervento dei militari è stato ordinato da un tribunale di Barcellona da parte di un giudice catalano. La Guardia Civil ha eseguito l’ordine in qualità di Polizia giudiziaria.

Risulta perfino sgradevole sentir parlare alle autorità catalane della Spagna come di uno Stato «repressore e autoritario». Soprattutto dopo che, ad agosto, il Re Felipe VI ed il presidente del Governo, Mariano Rajoy, erano in prima fila a Barcellona per condannare l’attentato dell’Isis a Las Ramblas, per offrire solidarietà e appoggio e per lanciare messaggi di unità. Felipe e Rajoy furono fischiati. Non è la prima volta che succedeva: accade ad ogni finale di Coppa del Re di calcio quando, prima, della partita suona l’inno spagnolo ed il rumore dei fischi dei tifosi catalani diventa assordante. Mentre sul campo ci sono giocatori che invitano alla secessione ma che con la Nazionale spagnola hanno guadagnato centinaia di migliaia di euro in premi senza battere ciglio.

Quali sarebbero le conseguenze del referendum della Catalogna?

Legge alla mano, il referendum della Catalogna, oltre che – come abbiamo visto – illecito è pure inutile. Non avendo alcun valore legale, se anche la consultazione si tenesse e vincesse il «sì» non ci potrebbe essere, di fatto, la secessione. Resterebbe un puro sondaggio organizzato con soldi pubblici.

Un precedente c’è stato nel 2014, quando l’allora presidente catalano Artur Màs, convocò un referendum simile per conoscere la volontà dei cittadini circa la possibilità di staccarsi dalla Spagna. Vinse il «sì» con abbondante scarto (l’appoggio all’indipendenza ottenne l’81% dei consensi). Ma non cambiò nulla.

Nella remota (ad oggi impossibile) ipotesi di una secessione, la Catalogna resterebbe fuori da tutte le istituzioni internazionali politiche. L’Unione europea ha già avvertito Barcellona del fatto che, se la Catalogna si stacca dalla Spagna, resterà fuori dall’Ue. Lo stesso dovrebbe succedere con la Nato, l’Onu e gli altri organismi.

Persino il mondo dello sport potrebbe risentire dell’indipendenza della Catalogna. Come squadra facente capo di un altro Stato, il Barcellona non potrebbe più giocare nella Liga di calcio spagnola (nonostante affermi il contrario) così come resterebbe fuori l’altra squadra catalana di serie A, l’Espanyol. Inoltre, bisognerebbe vedere la posizione di Uefa (per Champions ed Europa League) e Fifa (per quanto riguarda la nazionale catalana). Insomma, se si vuole camminare da soli lo si fa con tutte le conseguenze e ripartendo da zero.



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