Quando possiamo rivolgerci al Tar? Entro quando possiamo farlo? Vediamo in dettaglio come il cittadino può ribellarsi alla Pubblica amministrazione
Lo sentiamo pronunciare spesso nei telegiornali e lo leggiamo sui quotidiani: “tizio ha fatto ricorso al Tar”. La sigla Tar è entrata nel parlare quotidiano, ma quanti in realtà conoscono il suo significato e cosa sia davvero? Sarebbe opportuno invece saperlo bene, perché tutti potremmo averne bisogno. Diciamo innanzitutto che il ricorso al Tar è un modo che noi cittadini abbiamo per rispondere a muso duro alla pubblica amministrazione – allo Stato, al nostro Comune, alla nostra Regione, alla Prefettura, alle istituzioni scolastiche – quando questi emettono atti che ci danneggiano e che noi non vogliamo accettare. In pratica, di fronte a un provvedimento emanato dallo Stato possiamo opporci, impugnandolo di fronte al Tar. Già qui una parte di arcano è svelata: è un tribunale. Vediamo allora che tipo di tribunale è, quando possiamo interpellarlo e i termini per fare ricorso al Tar.
Indice
Cos’è il Tar?
Abbiamo già anticipato che si tratta di un Tribunale. Scendiamo ora un po’ più in dettaglio. Il Tar è il tribunale amministrativo regionale, un organo giudiziario che ha il compito di decidere sulle questioni di natura, appunto, amministrativa. Quando una questione diventa tale? Quando rientra nella sfera della pubblica amministrazione: il lento e complicato carrozzone della macchina statale, che spesso tanti danni fa ai cittadini.
Nello specifico è un tribunale di primo grado, specializzato nella giustizia amministrativa [1], dedicato a chiunque ritenga che la pubblica amministrazione (lo Stato e tutta la compagine degli enti pubblici) abbiano leso un proprio diritto.
Dove ha sede il Tar?
Il suo nome è tribunale regionale. Già questo indica il fatto che ogni Regione italiana ha il suo Tribunale amministrativo: Tar dell’Emilia Romagna, Tar della Sicilia, Tar della Calabria. Anche se, diciamoci la verità, il più famoso di tutti è il Tar del Lazio. E ogni tribunale regionale ha la sua sede, di norma, nel capoluogo di Regione, ma possono anche esserci sezioni più piccole e distaccate.
In Italia abbiamo venti Tar. Se dobbiamo fare un ricorso in Calabria dobbiamo bussare alla porta del Tar di Reggio Calabria o di Catanzaro. Se ci serve il Tar dell’Emilia Romagna dobbiamo andare a Bologna e Parma. Se invece il nostro ricorso va fatto al Tar della Lombardia, andremo a Milano e a Brescia. Così come sui ricorsi in Puglia decidono i Tar di Lecce e Bari. E così via.
Che poteri ha il Tar?
La sua natura di Tribunale amministrativo, peraltro regionale, lo porta ad avere competenza a giudicare e decidere su tutte queste questioni: amministrative e territoriali. In particolare decide sugli atti e i provvedimenti amministrativi emanati:
- da organi territoriali della pubblica amministrazione aventi effetto solo sul territorio di competenza: ad esempio Comuni, Regioni, Prefetture, ecc.
- dallo Stato, quando i provvedimenti hanno carattere generale e ultra-regionale. In questo caso la competenza a decidere sui ricorsi è in mano al Tar del Lazio.
È un Tribunale di primo grado, quindi i giudici del Tar decidono in prima istanza ed emettono sentenze di primo grado, che possono:
- annullare l’atto impugnato dal cittadino
- modificare l’atto impugnato dal cittadino
- revocare l’atto impugnato dal cittadino
Quando può intervenire il Tar?
Ma quando il Tar può decide se revocare, annullare o modificare gli atti. In pratica quando può intervenire sui ricorsi presentati?
Lo può fare solo per vizi di legittimità del provvedimento amministrativo oggetto de ricorso. Cioè quando:
- Per incompetenza e violazione della legge (cioè quando l’atto emanato è in contrasto con una norma. Magari c’è stata un’interpretazione sbagliata della legge)
- Vizi di forma (mancano elementi formali che rendono quell’atto valido, la motivazione)
- Eccesso di potere (i fatti vengono travisati, la motivazione è illogica, c’è una disparità di trattamento, l’atto è ingiusto, ecc)
- In alcuni casi il Tar può anche entrare nel merito dell’atto, mettendo mano al potere discrezionale di quell’ente pubblico che ha emanato quell’atto (il provvedimento emanato è sbagliato).
Quando si fa ricorso al Tar?
Abbiamo detto che gli atti su cui interviene il Tar sono quelli amministrativi. E solo su questi dobbiamo basarci quando presentiamo ricorso. Non possiamo bussare alla porta del Tar della nostra regione per un litigio condominale (in questo caso c’è il giudice di pace o comunque il giudizio civile).
