L’auto è un bene di lusso e indica capacità contributiva: rilevabile l’acquisto con il redditometro.
Hai intenzione di acquistare un’auto ma siccome non hai i soldi sufficienti per farlo hai chiesto aiuto ai tuoi parenti. Un po’ tuo padre, un po’ tua madre ti regaleranno il necessario per pagare la metà del prezzo. Il residuo sarà, in parte, coperto con un prestito di un amico e, in parte, con una finanziaria. Avrai finalmente la tua macchina e ne sarai tu l’esclusivo proprietario; ma non vuoi che questo fatto, unito alla circostanza che il tuo stipendio è di poche centinaia di euro, possa insospettire il fisco. Come potrebbe prenderla l’Agenzia delle Entrate se trovasse, in capo a una persona quasi nullatenente, la proprietà di un’auto di diverse migliaia di euro (pari quasi al tuo stipendio di cinque anni?). La tua è una paura più che legittima. Si verificano infatti di frequente i casi di accertamento fiscale dopo l’acquisto di un’auto. Questo perché l’automobile viene considerata un «bene di lusso» e, quindi, rilevatore di capacità contributiva. In pratica, secondo il ragionamento del fisco, chi compra una macchina significa che può permettersi non solo il prezzo da pagare all’officina, ma anche la successiva gestione, tra spese di manutenzione, bollo, benzina, assicurazione, ecc. Peraltro è impossibile che il fisco non si accorga del passaggio di proprietà: questo viene infatti trascritto nel Pra che, rientrando tra i pubblici registri dell’amministrazione, è collegato direttamente all’Anagrafe tributaria, il maxi database con cui l’Agenzia delle Entrate scopre le “ricchezze” dei contribuenti e li bilancia con le loro dichiarazioni dei redditi.
Che cosa fare, dunque, in questi casi, per evitare di pagare le sanzioni? Come difendersi dall’accertamento fiscale dopo l’acquisto di un’auto? La risposta è in numerose sentenze della giurisprudenza tributaria. Vediamo cosa hanno detto i giudici.
Il possesso dell’automobile, così come quello dell’abitazione, fa scattare il redditometro. Sta al contribuente dimostrare che il presunto reddito non esiste o esiste in misura inferiore. Secondo una recente sentenza della Cassazione [1], infatti, è legittimo l’accertamento fiscale dell’Agenzia delle Entrate successivo all’acquisto di un’auto, «in quanto fondato sui fattori-indice, essenzialmente costituiti dal possesso da parte del contribuente di determinati beni di lusso (macchine, case, ecc.). Si tratta di elementi sintomatici di una capacità di spesa da cui deriva la presunta corrispondente disponibilità di un adeguato reddito in capo al soggetto. Resta a carico del contribuente, messo nella condizione di difendersi dalla contestazione dell’esistenza di tali fattori, dimostrare la provenienza dei soldi necessari per l’acquisto. Provenienza che dovrà necessariamente essere da fonte già tassata o esente». Così, se il contribuente sostiene di aver ricevuto un regalo dai genitori dovrà dimostrarlo: servirà la prova dei bonifici relativi al passaggio di denaro dal conto del padre o della madre al suo o a quello del rivenditore, oppure la copia dell’assegno (eventualmente tracciabile tramite la documentazione bancaria). La disponibilità di reddito da una donazione è infatti una valida “giustificazione” che legittima l’acquisto di un bene di lusso e, del resto, la donazione per questi importi è esente. Ma non bastano certo le dichiarazioni verbali dei genitori a confermare la tesi del contribuente: servono i documenti scritti, ossia gli estratti conto.
Se l’auto è stata acquistata con una finanziaria è vero che si può fornire prova del contratto, ma a quel punto il fisco potrebbe chiedere, in presenza di una rata molto alta, come il contribuente riesce a farvi fronte. Non è raro infatti che l’Agenzia delle entrate accerti un maggior reddito da mutui troppo elevati rispetto alle possibilità del correntista.
C’è poi un altro aspetto di cui tenere conto: quando si vive in una famiglia agiata, si presume che chi guadagna di più aiuti chi ha un reddito più basso. Ecco perché è più difficile ad esempio fare l’accertamento alla moglie con un reddito basso di un uomo però che ha ambire capacità contributive. Laddove tali condizioni non vi siano, invece, si rischia di più. La Suprema Corte ha infatti detto che l’accertamento fiscale è valido se gli stipendi dei familiari sono bassi per mantenere l’auto dell’intestatario [2].
Come difendersi prima dell’arrivo dell’accertamento? Il fisco ha l’obbligo di chiamare il contribuente a un colloquio preventivo, dandogli la possibilità di inviare documenti che dimostrino la provenienza del reddito. Se però non aderisce al confronto non può più usare queste difese in un eventuale giudizio.
Non dimentichiamo che anche il possesso di auto d’epoca costituisce causa di accertamento fiscale tramite redditometro. A dirlo è sempre la Cassazione [3] secondo cui le auto non perché sono vecchie non devono essere considerate. Anzi, si tratta di beni che richiedono maggiore manutenzione e quindi dispendio di soldi. Una persona che riesce a stento a mantenersi non avrebbe certo la possibilità di tenere in garage una vecchia Giulietta.
note
[1] Cass. sent. n. 13041/17 del 24.05.2017.
[2] Cass. ord. n. 20374/2017.
[3] Cass. sent. n. 15899/2017.