Corte di Cassazione, sez. Vi Civile – 2, ordinanza 12 settembre – 24 novembre 2017, n. 28136
Presidente D’Ascola – Relatore Picaroni
Ragioni in fatto e in diritto della decisione
1. Il Tribunale di Tivoli, con sentenza depositata il 26 maggio 2015, ha rigettato l’appello proposto da I.F. avverso la sentenza del Giudice di pace di Castelnuovo di Porto n. 427 del 2013, e nei confronti del Comune di Morlupo, e per l’effetto ha confermato il rigetto dell’opposizione a verbale con il quale è stata contestata la violazione di cui all’art. 126-bis, comma 2, cod. strada.
L’opponente, proprietario del veicolo del quale, con precedente verbale, era stato contestato l’eccesso di velocità, non aveva comunicato i dati del conducente del veicolo nel termine di 60 giorni dall’invito rivoltogli dall’Amministrazione.
2. Per la cassazione della sentenza ha proposto ricorso I.F. , sulla base di tre motivi, anche illustrati da memoria. Non ha svolto difese il Comune di Morlupo.
3. Il relatore ha formulato proposta di decisione, ai sensi dell’art. 380-bis cod. proc. civ., di manifesta infondatezza del ricorso.
4. Con il primo motivo è denunciata “violazione ed errata applicazione dell’art. 23 Cost. nell’interpretazione resa dal giudice di merito della disciplina di cui all’art. 126, comma 2, cod. strada, senza tenere conto del mancato adeguamento dell’organo di polizia comunale ai poteri di coordinamento esercitati dal Ministero dell’interno”, con circolare del 29 aprile 2011, secondo cui la presentazione del ricorso (amministrativo o giurisdizionale) avverso l’accertamento della violazione presupposta costituisce documentato motivo dell’omissione dei dati richiesti.
5. Con il secondo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 12 preleggi e si contesta l’interpretazione dell’art. 126-bis cod. strada fornita dal Tribunale, che non aveva tenuto conto del dato testuale e dei principi affermati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005.
6. Con il terzo motivo è denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 3 legge n. 689 del 1981, e si lamenta che il Tribunale non ha argomentato sulla sussistenza dell’elemento soggettivo, nella specie escluso in ragione dell’affidamento riposto dall’opponente nella circolare ministeriale richiamata, oltre che nell’orientamento giurisprudenziale difforme da quello fatto proprio dal Tribunale.
7. Le doglianze sono infondate.
7.1. Quanto al primo motivo, come correttamente evidenziato dal Tribunale, la circolare ministeriale richiamata dal sig. I. non è atto normativo e quindi non innova la disciplina in materia.
Si tratta di atto amministrativo che – ai fini di coordinamento dell’operato degli uffici pubblici destinatari della circolare stessa – offre una “interpretazione” della normativa in oggetto, esprimendo un parere dell’Amministrazione centrale, che è privo di valore vincolante (così, in materia dei tributi, Cass. Sez. U. 02/11/2007, n. 23031), e a fortiori inidoneo a fondare l’affidamento dell’utente della strada.
8. Quanto al secondo motivo si osserva che l’originario quadro normativo di riferimento è mutato successivamente alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005 (con l’art. 2, comma 164, d.l. n. 262 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 286 del 2006, n. 286, e con i decreti ministeriali di aggiornamento delle sanzioni pecuniarie).
8.1. L’art. 126-bis, comma 2, nel testo vigente prevede: “L’organo da cui dipende l’agente che ha accertato la violazione che comporta la perdita di punteggio, ne dà notizia, entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata, all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida. La contestazione si intende definita quando sia avvenuto il pagamento della sanzione amministrativa pecuniaria o siano conclusi i procedimenti dei ricorsi amministrativi e giurisdizionali ammessi ovvero siano decorsi i termini per la proposizione dei medesimi. Il predetto termine di trenta giorni decorre dalla conoscenza da parte dell’organo di polizia dell’avvenuto pagamento della sanzione, della scadenza del termine per la proposizione dei ricorsi, ovvero dalla conoscenza dell’esito dei ricorsi medesimi. La comunicazione può essere effettuata solo se la persona del conducente, quale responsabile della violazione, sia stata identificata inequivocabilmente; tale comunicazione avviene per via telematica o mediante moduli cartacei predisposti dal Dipartimento per i trasporti terrestri. La comunicazione deve essere effettuata a carico del conducente quale responsabile della violazione; nel caso di mancata identificazione di questi, il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell’art. 196, deve fornire all’organo di polizia che procede, entro sessanta giorni dalla data di notifica del verbale di contestazione, i dati personali e della patente del conducente al momento della commessa violazione. Se il proprietario del veicolo risulta una persona giuridica, il suo legale rappresentante o un suo delegato è tenuto a fornire gli stessi dati, entro lo stesso termine, all’organo di polizia che procede. Il proprietario del veicolo, ovvero altro obbligato in solido ai sensi dell’art. 196, sia esso persona fisica o giuridica, che omette, senza giustificato e documentato motivo, di fornirli è soggetto alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da Euro 272,00 a Euro 1,088,00. La comunicazione al Dipartimento per i trasporti terrestri avviene per via telematica”.