Dobbiamo rivolgerci al tribunale amministrativo solo quando un atto o provvedimento della pubblica amministrazione ha leso un nostro diritto. O almeno così riteniamo. È il classico ricorso amministrativo: una specie di richiesta che facciamo direttamente al Tribunale, a cui chiediamo di esaminare e dare il suo giudizio (tramite sentenza) su un determinato provvedimento amministrativo che riteniamo lesivo dei nostri interessi e diritti di cittadini.
Qualche esempio? Una multa ingiusta, concorsi pubblici con regolamenti ingiusti o con esiti ingiusti, un decreto di esproprio a nostro carico, una bocciatura scolastica che riteniamo illegittima.
Ci possiamo rivolgere al Tar anche in caso di silenzio della pubblica amministrazione: quando cioè la pubblica amministrazione non ci risponde entro i termini stabiliti per legge. Ad esempio facciamo una richiesta di concessione edilizia e non riceviamo risposta.
In sostanza quando ci rivolgiamo a questo tribunale possiamo chiedere l’annullamento dell’atto in sé e possiamo anche chiedere il risarcimento del danno.
Entro quando si può fare ricorso al Tar?
Veniamo ora al cuore del nostro quesito. Entro quali termini fare ricorso al Tar. In pratica, come tutte le questioni giudiziarie, anche i ricorsi amministrativi scadono. Allora è meglio conoscere i tempi entro cui possiamo suonare al campanello del Tribunale amministrativo regionale per impugnare un provvedimento.
Innanzitutto non dobbiamo confonderci, perché esistono due tipologie di scadenze che dobbiamo rispettare: la decadenza e la prescrizione. Ci sono poi anche tempi diversi a seconda che, oltre all’annullamento del’atto lesivo, vogliamo anche chiedere il risarcimento danni. Vediamo i casi.
La decadenza
Ci sono dei tempi massimi entro cui possiamo presentare un ricorso davanti ai giudici del Tar. In particolare [2]:
- Dobbiamo presentare ricorso al Tar entro 60 giorni dalla notifica o dalla pubblicazione dell’atto amministrativo che vogliamo impugnare (a meno che non si tratti di provvedimenti in materia di appalti per i quali si deve presentare ricorso entro 30 giorni)
- Entro ulteriori 30 giorni dobbiamo poi depositare quel ricorso presso gli uffici della Segreteria del Tar competente (da questo momento si instaura il processo)
- Se vogliamo chiedere solo il risarcimento danni, dobbiamo farlo entro 120 giorni dalla data in cui veniamo a conoscenza di quell’atto.
- Se oltre a chiedere l’annullamento dell’atto amministrativo vogliamo anche richiedere il risarcimento del danno, possiamo farlo anche nel corso del giudizio o comunque entro 120 giorni dal passaggio in giudicato della sentenza (la conclusione del processo). Il risarcimento danni può essere sempre richiesto, anche se abbiamo lasciato scadere i termini per l’impugnazione dell’atto
La prescrizione
La prescrizione è il termine massimo che la legge dà ai diritti soggettivi (i nostri diritti di cittadini) per essere fatti valere. Gli interessi possono anche essere quelli di un ente o di un organo dello stato. Pensiamo ad esempio al tempo massimo che la pubblica amministrazione ha per la riscossione delle multe, scaduti i quali non potrà più chiederci nulla.
Anche i diritti soggettivi in ambito amministrativo cadono in prescrizione, cioè scadono e, dal momento in cui sono scaduti non possono essere più fatti valere.
Abbiamo un termine di prescrizione di 10 anni ad esempio nel caso del giudizio di ottemperanza [3]. Si tratta in pratica di un’ulteriore possibilità di ricorso che il cittadino ha nel momento in cui esce vittorioso da una sentenza del Tar, ma la pubblica amministrazione condannata non obbedisce ai giudici e fa orecchie da mercante. Allora il cittadino può tornare dal giudice stesso e chiedergli di obbligare l’organo della pubblica amministrazione moroso a dare esecuzione alla sentenza del giudice, ad esempio annullando quell’atto a danno del cittadino che il giudice aveva già chiesto di annullare.
Se vogliamo promuovere un giudizio di ottemperanza quindi possiamo farlo entro 10 anni.
Come presentare ricorso al Tar?
Analizzati i termini entro cui presentare ricorso, vediamo ora come impugnare concretamente un atto della pubblica amministrazione davanti al Tar.
È importante sapere prima di tutto che il fatto che stiamo presentando ricorso non significa che gli effetti di quell’atto contestato siano sospesi in automatico. Anzi, quell’atto continua a essere in vigore (l’amministrazione quindi può esercitare il suo diritto di far valere quell’atto nei nostri confronti).
