L’inno di Mameli a scuola è ora legge


Per promuovere il nazionalismo e il senso di coesione nazionale, è stata approvata ieri dal Senato la legge che impone d’ora innanzi, in tutte le scuole italiane, l’insegnamento dell’Inno di Mameli.
È stata approvata ieri dal Senato la legge che impone d’ora innanzi, in tutte le scuole, l’obbligo di insegnamento dell’Inno di Mameli e istituisce la “Giornata dell’Unità della Costituzione, dell’Inno e della Bandiera”, prevista per ogni 17 marzo.
Lo scopo della legge – per come è agevole comprendere – mira a promuovere i valori di cittadinanza e a consolidare l’identità nazionale, attraverso l’insegnamento del senso di appartenenza civica.
Il provvedimento prevede, inoltre, che, nell’anno scolastico 2012-2013, siano organizzati, nelle scuole di ogni ordine e grado, percorsi didattici e iniziative per informare sul significato del Risorgimento e sulle vicende che hanno condotto all’Unità nazionale e all’approvazione della Costituzione.
Si tratterà anche di “forma”, ma evidentemente questa forma fa ancora bene a un’Italia ormai scollata dal proprio passato; un’Italia che, anzi, si arroga il lusso di criticare gli altri Paesi troppo “nazionalisti”. Del resto, se è vero che un’iniziativa del genere ha trovato l’espresso dissenso di un intero partito – la Lega – e che questo partito ha prima apertamente contestato la legge e poi si è astenuto dalla votazione – circostanza che in un altro Stato avrebbe generato scandalo e disgusto – è allora anche vero che una larga fetta di italiani (quelli rappresentati da questi uomini) non ama sentirsi chiamare “italiani”.
Ed è forse proprio questo la causa e non l’effetto: l’assenza di identità, di uno spirito sociale coeso e unitario, fa poi sì che ogni connazionale, alla fine della giornata, si preoccupi del proprio piatto e non della padella da cui i piatti vengono comunque riempiti.
È vero quello che scriveva Theodor Herzl: “Con una bandiera si può portare la gente dove si vuole”. E invece la nostra bandiera nazionale reca solo una grande scritta “Ho famiglia”.
Gentile Avvocato,
sebbene un certo spirito patriottico non guasti nel paese dei voltagabbana, ritengo questo provvedimento l’ennesima presa per i fondelli in quanto l’unità nazionale, se ho ben inteso tanto il testo del Suo scritto quanto le ragioni a monte che vengono in esso descritte, episodi di aperto dissenso già citati o la non applicazione de facto già del primo articolo della Costituzione Italiana, a mio avviso, rende completamente inutile qualsiasi attività di divulgazione ed approfondimento dei temi previsti.
In tal caso, potrebbe un cittadino, seppur giovane e magari inconsapevole della storia che lo ha generato, astenersi da queste pratiche? Correrebbe dei rischi? Se si, quali?
A me sembra un’ora di religione, chiamata in un altro modo e sono memore di ore di religione fatte a scuola dai tanto declamati “professori di un tempo” che non invitavano nè alla riflessione personale nè alla riflessione morale nè tantomeno a quella spirituale (per chi ci crede)-
La risposta è già nel suo commento: la differenza la fanno i professori.