Divisione casa in eredità: si contano le spese di ristrutturazione?


Mia madre è malata di Alzheimer. Mio padre è morto e ha lasciato a me la nuda proprietà di metà della casa, a mia madre l’usufrutto (anche se è ricoverata in una RSA) e a mia sorella 1/4 della casa e metà del denaro. Vorrei tenere la casa dove ho sempre abitato, facendo anche grossi investimenti in questi anni senza ricevere né chiedere alcuna somma di denaro a mia sorella. Se dovessi liquidare la sua parte, potrei avere in parte i soldi della ristrutturazione da me pagati? O dovrei liquidare la sua parte senza avere nessun risarcimento per i lavori da me pagati, secondo il valore della casa odierno?
Per rispondere in modo esauriente al quesito sarebbe necessario poter leggere e consultare meglio i documenti. In particolare, sarebbe opportuno verificare cosa è stato espressamente indicato dal padre del lettore nel testamento con cui gli ha lasciato “la nuda proprietà di metà della casa” in cui attualmente vive.
Ad ogni modo, nella speranza di dare compiuta risposta alle richieste in esame, si può tentare di riassumere la situazione per come è possibile rappresentarsela giuridicamente: in forza del predetto testamento la madre del lettore è titolare dell’usufrutto sull’abitazione, mentre lo stesso e sua sorella sono titolari del diritto di nuda proprietà per 1/2 ciascuna. Nel patrimonio ereditario della mamma è rinvenibile “solo” una somma di denaro.
Le migliorie apportate all’immobile in cui vive sono state eseguite esclusivamente dal lettore senza il contributo di sua sorella. Nella speranza che la realtà dei fatti sia conforme a come è stata sopra rappresentata, si espone quanto segue.
Il lettore e sua sorella, in forza del testamento di loro padre, hanno diritto a conseguire 1/2 di piena proprietà della casa in cui il lettore attualmente vive e non la quota di 1/4 (come da questi indicato nella domanda). Questo perché, per effetto di legge, quando la madre (titolare dell’intero usufrutto) verrà a mancare, l’usufrutto si riunirà con la nuda proprietà facendo rivivere, nelle loro posizioni giuridiche, il diritto di piena proprietà (nella quota di 1/2 ciascuno in comproprietà).
Tanto premesso, per poter esaurientemente soddisfare il quesito in esame circa le migliorie apportate dal lettore all’immobile di cui attualmente è in possesso, occorre compiere una ulteriore precisazione. La madre, purtroppo affetta da Alzheimer e verosimilmente incapace di intendere e volere, non può fare testamento. Pertanto, al momento del decesso della stessa, la successione non sarà regolata da un testamento ma sarà regolata dalla legge (c.d. successione legittima [1]).
La legge in questi casi prevede che ai genitori succedano i figli in parti uguali. Quindi il lettore e sua sorella saranno chiamati a succedere su tutto il patrimonio di loro madre per la quota di 1/2 ciascuna (in comunione ereditaria).
Detto questo va precisato che nel caso in cui due o più persone abbiano un bene in comproprietà, le migliorie da apportare devono essere – per legge [2] – concordate e approvate da tutti. Quindi il lettore avrebbe dovuto concordare preventivamente con sua sorella i lavori da eseguire sull’immobile. Solo in tale circostanza questi avrebbe potuto richiedere il rimborso della metà delle spese sostenute.
Ed allora. Se al lettore interessa tenersi la casa, dovrà corrispondere a sua sorella una somma in denaro pari alla metà del valore che ha oggi la casa. Come detto, infatti, la sorella ha diritto ad una quota pari alla metà della casa e non, invece, pari ad ¼.
Purtroppo, il lettore non potrà chiedere a sua sorella la restituzione delle spese sostenute per il godimento della cosa (luce, acqua, gas) né i soldi spesi per le migliorie apportate (sempre che non sia in grado di dimostrare che sua sorella fosse d’accordo all’esecuzione dei lavori). Potrà, invece, pretendere dalla sorella il pagamento delle spese sostenute per l’amministrazione ordinaria (tasse, oneri condominiali, etc,) e quelle sostenute per la conservazione della cosa comune (es: infiltrazioni, danni al soffitto, etc).
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Chiara Samperisi
note
[1] ai sensi degli artt. 566 e ss. cod. civ.
[2] art. 1108 c.c.