Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 8 giugno – 17 novembre 20147, n. 27333
Presidente Nobile – Relatore De Marinis
Fatti di causa
Con sentenza del 10 febbraio 2015, la Corte d’Appello di Firenze, in parziale riforma della decisione resa dal Tribunale di Lucca, accoglieva la domanda proposta da G.A. nei confronti della Schott Italvetro S.p.A., avente ad oggetto la declaratoria di illegittimità del licenziamento intimatogli per aver svolto, durante un periodo di assenza per malattia, attività lavorativa corrispondente a quella eseguita quale lavoratore dipendente (lavori di meccanica) in un proprio locale attiguo alla propria abitazione, ordinando la reintegrazione del lavoratore e disponendo in suo favore la condanna a titolo di risarcimento danni delle retribuzioni maturate e maturande dal licenziamento alla reintegra.
La decisione della Corte territoriale discende dall’aver questa ritenuto il limitato impegno lavorativo del dipendente insuscettibile di influire in senso pregiudizievole sul decorso della malattia sofferta e sulle necessità terapeutiche.
Per la cassazione di tale decisione ricorre la Società, affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso, il G. .
Ragioni della decisione
Con il primo motivo, la Società ricorrente, nel denunciare la violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2104 e 2119 c.c. imputa alla Corte territoriale l’omessa valutazione del comportamento del lavoratore sotto il profilo dell’osservanza degli obblighi di correttezza e buona fede, in relazione all’asserita inosservanza delle prescrizioni mediche.
Nel secondo motivo il vizio di omesso esame di un fatto controverso decisivo per il giudizio è prospettato in relazione all’asserita identità dell’attività lavorativa svolta durante la malattia con quella oggetto della prestazione resa alla Società tale da indurre a dubitare della sussistenza e, comunque, dell’effetto invalidante della malattia lamentata.
I due motivi, che in quanto strettamente connessi, possono essere qui trattati congiuntamente, si appalesano del tutto infondati, atteso che la Corte territoriale, muovendo dal principio accolto da questa Corte (cfr. da ultimo Cass. 29.11.2012, n. 21253 richiamata in motivazione) per cui il comportamento del dipendente che presti attività lavorativa durante il periodo di assenza per malattia può costituire giustificato motivo di recesso da parte del datore di lavoro ove esso integri una violazione dei doveri generali di correttezza e buona fede e degli specifici obblighi contrattuali di diligenza e fedeltà, configurabile allorché il comportamento medesimo sia di per sé sufficiente a far presumere l’inesistenza dell’infermità addotta a giustificazione dell’assenza, dimostrando una sua fraudolenta simulazione o quando, valutato in relazione alla natura ed alle caratteristiche dell’infermità denunciata ed alle mansioni svolte nell’ambito del rapporto di lavoro, sia tale da pregiudicare o ritardare, anche potenzialmente, la guarigione ed il rientro in servizio del lavoratore, con violazione dell’obbligazione preparatoria e strumentale rispetto alla corretta esecuzione del contratto, ha disatteso la tesi della Società ricorrente circa la ravvisabilità nella specie di simili evenienze sulla base di un iter valutativo da ritenersi immune da vizi logici e giuridici, per essere l’esclusione, tanto della fraudolenta simulazione, quanto del pregiudizio alla tempestiva ripresa del servizio, fondata sul dato, ammesso dalla stessa Società ricorrente, della marginalità dell’impegno lavorativo, indubbiamente, da un lato, inidoneo a fondare la presunzione dell’inesistenza dell’infermità, del resto accertata in sede di CTU e, dall’altro, tale da rendere il comportamento stesso compatibile con la prescrizione medica del riposo.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed Euro 4.500,00 per compensi, oltre spese generali al 15% ed altri accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1 bis dello stesso art. 13.