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Termine per divorzio

1 Marzo 2018 | Autore:
Termine per divorzio

Divorzio breve: come ottenerlo consensualmente, in tribunale, con la negoziazione assistita e davanti all’ufficiale dello stato civile.

Nel 2015 una nuova legge [1] ha rivisto i termini per ottenere il divorzio. Scopo della riforma è di accelerare i tempi affinché due coniugi possano separarsi e, poi, divorziare, in un’ottica anche di economia processuale, viste le diverse modalità con cui oggi si può sciogliere il vincolo matrimoniale.

Un modo per far risparmiare tempo e denaro oppure di incentivare i divorzi? Ai posteri l’ardua sentenza. Nel frattempo, vediamo qual è il termine per divorzio.

Divorzio: cos’è?

Forse non tutti sanno che la legge italiana non parla mai di divorzio, ma di scioglimento del matrimonio oppure, se si tratta di matrimonio concordatario, cioè di matrimonio contratto in chiesa secondo il rito cattolico, di cessazione degli effetti civili del matrimonio.

La legge che ha introdotto nel nostro Paese il divorzio risale al 1970 [2]. Secondo questo provvedimento, il giudice può pronunciare il divorzio quando accerta che la comunione spirituale e materiale tra i coniugi non può essere mantenuta o ricostituita in presenza di una delle cause previste dalla legge stessa.

Divorzio: quali sono le cause?

Sempre secondo la legge, il divorzio può essere domandato  da uno dei coniugi nelle seguenti circostanze:

  1. quando, dopo la celebrazione del matrimonio, l’altro coniuge è stato condannato in via definitiva, anche per fatti commessi in precedenza, alla pena dell’ergastolo ovvero ad una pena superiore ad anni quindici, o per reati gravi contro la famiglia, nonché per induzione, costrizione, sfruttamento o favoreggiamento della prostituzione;
  2. quando l’altro coniuge è stato assolto per vizio totale di mente da uno dei delitti previsti sopra, se il giudice competente a pronunciare lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio accerta l’inidoneità del convenuto a mantenere o ricostituire la convivenza familiare;
  3. è stata pronunciata con sentenza passata in giudicato la separazione giudiziale fra i coniugi, ovvero è stata omologata la separazione consensuale ovvero è intervenuta separazione di fatto quando la stessa è iniziata almeno due anni prima dell’entrata in vigore della legge del 1970;
  4. anche se il procedimento penale intrapreso contro uno dei coniugi per i delitti gravi previsti dalla legge si è concluso con sentenza di non doversi procedere per estinzione del reato, quando il giudice competente a pronunciarsi sul divorzio ritiene che nei fatti commessi sussistano gli elementi costitutivi e le condizioni di punibilità dei delitti stessi;
  5. l’altro coniuge, cittadino straniero, ha ottenuto all’estero l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio o ha contratto all’estero nuovo matrimonio;
  6. il matrimonio non è stato consumato;
  7. è passata in giudicato sentenza di rettificazione di attribuzione di sesso.

Divorzio: quali sono i termini?

Nei casi indicati, prima della riforma del 2015 la legge diceva che per la richiesta di divorzio le separazioni dovevano essersi protratte ininterrottamente per almeno tre anni dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale, anche nel caso di separazione personale.

A seguito della riforma, come anticipato, i termini sono stati notevolmente ridotti ed è stata introdotta una differenza tra separazione giudiziale e separazione consensuale (cioè, voluta di comune accordo da entrambi i coniugi).

Ed infatti, la nuova norma dice che per la proposizione della domanda di divorzio le separazioni devono essersi protratte ininterrottamente da almeno dodici mesi dall’avvenuta comparizione dei coniugi innanzi al presidente del tribunale nella procedura di separazione personale e da soli sei mesi nel caso di separazione consensuale.

Questo termine brevissimo di sei mesi vale anche:

  • quando il giudizio contenzioso si sia trasformato in consensuale;
  • dalla data certificata nell’accordo di separazione raggiunto a seguito di convenzione di negoziazione assistita da un avvocato;
  • dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile.

Divorzio: come ottenerlo?

Da quanto abbiamo appena detto si evince che la nuova legge non solo ha ridotto i termini per ottenere il divorzio a seguito di separazione, ma ha anche previsto nuovi modi di separarsi.

In precedenza, infatti, la separazione personale dei coniugi era solo di due tipi: giudiziale e consensuale [3].

La separazione giudiziale

La separazione giudiziale presuppone una situazione di conflitto tra i coniugi che, non avendo raggiunto un accordo, si rivolgono al giudice. Può essere domandata da uno o da entrambi i coniugi quando si verificano fatti tali da rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza o da recare grave pregiudizio all’educazione della prole.

La separazione consensuale

La separazione consensuale, al contrario, presuppone un accordo dei coniugi, accordo che ha ad oggetto non solo l’opportunità di procedere alla separazione, ma anche la regolamentazione dei loro rapporti patrimoniali e le decisioni relative all’affidamento dei figli ed al loro mantenimento.

