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Bando vinto ma non sono stato assunto: che fare?

25 Novembre 2017
Bando vinto ma non sono stato assunto: che fare?

Il ministero dei Beni culturali ha indetto un bando per direttore generale. Sono risultato unico candidato idoneo ma non sono mai stato assunto. Che devo fare? Ricorso?

L’atto di approvazione di una graduatoria può considerarsi, dal punto di vista giuridico, duplice. Da un lato, infatti, esso è un atto amministrativo conclusivo di un procedimento e, in quanto tale, può essere revocato da parte dell’amministrazione in alcuni casi tassativi: per sopravvenuti motivi di pubblico interesse ovvero nel caso di mutamento detta situazione di fatto non prevedibile al momento dell’adozione del provvedimento o di nuova valutazione dell’interesse pubblico originario. Se la revoca comporta pregiudizi in danno dei soggetti direttamente interessati, l’amministrazione ha l’obbligo di provvedere al loro indennizzo. Oltre ad essere classificabile come atto amministrativo, l’atto di approvazione di una graduatoria è anche un atto negoziale di carattere privato, perché individua il futuro contraente, ossia il soggetto che, all’esito del concorso, concluderà un contratto di lavoro con l’amministrazione. Tale duplice natura dell’atto conclusivo del concorso pubblico è stata riconosciuta anche dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, la quale la evidenziato come in materia di lavoro pubblico contrattualizzato, al bando di concorso per l’assunzione di nuovo personale va riconosciuta la duplice natura giuridica di provvedimento amministrativo, quale atto del procedimento di evidenza pubblica, del quale regola il successivo svolgimento, e di atto negoziale, in quanto proposta al pubblico sia pure condizionata all’espletamento della procedura concorsuale e all’approvazione della graduatoria; analoga duplicità presenta l’atto di approvazione della graduatoria, che costituisce, ad un tempo, il provvedimento terminale del procedimento concorsuate e l’atto, negoziale, di individuazione del futuro contraente, da cui discende il diritto all’assunzione del partecipante collocato in posizione utile in graduatoria e il correlato obbligo dell’amministrazione. ne consegue che, in caso di mancata assunzione, va riconosciuto il diritto al risarcimento dei danni, salvo che l’ente pubblico dimostri che l’inadempimento o il ritardo è stato determinato da impossibilità della prestazione derivante da causa ad esso non imputabile, dovendosi escludere che l’onere di tale dimostrazione possa ritenersi assolto con la mera deduzione di difficoltà finanziarie. Ne consegue che l’atto di approvazione della graduatoria deve essere puntualmente attuato dall’amministrazione, stante il corrispettivo diritto del candidato all’assunzione, ossia a pretendere che il contratto (quello di lavoro oggetto del bando) sia adempiuto regolarmente. In mancanza l’amministrazione sarà tenuta al risarcimento del danno patito dal candidato non assunto o, qualora abbia legittimamente annullato l’atto conclusivo del concorso e ciò abbia cagionato comunque un danno all’interessato, al relativo indennizzo. Nel caso di specie, l’amministrazione non ha annullato l’atto, ma l’ha immotivatamente lasciato inattuato, commettendo un inadempimento dal punto di vista civilistico: l’ente si era impegnato a concludere un contratto di lavoro e − senza dare ragione − non vi ha provveduto; il danno che ne deriva deve, quindi, essere risarcito. Oltre all’evidente mancata attuazione del provvedimento conclusivo del concorso, risulta illegittimo altresì l’inserimento nel testo del bando delle cosiddette “clausole di riserva”, ossia quelle clausole con cui l’amministrazione si riserva, a propria insindacabile scelta, di decidere se procedere o meno all’assunzione. La clausola di riserva deve ritenersi nulla: non sono, infatti, lecite, nel nostro ordinamento, quelle clausole con cui un contraente decide se dare efficacia o meno a un contratto a proprio insindacabile giudizio, apponendovi una condizione il cui verificarsi dipende esclusivamente dalla propria volontà. La Suprema Corte spiega che, dopo un concorso pubblico, il datore di lavoro pubblico non può evitare di assumere il vincitore, asserendo che, nel bando, è stata prevista una clausola di riserva, secondo cui l’amministrazione si riserva la facoltà di non procedere ad alcuna nomina a suo insindacabile giudizio. Nel caso di specie, il lettore la vinto il concorso per l’assunzione a tempo determinato presso un’azienda a totale partecipazione pubblica. L’azienda, tuttavia, non la dato corso all’assunzione, senza comunicargli le ragioni di tale inadempimento e, probabilmente, contando sul fatto che il bando prevedeva precise clausole di riserva in tal senso; clausole che, però, per le ragioni sopra esposte, devono considerarsi nulle. Pertanto, alla luce di quanto sopra considerato, ben potrebbe agire dinanzi al giudice del lavoro, nei confronti della società, al fine di ottenere il risarcimento del danno derivante dalla mancata assunzione e corrispondente all’importo delle retribuzioni che avrebbe percepito (in considerazione della natura a termine dell’incarico messo a bando) se fosse stato assunto a seguito del concorso espletato. Il fatto che l’azienda applichi il Ccnl Commercio non le toglie il carattere di impresa pubblica, prevalendo il carattere amministrativo della procedura di assunzione adottata (il concorso pubblico), tipica forma di reclutamento utilizzata nel pubblico impiego.

Articolo tratto da una consulenza dell’avv. Valentina Azzini



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