Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 4 dicembre 2017 – 10 gennaio 2018, n. 610
Presidente Fiandanese – Relatore Pacilli
Ritenuto in fatto
Con decreto del 4.2.2017 il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Sassari ha disposto il sequestro preventivo dell’alloggio popolare di proprietà dell’ente pubblico “Area”, occupato dall’indagata e dal proprio convivente M.C. , ritenendo che l’indagata aveva impedito al M. l’accesso all’abitazione, attraverso la sostituzione della serratura della porta di ingresso, e lo aveva aggredito con lancio di oggetti, ingiurie e minacce, così da indurlo ad allontanarsi dall’immobile e non farvi rientro. Tali fatti, integranti le ipotesi delittuose di cui agli artt. 634 co. 1, 61 nn. 5, 8 e 11, c.p., giustificavano il sequestro, qualificato dal concreto pericolo che la libera disponibilità dell’alloggio in capo all’indagata potesse portare a conseguenze ulteriori il reato o comunque alla protrazione dell’occupazione e alla reiterazione del reato.
In data 22 maggio 2017 il Tribunale del riesame di Sassari ha revocato il menzionato decreto di sequestro, affermando sia che era pacifico il compossesso esercitato sull’immobile da entrambi i conviventi e, quindi, anche dall’indagata sia che non poteva ritenersi sussistente l’elemento costitutivo della violenza o della minaccia richiesti dall’art. 634 cpv. c.p., atteso che il fatto si considera compiuto con violenza o minaccia quando è commesso da più di dieci persone; inoltre, il Tribunale del riesame ha ritenuto che, sulla scorta degli elementi offerti dalla difesa, l’allontanamento del M. sembrerebbe precedente rispetto ai fatti d’accusa e originato dalla cessazione dei rapporti affettivi entro il nucleo familiare.
Ha poi escluso il periculum in mora sia perché era in discussione il fumus commissi delicti sia perché difettavano fatti e circostanze esterne alla realizzazione della condotta, quali l’aggravamento delle conseguenze del reato attraverso l’alterazione o il danneggiamento dello stesso bene o dei beni mobili in esso riposti.
Contro l’ordinanza del Tribunale del riesame il PM presso il Tribunale di Sassari ha proposto ricorso per cassazione, deducendo la violazione o l’erronea applicazione dell’art. 634 c.p. e dell’art. 321 c.p.p., avendo il Tribunale del riesame ritenuto in astratto configurabile il reato solo nei casi in cui la minaccia o la violenza sia commessa da più di dieci persone ed avendo escluso la turbativa violenta, atteso che vi era stato il compossesso della persona offesa e dell’indagata. Il Tribunale del riesame, poi, avrebbe ritenuto inesistente il periculum in mora, non essendo ravvisabile il fumus commissi delicti ma, secondo il ricorrente, l’errore sul fumus vizierebbe anche la valutazione sul periculum, per l’appunto fondata sull’esclusione del fumus.
All’odierna udienza camerale è stata verificata la regolarità degli avvisi di rito; all’esito, questa Corte Suprema, riunita in camera di consiglio, ha deciso come da dispositivo in atti.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
1.1 Deve premettersi che questa Corte Suprema ha già chiarito che, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” (per la quale soltanto può essere proposto ricorso per cassazione a norma dell’art. 325, comma 1, c.p.p.) rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, non anche l’illogicità manifesta e la contraddittorietà, le quali possono denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo specifico e autonomo motivo di ricorso di cui all’art. 606, lett. e), c.p.p. (così Sez. U., sentenza n. 5876 del 28 gennaio 2004, P.c. Ferazzi in proc. Bevilacqua, CED Cass. n. 226710 ss.; conforme, Sez. V, sentenza n. 35532 del 25 giugno 2010, Angelini, CED Cass. n. 248129).
1.2 Tanto premesso, rileva il Collegio che l’ordinanza in scrutinio è inficiata da plurime violazioni di legge, oltre che da motivazione apparente.
Va in primo luogo osservato, infatti, che il reato di cui all’art. 634 c.p. consiste nel fatto di turbare, con violenza alla persona o con minaccia, l’altrui pacifico possesso.
