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Proprietà indivisa: quali tutele prima della divisione del giudice?

28 Novembre 2017
Proprietà indivisa: quali tutele prima della divisione del giudice?

Sono comproprietario al 50% di alcuni terreni avuti per successione ma ancora indivisi in quanto non riesco a trovare un accordo sulla spartizione con la condividente. Tuttavia la stessa controparte, senza il mio consenso e a mia insaputa, sfrutta unilateralmente i suddetti terreni tagliandovi piante da utilizzare come combustibile legnoso per riscaldamento. A quali articoli del codice posso far riferimento per tutelare i miei diritti sulla proprietà ancora indivisa? Come posso tutelarmi legalmente in attesa della divisione giudiziale?

L’articolo di riferimento per il caso specifico è il 1102 del codice civile: “Ciascun partecipante può servirsi della cosa comune, purché non ne alteri la destinazione e non impedisca agli altri partecipanti di farne parimenti uso secondo il loro diritto. A tal fine può apportare a proprie spese le modificazioni necessarie per il migliore godimento della cosa”.

Pertanto, secondo quanto stabilito dal legislatore, sia il lettore che l’altro proprietario possono usufruire della cosa in comune rispettando queste due condizioni:

  1. non alterare la destinazione della cosa;
  2. non impedire all’altro partecipante di farne pari uso. Occorre, quindi, valutare se la condotta dell’altro comunista sia capace di ledere queste condizioni e, conseguentemente, occorre comprendere se il continuo taglio di quelle piante possa provocare un danno per quel terreno e, ancora, se il taglio di quelle piante possa limitare l’utilizzo che il lettore voglia fare di questo bene immobile.

A parere dello scrivente, la condotta – così come dal lettore descritta – oltrepassa i limiti conferiti dal legislatore al comunista, in quanto arbitraria e non sottoposta ad alcun controllo né di quantità, né delle modalità utilizzate per la depiantazione.

Pertanto, il lettore potrebbe cercare di ottenere un dialogo con il signore in questione, cercando di far rientrare questo comportamento incontrollato nei limiti del lecito per i poteri concessi dal codice nella comunione dei beni indivisi.

Ad ogni modo, se non dovesse riuscire a trovare un punto d’incontro, il lettore potrebbe optare per un’azione inibitoria davanti ad un giudice volta dapprima ad accertare l’illiceità di questi comportamenti e, successivamente, a bloccarne i loro effetti. Inoltre, il codice al suo articolo 1111, dà una possibilità di poter sciogliere la comunione e dividere quel bene, così da porre fine a questa comunione, se difficilmente tollerabile: “Ciascuno dei partecipanti può sempre domandare lo scioglimento della comunione; l’autorità giudiziaria può stabilire una congrua dilazione, in ogni caso non superiore a cinque anni, se l’immediato scioglimento può pregiudicare gli interessi degli altri”.

Occorrerà, in questo caso, ottenere lo scioglimento in giudizio e, successivamente, ottenuta la nomina di un consulente tecnico (ingegnere), ottenere una divisione equa e non dannosa per gli ex comunisti, risolvendo così i vari problemi di connivenza e convivenza.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Salvatore Cirilla



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