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La notifica con posta elettronica certificata può essere equiparata a quella fatta a mani proprie dell’inquilino dall’ufficiale giudiziario.
Una società non ha pagato l’affitto. Come tutte le società ha l’indirizzo di posta elettronica certificata; pertanto, per evitare i costi e lungaggini delle notifiche fatte con l’ufficiale giudiziario,vorresti procedere alla comunicazione dell’intimazione di sfratto tramite appunto la Pec. Tuttavia non sei sicuro se il giudice riterrà valida la notifica e magari ti costringerà a rinnovarla. Cosa dice la giurisprudenza a riguardo? Ci sono casi già decisi che hanno ritenuto legittimo lo sfratto con Pec? Ci sono buone notizie: il tribunale di Frosinone, con una sentenza dell’anno scorso [1] ha ritenuto che la licenzia di fine locazione o lo sfratto per morosità può avvenire anche nelle forme telematiche.
È vero che il codice di procedura civile [2], nel disciplinare la forma dell’intimazione, richiama le norme generali sulle notifiche. Ma è anche vero che la legge del 1994 [3] consente all’avvocato di procedere alla notifica degli atti in materia civile a mezzo di posta elettronica certificata (Pec), senza alcuna limitazione in merito al loro contenuto. Non vi è quindi un ambito in cui le notifiche per Pec sono ammesse ed altri invece in cui non lo sono in ragione della particolare delicatezza della materia (salvo diversamente stabilito dalla legge in modo espresso). Posto quindi il richiamo alle regole generali sulle notifiche, anche in materia di locazione si può procedere con le comunicazioni telematiche. L’avvocato può quindi notificare l’intimazione di sfratto tramite Pec al conduttore il quale, ovviamente, deve essere munito di un proprio indirizzo di posta certificata.
Che succede in caso di mancata consegna dell’atto giudiziario? Il codice di procedura civile stabilisce in generale che, se l’intimazione non può essere notificata in mani proprie dell’inquilino, l’ufficiale giudiziario deve spedire a quest’ultimo un avviso con lettera raccomandata a/r, allegando all’originale la ricevuta di spedizione.
Che succede però se si è proceduto con la notifica a mezzo Pec? Si potrebbe ritenere che tale garanzia non sia possibile, non essendovi proprio un pubblico ufficiale. In realtà il problema non si pone a monte. Infatti la notifica con posta elettronica certificata si perfeziona, per il soggetto notificante, nel momento stesso in cui viene generata la ricevuta di accettazione [4] e, per il destinatario, nel momento in cui viene generata la ricevuta di avvenuta consegna [5]. Pertanto non c’è mai il rischio di una mancata consegna. Difatti o la notifica telematica va a buon fine – e in tal caso il destinatario non potrà mai sostenere di non aver mai ricevuto l’email – oppure non andrà a buon fine (ad esempio se la società non ha attivato la Pec) e in tal caso il notificante dovrà ricorrere all’ufficiale giudiziario o inviare la Pec alla corretta casella di posta.
Del resto la lettera raccomandata spedita dall’Ufficiale giudiziario, nel caso di notificazione non effettuata a mani proprie dell’intimato, è equiparabile alle ricevute generate dal gestore della posta elettronica certificata.
In sintesi, secondo il tribunale di Frosinone, la notifica di un atto giudiziario – nella fattispecie l’intimazione di sfratto per morosità – mediante la posta elettronica certificata è equiparata alla notifica a mani proprie di cui produce gli stessi effetti.
note
[1] Trib. Frosinone sent. del 26.03.2016.
[3] Art. 1 L. n. 53/1994.
[4] Art. 6, co. 1, del Decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68.
[5] Art. 3 bis, comma 3, della legge 53 del 1994.