Il comma 2 equipara la violenza e la minaccia al fatto commesso da più di dieci persone: si tratta, come risulta evidente dallo stesso tenore letterale della disposizione de qua, di una finzione giuridica, fondata sull’oggettiva capacità intimidatrice data dall’elevato numero dei partecipanti. Deve, quindi, ritenersi che la presenza di un tale numero di persone rende il fatto punibile, anche se non siano state poste in essere violenza o minaccia.
Nel caso in esame, invece, il Tribunale del riesame ha ritenuto che non vi sarebbero violenza o minaccia, stante la commissione del fatto ad opera di una sola persona, con ciò incorrendo in una chiara violazione di legge, non avendo considerato che il secondo comma dell’art. 634 c.p. si limita a prendere in considerazione un caso particolare, in presenza del quale il legislatore ritiene già di per sé integrato il requisito della violenza alla persona o della minaccia.
1.3 Peraltro, l’ordinanza impugnata ritiene che, avendo anche l’indagata il compossesso dell’immobile, non potrebbe configurarsi il reato ascrittole provvisoriamente.
L’assunto è erroneo.
Premesso che con il termine possesso l’art. 634 c.p. fa riferimento a qualsiasi situazione di potere di fatto esercitato da un soggetto su una res in modo corrispondente al diritto di proprietà o ad altro diritto reale, ossia a ciò che l’art. 1140 definisce “possesso”, nonché a situazioni inquadrate in ambito civile nella detenzione qualificata di un bene, deve rilevarsi che la commissione del reato previsto dal menzionato articolo non necessariamente postula una situazione di possesso esclusivo in capo alla persona offesa ma può ravvisarsi anche nel caso in cui uno dei compossessori turbi il compossesso esercitato sul medesimo bene da altri. L’art. 634 c.p., difatti, mira a tutelare il pacifico godimento esercitato da un soggetto sul bene, senza che rilevi se tale situazione di vantaggio si estrinsechi in modo esclusivo o congiuntamente ad altri. Non si ravvisa infatti ragione per distinguere la posizione del possessore esclusivo da quella del compossessore, essendo entrambi titolari di una medesima situazione di vantaggio sulla res. Per di più, l’art. 634 c.p. dispone che “chiunque” può essere autore del reato, con ciò dunque ammettendo che il compossessore di un bene può commettere il reato de quo.
Del resto, la dottrina che ha studiato la disposizione in esame, di scarsa applicazione invero da parte della giurisprudenza, ha rimarcato che le forme di realizzazione della fattispecie corrispondono alle tipologie di aggressioni per le quali il codice civile riconosce le azioni possessorie.
Deve allora evidenziarsi che le azioni di spoglio e di manutenzione, disciplinate rispettivamente dall’art. 1168 e dall’art. 1170 c.c., tutelano anche il compossessore che venga privato o molestato del potere di fatto, esercitato sul bene, ad opera dell’altro compossessore. Si è ritenuto, infatti, in sede civile, che, in una situazione di compossesso, il godimento del bene da parte dei singoli compossessori assurge ad oggetto di tutela possessoria quando uno di essi abbia alterato e violato senza il consenso e in pregiudizio degli altri partecipanti lo stato di fatto o la destinazione della cosa oggetto del comune possesso, in modo da impedire o restringere il godimento spettante a ciascun compossessore sulla cosa medesima, o in modo apprezzabile ne modifichi le modalità di esercizio (in questi termini, ex multis, Cass. civ., Sez. 2, 30 luglio 2001, n. 10406).
1.4 Per di più, la ritenuta dismissione del compossesso da parte della persona offesa in data antecedente ai fatti di causa, che lo stesso Tribunale prospetta quale situazione che “sembrerebbe” desumersi dagli elementi addotti dalla difesa, si risolve in una motivazione apparente, perché non solo non indica quali fossero gli elementi offerti dalla difesa ma nemmeno prospetta la valenza degli stessi a fronte di quelli presi in considerazione dal giudice di prime cure.
1.5 Anche le argomentazioni sul periculum in mora sono viziate.
Il Tribunale del riesame, sul presupposto del perdurante godimento del bene da parte dell’indagata, ha escluso un concreto ed attuale pericolo di deterioramento del bene immobile o dei mobili.
La motivazione si fonda su un errato presupposto, non considerando che oggetto della tutela apprestata dall’art. 634 c.p. è il godimento dell’immobile da parte della persona offesa, sicché è rispetto a tale interesse tutelato che andava parametrata la sussistenza del periculum in mora.