Attesa la delicatezza delle situazione che la separazione va ad incidere, anche nel caso in cui essa sia consensuale è necessario un passaggio davanti al giudice: l’accordo dei coniugi, infatti, per diventare efficace, deve essere sottoposto alla valutazione del giudice e, più precisamente, deve essere omologato dal tribunale. Una separazione consensuale non omologata resta soltanto una separazione di fatto.

Divorzio: come ottenerlo senza andare dal giudice?

Dicevamo che, a seguito della riforma, non solo i termini del divorzio di sono accorciati, ma ora è anche possibile separarsi senza ricorrere al tribunale.  Ed infatti, è possibile farlo con l’assistenza di un avvocato oppure addirittura davanti all’ufficiale dello stato civile. Vediamo, però, a quali condizioni.

Il divorzio a seguito di negoziazione assistita

La legge consente ai coniugi di recarsi dal proprio avvocato di fiducia per ottenere la separazione o il divorzio. Lo strumento è quello della negoziazione assistita, ossia di una specie di mediazione che termina in una convenzione (cioè, in un accordo) con cui le parti regolamentano i loro rapporti.

I coniugi dovranno obbligatoriamente farsi assistere almeno da un avvocato per parte e concludere il procedimento in un lasso di tempo determinato dalle stesse parti che, in ogni caso, non può essere inferiore a un mese né superiore a tre, prorogabile di ulteriori trenta giorni su accordo delle parti.

L’accordo deve essere redatto per iscritto, a pena di nullità, e sottoscritto dalle parti e dai rispettivi avvocati. La convenzione deve contenere: la modifica dello status dei coniugi; gli aspetti economici della cessazione dell’unione coniugale; le disposizioni riguardanti i figli e, quindi, il loro affidamento e il relativo mantenimento.

L’accordo, tuttavia, non è completamente esente da una fase giudiziale. Ed infatti, in assenza di figli (minorenni o maggiorenni incapaci o non autosufficienti), l’accordo concluso deve essere trasmesso al pubblico ministero presso la Procura della Repubblica competente per territorio, il quale deve concedere il suo nulla osta. Se il p.m. rileva delle irregolarità, l’accordo torna alle parti che rinegoziano l’accordo o, in assenza di un comune consenso, possono procedere in via giudiziale.

Diversa è la situazione in presenza di figli minori o maggiorenni incapaci o non economicamente autosufficienti; in questo caso l’accordo, nel termine perentorio di dieci giorni dalla sua conclusione, deve essere trasmesso al pubblico ministero che può autorizzarlo se ritiene lo stesso corrispondente all’interesse dei figli oppure, se non valuta positivamente detto aspetto, lo trasmette entro cinque giorni al Presidente del tribunale.

L’avvocato è tenuto a trasmettere all’ufficiale dello stato civile del Comune in cui il matrimonio fu iscritto o trascritto, l’accordo autenticato dallo stesso, munito delle certificazioni.

Il divorzio davanti all’ufficiale dello stato civile

Ancora più celere (ed economica) è la procedura della separazione o del divorzio davanti all’ufficiale dello stato civile.

A differenza della negoziazione assistita, i coniugi non sono obbligati a farsi assistere da un avvocato; ciò accade perché questo tipo di separazione può essere concluso esclusivamente da coniugi senza figli minorenni o maggiorenni incapaci o portatori di handicap ovvero economicamente non autosufficienti e non può contenere patti di trasferimento patrimoniale.

I coniugi comunicano personalmente all’ufficiale dello stato civile (in genere il sindaco) la loro volontà di far cessare gli effetti civili del matrimonio o ottenerne lo scioglimento dello stesso, secondo le modalità concordate tra essi.

La norma precisa che i coniugi che abbiano effettuato la dichiarazione di volere divorziare siano riconvocati dall’ufficiale dello stato civile non prima di trenta giorni, per la conferma dell’accordo.

L’accordo concluso innanzi all’ufficiale dello stato civile, così come avviene per la negoziazione assistita, produce gli effetti di un provvedimento giudiziale sin dalla data dell’atto contenente l’accordo di separazione o divorzio, e non da quella della conferma.

Come detto, il divorzio davanti all’ufficiale dello stato civile può ottenersi soltanto a determinate condizioni. Una circolare ministeriale [4], però, ha precisato che questo tipo di divorzio non è percorribile in presenza di figli minori, di figli maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, ovvero economicamente non autosufficienti, soltanto quando questi siano figli di entrambi i coniugi. In caso contrario, cioè se sono figli di una sola delle parti, potrà procedersi senza problemi.

La stessa circolare ha precisato, altresì, che non rientra nell’ipotesi di divieto di trasferimento patrimoniale, l’accordo in merito all’obbligo di pagamento di un assegno periodico di mantenimento. Rimane vietato, al contrario, l’obbligo di pagamento in una unica soluzione.


note

[1] Legge n. 55/2015 del 06.05.2015.

[2] Legge n. 898/1970 del 01.12.1970.

[3] Art. 150 cod. civ.

[4] Circolare del Ministero dell’Interno, n. 6/2014 del 24 aprile 2015.


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