Corte di Cassazione, sez. II Penale, sentenza 21 dicembre 2017 – 16 gennaio 2018, n. 1730
Presidente Gallo – Relatore Recchione
Ritenuto in fatto
1. La corte di appello di Bologna confermava la responsabilità del Ri., agente immobiliare per truffa contrattuale consistita nell’avere omesso di comunicare al contraente persona offesa il difetto di abilitabilità del locale mansardato annesso all’immobile compravenduto 2. Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. vizio di legge e di motivazione: si deduceva la carenza e l’illogicità della motivazione in ordine all’elemento soggettivo che sarebbe stato illogicamente dedotto dalla testimonianza dell’acquirente di un altro immobile, laddove l’imputato, svolgendo le sue funzioni di agente immobiliare, si sarebbe limitato ad attenersi alle indicazioni fornitegli dal proprietario.
Infine si rimarcava che la persona offesa non aveva rinunciato alla prescrizione nel procedimento in cui era stata imputata del reato previsto dall’art. 44 lett. a) del D.P.R. 308 del 2001, e che tale circostanza inciderebbe sulla sua credibilità;
2.2. vizio di legge e di motivazione in relazione al riconoscimento dell’elemento oggettivo della truffa: mancherebbero gli artifici e raggiri dato che il difetto di abitabilità per quanto non comunicato verbalmente, sarebbe stato evincibile dai documenti allegati al rogito notarile.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è infondato.
1.1. Il primo motivo che deduce l’illogicità della motivazione con riguardo al riconoscimento dell’elemento soggettivo è manifestamente infondato.
La doglianza si risolve nella proposta di una lettura alternativa delle emergenze processuali, e non individua fratture logiche manifeste e decisive del percorso motivazionale.
Il collegio in materia di vizio di motivazione ribadisce che il sindacato del giudice di legittimità sulla motivazione del provvedimento impugnato deve essere volto a verificare che quest’ultima: a) sia “effettiva”, ovvero realmente idonea a rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione adottata; b) non sia “manifestamente illogica”, perché sorretta, nei suoi punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori nell’applicazione delle regole della logica; c) non sia internamente “contraddittoria”, ovvero esente da insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche tra le affermazioni in essa contenute; d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo” (indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno del ricorso) in misura tale da risultarne vanificata o radicalmente inficiata sotto il profilo logico (Cass. sez. 1, n. 41738 del 19/10/2011, Rv. 251516); segnatamente: non sono deducibili censure attinenti a vizi della motivazione diversi dalla sua mancanza, dalla sua manifesta illogicità, dalla sua contraddittorietà (intrinseca o con atto probatorio ignorato quando esistente, o affermato quando mancante), su aspetti essenziali ad imporre diversa conclusione del processo; per cui sono inammissibili tutte le doglianze che “attaccano” la persuasività, l’inadeguatezza, la mancanza di rigore o di puntualità, la stessa illogicità quando non manifesta, così come quelle che sollecitano una differente comparazione dei significati probatori da attribuire alle diverse prove o evidenziano ragioni in fatto per giungere a conclusioni differenti sui punti dell’attendibilità, della credibilità, dello spessore della valenza probatoria del singolo elemento (Cass. sez. 6 n. 13809 del 17/03/2015, Rv. 262965).
Nel caso di specie nessuna censura può essere proposta nei confronti della logicità degli argomenti posti alla base della valutazione conforme effettuata dalle sue sentenze di merito.
La piena consapevolezza di porre in essere una attività fraudolenta veniva infatti logicamente dedotta dalla reiterazione del comportamento che il Ri., secondo quanto emerso dalle testimonianze raccolte avrebbe posto in essere anche nei confronti di acquirenti di altri immobili diversi da quello venduto alla persona offesa (pag. 4 della sentenza impugnata). La esclusione della occasionalità del comportamento confortava, come ritenuto dai giudici di merito la valutazione in ordine alla piena consapevolezza della condotta.
Del pari sono inammissibili le doglianze rivolte nei confronti della valutazione di attendibilità della persona offesa asseritamente conseguenti alla mancata rinuncia alla prescrizione nel collegato procedimento per abuso edilizio: si tratta infatti di motivo proposto per la prima volta in Cassazione con insanabile frattura della catena devolutiva che determina l’inammissibilità della censura.
2. Il secondo motivo di ricorso è infondato.
Il ricorrente deduce l’inesistenza di artifici e raggiri dato che l’abilità dell’immobile compravenduto era controllabile direttamente dall’offesa attraverso la visione delle piantine allegate al rogito.
In via preliminare si ribadisce che in tema di truffa contrattuale, anche il silenzio, maliziosamente serbato su circostanze rilevanti ai fini della valutazione delle reciproche prestazioni da parte di colui che abbia il dovere di farle conoscere, integra l’elemento del raggiro, idoneo ad influire sulla volontà negoziale del soggetto passivo (Cass. sez. 2, n. 28791 del 18/06/2015 – dep. 07/07/2015, Bi., Rv. 264400; Cass. sez. 2, n. 32859 del 19/06/2012 – dep. 21/08/2012, D’Al., Rv. 253660)
Nel caso di specie l’imputato taceva circostanze rilevanti, quali quelle relative all’abitabilità della mansarda, inducendo in errore la persona offesa sulla rispondenza dell’immobile proposto alle caratteristiche richieste.
Il fatto che lo stato fosse verificabile attraverso il controllo dei documenti allegati al rogito non esclude, come rilevato dai giudici di merito la responsabilità del ricorrente. La assenza di abitabilità relativa ad alcuni locali non rendeva nulla la compravendita, correttamente conclusa dal notaio, sebbene il fatto che tale circostanza fosse stata taciuta avesse influito in modo decisivo sulla volontà contrattuale dell’offeso.
Sul punto la Corte di appello escludeva che, assente ogni indicazione da parte del venditore, fosse esigibile dall’offeso un controllo accurato delle planimetrie ritenute «di non facile comprensione persino per persone esperte» (pag. 5 della sentenza impugnata).
Sul punto si ribadisce che l’eventuale mancanza di diligenza o di prudenza da parte della persona offesa è atta ad escludere la idoneità del mezzo, in quanto determinata dalla fiducia che l’agente ha saputo conquistarsi presso la controparte contrattuale (Cass. Sez. 2, n. 24499 del 07/05/2015 – dep. 09/06/2015, Ba., Rv. 264224; Cass. sez. 2, n. 41717 del 14/10/2009 – dep. 30/10/2009, P.C. in proc. Ma., Rv. 244952).
Quello che rileva ai fini della consumazione della truffa contrattuale è, infatti, l’effettiva induzione in errore della controparte: evenienza che nel caso di specie i giudici dei due gradi di merito ritenevano, con valutazione conforme, univocamente dimostrata dalle prove raccolte.
Anche in questo caso la valutazione di merito effettuata dalla Corte di appello è esente da vizi logici e coerente con le prove raccolte sottraendosi ad ogni censura in questa sede.
2. Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.