Deve esserci un’apposita richiesta su istanza da parte nostra (e per motivi gravi) affinché il Tar sospenda gli effetti del provvedimento impugnato: la cosiddetta misura cautelare sospensiva. A decidere se gli effetti saranno sospesi o no sarà un’apposita Camera di consiglio.
Vediamo ora come presentare ricorso al Tar:
- Rivolgiamoci innanzitutto a un avvocato, perché è fondamentale e obbligatorio per impugnare atti amministrativi davanti al Tar
- Dal momento in cui ci viene notificato l’atto amministrativo incriminato, abbiamo 60 giorni di tempo per presentare ricorso: occhio perché allo scadere dei 60 giorni dobbiamo aver notificato all’organo della pubblica amministrazione che ha emesso quell’atto e tutte le altre parti coinvolte, il nostro ricorso. Dobbiamo quindi avvisare tutti a mezzo notifica entro questo termine.
- Il nostro ricorso deve poi essere depositato negli uffici della Segreteria del Tar competente a giudicare. Se una scuola di Venezia boccia nostro figlio e vogliamo fare ricorso, andremo dal Tar di Venezia.
- Nel momento in cui il ricorso è depositato al Tar inizia il processo.
- Si possono chiedere nel corso del giudizio misure cautelari, come la sospensiva. E si può anche chiedere una sentenza di condanna al risarcimento danni, oltre all’annullamento dell’atto impugnato
- Possono essere fissate diverse udienze per discutere il merito del ricorso
- Al termine del processo il Tar emette la sua sentenza, che è subito operativa, ma resta comunque sentenza di primo grado e quindi impugnabile.
- La sentenza del Tar può essere di annullamento, revoca o modifica dell’atto amministrativo
Non scordiamoci che il Tar non è obbligato a mettere in piedi un processo quando presentiamo ricorso. Se lo ritiene può considerare il nostro ricorso inammissibile e rigettarlo. In questo caso non si aprirà nessun giudizio. Se accoglie il ricorso invece si metterà in moto la macchina processuale appena descritta, che si concluderà con la sentenza.
Posso impugnare le sentenze del Tar?
Il Tar ha emesso la sua sentenza. L’esito però è stato a nostro sfavore e vogliamo impugnarla. Possiamo? Certo. Come abbiamo anticipato, il Tar è un tribunale di primo grado, e quindi le sue sono sentenze di primo grado, alle quali possiamo presentare appello.
Per impugnare una sentenza del Tar dobbiamo fare ricorso al Consiglio di stato (che opera come tribunale di secondo grado) entro 60 giorni dalla notifica della sentenza del Tar. In teoria i gradi di giudizio finiscono qui. Non c’è un terzo grano di appello se la decisione del Consiglio di Stato non ci piace. Possiamo eventualmente ricorrere in Cassazione solo quando mettiamo in discussione la legittimità giurisdizionale [4]: ad esempio riteniamo che su questo caso non debba decidere la giustizia amministrativa, ma quella ordinaria civile.
note
[1] Art. 125 Costituzione italiana
[2] Art. 41 e ss. Cod. proc. amm.
[3] Art. 114 cod. proc. amm.
[4] Art. 110 cod. proc. amm.
è d’obbligo avere un avvocato?
Rivolgersi ad un avvocato è obbligatorio per impugnare atti amministrativi davanti al Tar.
Quanto costa?
Ho consultato un amministrativista per proporre ricorso avverso un provvedimento della p.a. Orbene, ho fatto presente di potermi avvalere del gratuito patrocinio ma mia ha risposto che avrei comunque dovuto pagare 1500 euro a titolo di onorario, ad eccezione del contributo unificato che ammontava a € 325.
E’ possibile richiedere il compenso nonostante il gratuito patrocinio?
Grazie
Rilevo un errore grave nel Vs. articolo “Dal momento in cui ci viene notificato l’atto amministrativo incriminato, abbiamo 60 giorni di tempo per presentare ricorso: occhio perché allo scadere dei 60 giorni dobbiamo aver notificato all’organo della pubblica amministrazione che ha emesso quell’atto e tutte le altre parti coinvolte, il nostro ricorso. Dobbiamo quindi avvisare tutti a mezzo notifica entro questo termine.”
NON E’ VERO.
Il ricorso deve essere notificato, a pena di decadenza, all’amministrazione che ha emesso l’atto impugnato e ad almeno uno dei controinteressati che sia individuato nell’atto stesso.
E’ evidente che quanto riportato da chi ha scritto l’articolo, letto da un addetto ai lavori, fa pensare che per ricorrere alla graduatoria di un Concorso Pubblico di 1000 candidati, si dovrebbe notificare il ricorso a tutti i 1000 candidati. Ciò non è vero e Vi invito a correggere quanto riportato. Basta notificare il ricorso alla P.A. e ad almeno 1 candidato.
Grazie per l’attenzione. Dott. Claudio Noschese.