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Cosa comporta falsificare una firma

3 Novembre 2017 | Autore:
Cosa comporta falsificare una firma

Falsificare una firma non sempre è reato: dipende se si tratta di atto pubblico o di semplice scrittura privata.

Contrariamente a quanto si possa pensare, falsificare una firma non sempre costituisce reato. La legge italiana, infatti, ha deciso di preservare un rilievo penale soltanto al falso in atto pubblico, ritenendo molto meno grave quello che abbia ad oggetto una semplice scrittura privata. Tanto premesso, vediamo cosa comporta falsificare una firma.

Cosa comporta falsificare una firma in una scrittura privata

Da poco più di un anno, falsificare una firma in una scrittura privata (ad esempio, un contratto) non costituisce più reato, ma soltanto illecito civile: ciò significa che l’autore del fatto può essere punito soltanto economicamente, con una sanzione amministrativa fino a sedicimila euro [1], oltre all’eventuale risarcimento del danno a favore della persona offesa.  La condotta punita è quella di chi, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di creare ad altri un danno, crea in tutto o in parte una scrittura privata falsa. L’esempio più classico è la firma falsa (cioè, non propria) apposta su un contratto; ma lo stesso accade se viene alterata una scrittura privata vera, modificandola ad arte per ottenere un vantaggio: si pensi a chi aggiunge una nota, un’appendice o anche solo una parola ad un documento già compiuto.

Cosa comporta falsificare una firma. Cos’è la scrittura privata

Secondo la Corte di Cassazione, «nella nozione di scrittura privata devono essere ricompresi non solo gli atti che contengono dichiarazioni o manifestazioni di volontà idonee a costituire ovvero modificare diritti e posizioni oggettive, ma anche quelli relativi a situazioni da cui possono derivare effetti giuridicamente rilevanti per un determinato soggetto» [2].

Sempre secondo la Suprema Corte, falsificare una firma è illecito quando, a causa di quella scrittura falsificata, vengono coinvolti dei terzi [3]. Commette falsità in scrittura privata anche chi crea, in fotocopia, due false dichiarazioni di quietanza con falsificazione della firma del defunto creditore e, a tal fine, rileva il tempestivo disconoscimento, in sede civile, delle predette scritture effettuato dagli eredi [4]. Ancora, costituisce falso la firma su una scrittura privata modificata grazie ad un fotomontaggio [5] o quella su un falso testamento olografo [6].

Cosa comporta falsificare una firma in un atto pubblico

È ancora reato falsificare la firma su un atto pubblico. Per atto pubblico si intende il documento redatto da un notaio o da un altro pubblico ufficiale con l’osservanza delle formalità richieste dalla legge [7]. Ad esempio, la donazione è valida solamente se redatta dal notaio (pubblico ufficiale) alla presenza di due testimoni [8]. Ebbene, il codice penale punisce sia il falso del pubblico ufficiale in atto pubblico [9], che il falso del privato in atto pubblico [10]. Anche in questo caso, viene punita sia l’apposizione di una firma falsa che la modifica fraudolenta dell’atto pubblico già perfetto (ad esempio, al fine di risultarne il beneficiario). La reclusione può andare fino a dieci anni per il pubblico ufficiale; le pene sono ridotte di un terzo, invece, per il privato.

Il falso in atto pubblico costituisce ancora reato in quanto va ad incidere su un atto particolarmente importante dal punto di vista giuridico: infatti, l’atto pubblico fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento e di ciò che esso attesta [11]. In altre parole, l’atto pubblico è una prova legale che, in giudizio, vincola il giudice a credere che il documento sia stato redatto dal notaio e contenga le dichiarazioni a lui rese. La querela di falso è una particolare procedura che serve a privare l’atto pubblico (o la scrittura privata autenticata) della sua idoneità a fare fede di ciò che in esso è attestato.

Come tutelarsi da una firma falsa in scrittura privata

Per tutelarsi dalle firme false bisogna procedere al disconoscimento delle stesse. In altre parole, in presenza di un documento falsamente sottoscritto, occorre immediatamente far sapere a chi voglia far valere quell’atto che la firma è falsa, in quanto non apposta dalla persona il cui nome appare, invece, sulla scrittura. È opportuno che il disconoscimento venga fatto per iscritto, ad esempio tramite raccomandata a/r da inviare a chi abbia il documento, in modo da precostituirsi una prova del disconoscimento. Fatto ciò, sarà colui che ha interesse a far valere il documento sottoscritto a dover dimostrare l’autenticità della firma, ad esempio attivando una procedura di verificazione della scrittura privata (consistente nel raffrontare la scrittura privata contestata con altra la cui autenticità non è stata messa in discussione). Nel caso di atti prodotti in giudizio, invece, si dovrà provvedere al disconoscimento entro la prima udienza utile, cioè la prima udienza dopo la presentazione dell’atto.

Va detto che in presenza di un falso in scrittura privata si potrebbe adire il tribunale affinché il giudice, prima ancora che il creditore si attivi, dichiari che la pretesa di pagamento di quest’ultimo non è dovuta (cosiddetto accertamento negativo del credito). Valgono le stesse regole dette in precedenza: il debitore deve limitarsi a disconoscere la firma come propria, mentre spetta al creditore dimostrare il contrario.

In buona sostanza, quindi, per paralizzare le pretese del creditore che si avvalga di un documento falso si può procedere al disconoscimento della firma:

  • stragiudizialmente (cioè, fuori dal processo), inviando una raccomandata con la quale si nega l’autenticità della scrittura;
  • in giudizio, negando alla prima udienza utile la firma sull’atto;
  • sempre in giudizio, qualora voglia essere il debitore la cui firma è stata contraffatta ad adire il tribunale per chiedere un accertamento negativo del credito.

Come tutelarsi da una firma falsa in atto pubblico

Per la firma sugli atti pubblici (quelli cioè redatti da notaio o altro pubblico ufficiale), invece, vale il principio opposto: la firma si presume sempre essere reale (del resto è anche questa la funzione del pubblico ufficiale: controllare la corrispondenza di chi firma con l’identità del nome e cognome riportato sul documento). Pertanto chi la vuole disconoscere non può limitarsi a una generica contestazione (come visto sopra per le scritture private), lasciando la prova contraria all’avversario, ma deve avviare una procedura definita di querela di falso, ossia una causa apposita.


note

[1] D. lgs. n. 7/2016 che abroga l’art. 485 del cod. pen.

[2] Cass. sent. n. 7703/2015.

[3] Cass. sent. n. 5338/2015.

[4] Cass. sent. n. 29026/2012.

[5] Cass. sent. n. 36369/2011.

[6] Cass. sent. 37238/2010.

[7] Art. 2699 cod. civ.

[8] Art. 782 cod. civ.

[9] Art. 476 cod. pen.

[10] Art. 482 cod. pen.

[11] Art. 2700 cod. civ.


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