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Se il regolamento di condominio vieta il barbecue

10 Marzo 2018
Se il regolamento di condominio vieta il barbecue

Vivo in un condominio a corte, al piano terra, unità di testa più esterna. Ho un giardino verso la corte di 60 mq e il punto più lontano del mio giardino è a 8 metri dai muri e balconi. Il regolamento cita “È vietato, sui balconi, produrre fumi derivanti da cottura alla brace di carne, pesce o altro (barbecue) fatta eccezione per le unità poste all’ultimo piano, dotati di terrazzo a lastrico solare”. Io uso regolarmente il bbq chiuso e avviso sempre, limitando fumi di accensione e utilizzando tecniche indirette (non direttamente sulla brace ma uso il coperchio come se fosse un forno) e i fumi sono bianchi e rarefatti come una pentola d’acqua, mettendomi il più lontano possibile nel mio giardino. Il regolamento pone un limite a chi ha il giardino, oltre a quello stabilito dal codice civile?

 

La norma del regolamento condominiale riportata dal lettore è alquanto chiara: essa vieta di produrre fumi derivanti da cottura alla brace sui balconi (tranne che sui terrazzi dell’ultimo piano).

In base perciò alla norma del regolamento condominiale non si può in ogni caso sui balconi condominiali produrre fumi derivanti da cottura alla brace.

Naturalmente, però, le norme vanno anche interpretate (verificando quale sia lo scopo per cui esse sono state scritte) per cui si potrebbe anche dire che ciò che in effetti la norma vuole vietare non è la produzione di fumo ma che venga prodotto un fumo capace di arrecare effettivo disturbo ai vicini.

Bisogna precisare che questa è un’interpretazione “elastica” della norma che, invece, così come è scritta vieta puramente e semplicemente che si producano fumi sui balconi indipendentemente dal fatto che essi siano o meno fastidiosi.

Oltre alle norme del regolamento condominiale, tenga conto che la legge (articolo 844 del codice civile) consente al proprietario o anche all’affittuario di un appartamento di agire in giudizio per far cessare le cosiddette “immissioni” moleste provenienti dalle proprietà confinanti, cioè anche agli odori che causino disturbo al comodo godimento dell’appartamento del lettore e che superino la normale tollerabilità.

Si noti che la legge fa riferimento al concetto di “normale tollerabilità” che è un concetto elastico e che va valutato caso per caso tenendo anche conto delle concrete condizioni dei luoghi: chiaramente se i fumi fossero, nel caso specifico, tali da non arrecare alcun serio disturbo essi non potrebbero essere vietati dal giudice (la normale tollerabilità può essere valutata anche tenendo conto di testimoni e la valutazione finale, rimessa al prudente apprezzamento del giudice, deve mirare a bilanciare il diritto a poter godere pienamente la proprietà o la disponibilità di un appartamento senza subire immissioni maleodoranti con il diritto a poter utilizzare pienamente la proprietà anche per effettuarvi la preparazione di cibi con l’utilizzo del barbecue).

Nel caso specifico, però, alla norma dell’articolo 844 del codice civile (che prevede in generale che non si possano propagare fumi nelle proprietà vicine se essi superino la normale tollerabilità) si sovrappone una norma del regolamento condominiale molto più severa che vieta senza mezzi termini di produrre fumi sui balconi attraverso la cottura alla brace indipendentemente dal fatto che superino o meno la normale tollerabilità.

E la norma del regolamento condominiale prevale sulla norma di legge (articolo 844 del codice civile).

Stando così le cose se il lettore riuscisse a cucinare sul suo balcone alla brace senza produrre alcun tipo di fumo è chiaro che ciò gli sarà sempre consentito e nessuno potrà chiedere all’amministratore del condominio di diffidarlo dal continuare a cucinare alla brace sul suo balcone.

Nel caso in cui, invece, i fumi vi fossero (nonostante le precauzioni del lettore di contenerli), allora ci potrebbe essere chi, invocando la norma del regolamento condominiale, chiederà all’amministratore di ordinargli di non cucinare più sul balcone indipendentemente dal fatto che quei fumi siano effettivamente capaci di creare un qualche fastidio.

Se questo avvenisse, se cioè ci fosse un vicino del lettore che gli chiedesse (direttamente o attraverso l’amministratore del condominio) di non cucinare più sul balcone producendo fumi (invocando la norma del regolamento condominiale), allora nel caso in cui questi continuasse a farlo (sostenendo che i fumi in realtà non sono tali da infastidire nessuno) la questione potrebbe anche sfociare in una causa civile in cui toccherà al giudice (valutando, come si dirà breve, l’intero regolamento condominiale ed il comportamento complessivo dei condomini) di decidere se essa in realtà vuole vietare comunque ed in ogni caso di produrre fumi attraverso la cottura alla brace sui balconi, oppure se lo scopo della norma è quello di vietare di produrre fumi solo quando essi siano idonei a molestare e infastidire i vicini.

Si tenga conto che nell’interpretare una clausola di regolamento condominiale si devono applicare le stesse regole previste per l’interpretazione dei contratti (articolo 1362 e seguenti del codice civile): e la legge chiarisce che il giudice, quando è chiamato ad interpretare una clausola, deve indagare l’intenzione delle parti non limitandosi al senso letterale delle parole.

Pertanto, se dalla lettura complessiva del regolamento condominiale e dal comportamento dei condomini (tenuto da essi nel corso degli anni), dovesse emergere nel corso dell’eventuale processo che l’intenzione era non quella di vietare il fumo prodotto dalla cottura alla brace, ma di vietare solo il fumo capace effettivamente di arrecare fastidio, allora in questo eventuale processo sarà data ragione al lettore e non potrà essergli vietato di produrre fumi se essi non siano tali da causare alcun fastidio ai vicini.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Angelo Forte



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