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Controlli Agenzia entrate: la data certa alla scrittura privata basta?

4 Novembre 2017
Controlli Agenzia entrate: la data certa alla scrittura privata basta?

Per dimostrare all’Agenzia delle entrate la provenienza di soldi ed evitare che mi contestino di aver conseguito un reddito non dichiarato devo registrare la scrittura privata o basta la data certa? Ho spedisco con raccomandata senza busta (plico piegato su sé stesso) un contratto di mutuo siglato tra me e mio fratello. L’ho spedita all’indirizzo mio senza poi aprire la busta per lasciare il timbro postale di congiunzione.

Il procedimento eseguito dal lettore per l’apposizione della data certa è corretto e, in future (quanto improbabili) controversie, proverà il momento in cui il contratto di mutuo è stato stipulato.

Diversa è la questione (di natura fiscale) relativa all’obbligo di registrazione in “termine fisso”, entro venti giorni dalla data dell’atto, con l’aliquota del 3% per gli atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale.

Questa clausola onnicomprensiva di chiusura, racchiude tutti i contratti aventi ad oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale (per l’appunto, la restituzione del denaro mutuato). L’aliquota del 3% prevista dalla legge dovrà essere calcolata sulla base imponibile che è data dall’ammontare della somma mutuata. Tuttavia, nel caso in cui il contratto di mutuo infruttifero in oggetto fosse stipulato per corrispondenza, la registrazione del prestito andrebbe effettuata solo in caso d’uso  e, cioè, in caso di deposito dell’atto:

  • presso una cancelleria giudiziaria, nell’esplicazione di attività amministrative;
  • presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un obbligo nei confronti delle suddette amministrazioni, o sia obbligatorio per legge o regolamento.

La dottrina, nel cercare di sopperire alla carenza di definizioni normative, ha enucleato il concetto di “corrispondenza” facendo riferimento ad ogni forma di scrittura privata unilaterale che, incrociandosi con un’analoga scrittura proveniente dalla controparte, realizzi l’accordo contrattuale. La medesima dottrina, inoltre, ha posto in evidenza come, per potersi trattare di corrispondenza, è necessario che sul medesimo documento non sussistano le sottoscrizioni di entrambe le parti. In pratica perché si abbia corrispondenza e non scrittura privata non autenticata è necessario che il proponente invii la proposta richiedendo alla controparte di restituirgli una copia firmata per accettazione. Viceversa, il contratto di mutuo in oggetto dovrebbe rientrare tra gli atti diversi da quelli altrove indicati aventi per oggetto prestazioni a contenuto patrimoniale: 3%. Pertanto, nel caso del lettore, se l’atto è sorto per corrispondenza – così come intesa dalla dottrina prevalente sopra riportata e, cioè, con invio di copia unilateralmente firmata e successivo inoltro di copia firmata per accettazione dall’altro contraente – l’eventuale obbligo di registrazione sorgerà nel momento in cui vorrà utilizzare l’atto ai fini amministrativi; e, fino a quel momento, il lettore non avrà alcun obbligo nei confronti dell’Agenzia delle entrate. Se, al contrario, l’atto non si è formato in quel senso, questo sarà considerato dalla legge come una mera scrittura privata non autenticata – dovendo sottostare alla registrazione in termine fisso. In quest’ultimo caso, quello che si può consigliare – trattandosi di familiari – è di stipulare un nuovo contratto di mutuo per corrispondenza, stralciando il precedente, in modo tale da evitare, almeno in un primo momento, la registrazione obbligatoria e a termine fisso dell’atto il cui onere, viceversa, sorgerebbe solo in caso d’uso amministrativo dello stesso.

Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Salvatore Cirilla



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