1.6 In definitiva l’ordinanza impugnata, viziata da errori di diritto e da motivazione apparente, va annullata e gli atti vanno trasmessi per un nuovo esame al Tribunale di Sassari – Sezione per il riesame delle misure cautelari reali, perché valuti la ricorrenza dei presupposti idonei all’applicazione del sequestro preventivo con riferimento al reato di cui all’art. 634 c.p. o, eventualmente, laddove dovesse emergere il fine di esercitare un preteso diritto, al reato di cui all’art. 393 c.p..
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame al Tribunale di Sassari, Sezione per il riesame delle misure cautelari reali.
Convivo con il mio ex compagno da dieci anni nella casa di mia proprietà, dove ha spostato la sua residenza. Un anno fa ci siamo lasciati ma continua a vivere qui e ad usare la mia auto. Non contribuisce alle spese di casa, lavora saltuariamente e dice che l’auto gli serve per lavorare. Come posso mandarlo via? Potrebbe tornare a vivere dai suoi genitori. Spesso mi maltratta e mi minaccia di bruciare la mia roba.
Per mandare via di casa l’ex compagno, occorre dapprima inviare una intimazione con la quale si concede un preavviso allo stesso per lasciare l’immobile e far trovare a questi una nuova sistemazione.Difatti, sebbene i due non risultino sposati, la legge tutela il convivente non proprietario dai casi in cui il convivente proprietario decida di punto in bianco di buttare via di casa l’ex compagno.
Quanto detto trova eccezione nei casi in cui le condotte del convivente configurino un reato penale, quale maltrattamento in famiglia, lesioni, minacce e così via. Ma, la registrazione vocale, prodotta dalla lettrice in allegato, non configura ancora questi estremi.Quanto sopra riferito trova conforto in una sentenza della Suprema Corte di Cassazione, la quale ha stabilito che la convivenza determina, sulla casa di abitazione ove si svolge e si attua il programma di vita in comune, un potere di fatto, basato su un interesse proprio ben diverso da quello derivante da ragioni di mera ospitalità. Conseguentemente, l’estromissione violenta o clandestina del convivente dall’unità abitativa, compiuta dal partner, giustifica il ricorso alla tutela possessoria, consentendogli di esperire l’azione di spoglio nei confronti dell’altro quand’anche il primo non vanti un diritto di proprietà sull’immobile che, durante la convivenza, sia stato nella disponibilità di entrambi (sentenza Cassazione Civile n. 7214/2013).In parole povere, questo significa che, se la lettrice dovesse buttare fuori di casa senza preavviso il suo compagno, potrebbe subire una causa (sembra assurdo) per poi vedersi dentro lo stesso uomo, dovendo in aggiunta pagare le spese legali.Tanto premesso, quello che si consiglia è di inviare all’uomo una lettera, tramite legale, con il quale dare un preavviso congruo entro il quale questi dovrà lasciare l’abitazione, alla luce della cessazione del rapporto sentimentale.Sul punto, la lettrice non è obbligata neppure a lasciare l’autovettura allo stesso. Non essendoci alcun rapporto scritto (come nel matrimonio) quello che è di proprietà della stessa, rimane di sua proprietà.Nel caso in cui l’ex compagno della lettrice non dovesse rilasciare l’immobile entro il termine di preavviso da lei concesso (con lettera di un legale), allora si dovrà agire con un’azione legale finalizzata al rilascio dell’immobile di proprietà della stessa, con la quale ottenere un provvedimento del giudice che ordini all’uomo di lasciare libera e sgombra la casa della lettrice entro e non oltre un certo termine. Se, anche dopo questo provvedimento, l’uomo non dovesse lasciare l’immobile, allora la lettrice potrà fare in modo tramite l’Ufficiale Giudiziario e i Carabinieri di cambiare la serratura e non far entrare più il suo ex compagno dentro la sua abitazione.
Avevo offerta per qualche notte da dormire a casa mia un Nigeriano, ma dopo pochi giorni non si volevo piu andare era arogante mal educato mangiava a tutti gli ore del giorno, e passava tutto il tempo che avrebe dovuto cercare da mangiare al caritas a letto o in bagno, lo tolto la chiave e adesso non so cosa fare con la suoi cose, come devo comportarmi.
Ho 70 anni e cercavo di fare una guesto umano ma mi ha fregato.