8.2. Con riferimento al testo di legge riformulato nel 2006, la giurisprudenza di questa Corte regolatrice si è orientata nel senso dell’autonomia delle due condotte sanzionabili – quella relativa all’infrazione presupposta e quella attinente all’omessa o ritardata comunicazione delle generalità del conducente – sulla base del rilievo della diversità di beni tutelati dalle due previsioni sanzionatorie, la seconda delle quali – che qui interessa – è prevista a garanzia dell’interesse pubblicistico relativo alla tempestiva identificazione del responsabile, tutelabile di per sé e non in quanto collegato all’effettiva commissione di un precedente illecito (Cass. n. 22881/2010; Cass. n. 11811/2010).
Si è pervenuti così ad affermare che l’obbligo di comunicazione sancito dalla norma in esame è indipendente dagli esiti di una concorrente impugnativa attinente alla legittimità dell’accertamento dell’illecito presupposto, con la conseguenza che il termine per la comunicazione delle generalità del conducente decorre dal momento della richiesta dell’autorità (Cass. n. 17348/2007; Cass. n. 16674/2010; Cass. n. 15542 del 2015).
La decorrenza del termine per la comunicazione dell’identità del conducente in un momento antecedente alla definizione della contestazione (o all’equivalente scadenza del termine per la proposizione del ricorso amministrativo o giurisdizionale) è strumentale all’applicazione della sanzione accessoria della decurtazione dei punti patente – che deve avvenire sulla base della inequivocabile identificazione del conducente e nel rispetto della scansione temporale indicata nella norma -, che risulterebbe frustrata dalla dilatazione dei tempi di acquisizione dell’informazione, tenuto conto dell’obiettiva inesigibilità dell’informazione a distanza di mesi.
8.3. Ininfluente risulta il richiamo alla sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 2005, che ha scrutinato l’art. 126-bis, comma 2, cod. strada nel testo antecedente alle modifiche intervenute nel 2006.
Con la richiamata pronuncia la Corte costituzionale dichiarò l’illegittimità costituzionale della norma nella parte in cui assoggettava il proprietario del veicolo alla decurtazione dei punti della patente quando avesse omesso di comunicare all’Autorità amministrativa procedente le generalità del conducente che aveva commesso l’infrazione alle regole della circolazione stradale, e rigettò la censura prospettata in riferimento all’art. 24 Cost., in quanto basata su “inesatta esegesi del dato normativo”, riferendosi, e non potrebbe essere altrimenti, al testo normativo scrutinato, nel quale la comunicazione all’anagrafe nazionale degli abilitati alla guida dell’avvenuta perdita del punteggio dalla patente doveva avvenire “entro trenta giorni dalla definizione della contestazione effettuata”.
9. Non sussiste la denunciata violazione dell’art. 3 l. 689 del 1981 in quanto, per le violazioni colpite da sanzione amministrativa, è necessaria e al tempo stesso sufficiente la coscienza e volontà della condotta attiva o omissiva, senza che occorra la concreta dimostrazione del dolo o della colpa, giacché il legislatore pone una presunzione di colpa in ordine al fatto vietato a carico di colui che lo abbia commesso, riservando poi a questi l’onere di provare di aver agito senza colpa (tra le molte, Cass. 11/06/2007, n. 13610). Da ciò discende che l’esimente della buona fede, applicabile anche all’illecito amministrativo disciplinato dalla legge n. 689 del 1981, rileva come causa di esclusione della responsabilità amministrativa – al pari di quanto avviene per la responsabilità penale, in materia di contravvenzioni – solo quando sussistano elementi positivi idonei a ingenerare nell’autore della violazione il convincimento della liceità della sua condotta e risulti che il trasgressore abbia fatto tutto quanto possibile per conformarsi al precetto di legge, onde nessun rimprovero possa essergli mosso.
Nel caso di specie, il giudice d’appello ha escluso implicitamente, ma chiaramente, la buona fede nei termini allegati dall’autore dell’illecito – del legittimo affidamento alla indicazione contenuta nella circolare ministeriale – ritenendo la circolare atto interno all’Amministrazione.
10. Il ricorso è rigettato senza pronuncia sulle spese, in mancanza di attività difensiva della parte intimata. Sussistono i presupposti per il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dichiara la sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.
Egregio Collega,
devo dissentire relativamente alla questione della comunicazione dei dati del conducente a seguito di ricorso. Ciò per il semplice motivo che sul verbale viene indicato che: “L’obbligo di comunicazione dei dati del conducente entro sessanta giorni decorre dalla data di notifica del provvedimento con cui si sono conclusi i rimedi giurisdizionali o amministrativi previsti per legge.”
Ciò implica non solo che decorrano dal deposito dalla sentenza del GDP ma addirittura dalla data in cui l’autorità mi notifica tale sentenza.
In caso contrario sarebbe leso il principio del legittimo affidamento.