Tribunale Roma, Sezione 1 civile Sentenza 26 settembre 2017, n. 18063
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
IL TRIBUNALE CIVILE DI ROMA
SEZ. I
così composto:
dott.ssa Franca Mangano presidente
dott.ssa Luciana Sangiovanni giudice
dott.ssa Anna Mauro giudice est.
riunito nella camera di consiglio ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile in primo grado iscritta al n. 17431/2014 RGAC vertente
tra
De.An. elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio dell’avv.to Gi.Va. che lo rappresenta e difende giusta procura in atti ricorrente
e
Sc.Si. elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio dell’avv.to An.Ri. che la rappresenta e difende giusta delega in atti resistente
con l’intervento del PM presso il Tribunale di Roma
OGGETTO: divorzio
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con sentenza parziale n. 24946/2015 è stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio celebrato tra le parti.
La coppia, che ha contratto matrimonio il 12.10.1996, non ha figli ed è stata autorizzata a vivere separata il 12.5.2008. La separazione, inizialmente giudiziale, si è conclusa con un accordo delle parti in forza del quale il marito si è obbligato a versare mensilmente alla moglie Euro 1200,00.
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Nel presente processo, la resistente chiede in via riconvenzionale, un assegno divorzile di Euro 1300,00, domanda alla quale il marito si oppone.
Con i provvedimenti presidenziali, il Presidente f.f., considerando che il ricorrente dopo la separazione, ha avuto un figlio, in via provvisoria ha ridotto l’assegno divorzile ad Euro 1000,00.
Orbene, il giudice, chiamato a decidere sulla sussistenza del diritto di un coniuge ad ottenere dall’altro un assegno divorzile deve verificare: “A) nella fase dell’an debeatur – informata al principio dell’autoresponsabilità economica” di ciascuno degli ex coniugi quali “persone singole”, ed il cui oggetto è costituito esclusivamente dall’accertamento volto al riconoscimento, o no, del diritto all’assegno di divorzio fatto valere dall’ex coniuge richiedente -, se la domanda di quest’ultimo soddisfa le relative condizioni di legge (mancanza di “mezzi adeguati” o, comunque, impossibilità “di procurarseli per ragioni oggettive”), con esclusivo riferimento all’indipendenza o autosufficienza economica” dello stesso, desunta dai principali “indici” – salvo altri, rilevanti nelle singole fattispecie – del possesso di redditi di qualsiasi specie e/o di cespiti patrimoniali mobiliari ed immobiliari (tenuto conto di tutti gli oneri lato sensu “imposti” e del costo della vita nel luogo di residenza dell’ex coniuge richiedente), delle capacità e possibilità effettive di lavoro personale (in relazione alla salute, all’età, al sesso ed al mercato del lavoro dipendente o autonomo), della stabile disponibilità di una casa di abitazione; ciò, sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte dal richiedente medesimo, sul quale incombe il corrispondente onere probatorio, fermo il diritto all’eccezione ed alla prova contraria dell’altro ex coniuge; B) deve “tener conto”, nella fase del quantum debeatur – informata al principio della “solidarietà economica” dell’ex coniuge obbligato alla prestazione dell’assegno nei confronti dell’altro in quanto “persona” economicamente più debole (artt. 2 e 23 Cost.), il cui oggetto è costituito esclusivamente dalla determinazione dell’assegno, ed alla quale può accedersi soltanto all’esito positivo della prima fase, conclusasi con il riconoscimento del diritto -, di tutti gli elementi indicati dalla norma (“(…) condizioni dei coniugi, (….) ragioni della decisione, (….) contributo personale ed economico dato da ciascuno alla conduzione familiare ed alla formazione del patrimonio di ciascuno o di quello comune, (….) reddito di entrambi (….)”), e “valutare” “tutti i suddetti elementi anche in rapporto alla durata del matrimonio”, al fine di determinare in concreto la misura dell’assegno di divorzio; ciò sulla base delle pertinenti allegazioni, deduzioni e prove offerte, secondo i normali canoni che disciplinano la distribuzione dell’onere della prova (art. 2697 cod. civ.)” (Cass. n. 11504/17).
Occorre dunque verificare se la resistente abbia mezzi adeguati per potersi mantenere autonomamente, libera dal bisogno, ossia, in altri termini, se ella si possa considerare economicamente indipendente poiché, solo in caso contrario, ha diritto a percepire l’assegno divorzile, sulla cui quantificazione, ove dovesse essere riconosciuto tale diritto, assumerà rilievo anche la condizione economica dell’ex coniuge.
Ciò precisato, occorre preliminarmente dichiararsi, come eccepito dal ricorrente, l’inutilizzabilità di tutta la documentazione prodotta con la comparsa conclusionale e con le note di replica ad eccezione dell’Unico 2017 allegato alla conclusionale in quanto solo la produzione di tale documento è stata autorizzata dal g.i. Ragionare diversamente e utilizzare, quindi, ai fini della decisione la documentazione prodotta senza alcun rispetto delle regole del codice di rito, comporterebbe un pacifica lesione del contraddittorio.
Orbene, l’istruttoria documentale espletata ha consentito di accertare quanto segue.
La Sc., laureata e dipendente della Corte dei Conti, nel 2017 ha dichiarato al fisco (Unico 2017) un reddito annuo lordo da lavoro dipendente di Euro 32366,04 e netto di Euro 24005,77 che, ove ripartito per dodici mensilità, è pari ad Euro 2000,00. A tale somma devono aggiungersi (cfr. pag. 7 Unico 2017) Euro 12000,00 annue lorde ricevute dall’ex marito a titolo di contributo per il suo mantenimento.
Vive, gratuitamente, in una casa di proprietà della madre ed è comproprietaria con il fratello di un appartamento (da cui ricava una rendita di Euro 440,00 Euro) e con il fratello e la madre della casa di abitazione di quest’ultima; riscuote dal condominio Euro 264,00 mensili lordi per la locazione di alcuni locali condominiali. Tali rendite, viene asserito dalla resistente, sono destinate a far fronte alle necessità dell’anziana madre invalida e bisognosa di cure.
La ricorrente asserisce, inoltre, di dover far fronte, per problematiche derivanti da una grave scoliosi, a spese sanitarie di entità tale da averla determinata a chiedere due prestiti.
Orbene, si rileva che la madre della convenuta gode di una propria pensione e non vi è prova rituale né delle spese sostenute per la predetta né dei versamenti alla stessa delle rendite della figlia.
Si ritiene, inoltre, che per quanto possa essere encomiabile il desiderio di un figlio di volere per il proprio anziano genitore il meglio, tale volontà non può certo gravare, neanche indirettamente, sulle risorse economiche dell’ex coniuge.
Orbene, alla luce dei dati acquisiti e dei superiori rilievi, si ritiene che la resistente, in considerazione della sua capacità economica e della disponibilità di una casa di famiglia senza oneri di locazione, possa considerarsi economicamente autosufficiente e che, pertanto, non vi sia spazio per l’accoglimento della domanda di assegno divorzile che andrebbe a gravare sul ricorrente il quale, con i propri redditi, deve provvedere al mantenimento del figlio nato dopo la separazione e che, comunque, dal 2008, ha contribuito al mantenimento della moglie la quale ha così potuto, godendo per ben nove anni del versamento del marito, meglio organizzare la propria vita di donna separata.
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La domanda riconvenzionale in parte qua deve, quindi, essere rigettata.
La finalità propria del contributo economico sino ad ora goduto dalla resistente induce il Collegio a far salvi i provvedimenti economici vigenti sino alla data della presente decisione come assunta in camera di consiglio.
Si compensano le spese in considerazione della natura dei rapporti tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale di Roma. I sezione civile – vista la sentenza parziale n. 24946/2015.
con cui è stata dichiarata la cessazione degli effetti civili del matrimonio, definitivamente pronunciando, così provvede:
– salvi per il passato i provvedimenti presidenziali, rigetta la domanda riconvenzionale di assegno divorzile e compensa le spese di lite. Così deciso in Roma il 9 giugno 2017.
Depositata in Cancelleria il 26 settembre 2017.