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La madre perde il figlio se va a vivere da un altro uomo?

30 Aprile 2018
La madre perde il figlio se va a vivere da un altro uomo?

La mia compagna ancora tutt’ora convive con il padre di suo figlio perché quest’ultimo l’ha minacciata di toglierle il figlio quattordicenne se lei va via da casa per venire a vivere da me. È possibile che il padre possa togliere il figlio alla madre solo perché ha scelto di venire a vivere con me?

A seguito dell’entrata in vigore della Legge 54/2006, cosiddetta “Legge sull’affido condiviso”, in caso di separazione, divorzio, o scioglimento della convivenza di fatto, in presenza di figli minori, il giudice in prima battuta, salvo prova contraria, affida il minore ad entrambi i genitori. Ciò significa che i genitori, pur separati come coppia, dovranno continuare ad assumere insieme tutte le decisioni più rilevanti per la vita del figlio (salute, educazione, eccetera). Un affido esclusivo potrà essere disposto solo in caso di pregiudizio per la vita del minore (genitore disinteressato sia moralmente sia economicamente alla vita dello stesso, tossicodipendente, alcooldipendente, eccetera).

Inoltre il giudice stabilisce anche la collocazione prevalente del minore presso l’uno o l’altro dei genitori.

In caso di disaccordo della coppia genitoriale in ordine alla collocazione del figlio, sarà il giudice a decidere. Per pervenire a detta decisione il magistrato potrà ad esempio decidere di disporre un ascolto del minore. Essere ascoltati nei procedimenti di separazione e divorzio per i bambini è un vero e proprio diritto sancito oltre che dalla Legge 54/2006 anche dalla Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (20/11/1989) al fine di far emergere il loro punto di vista del quale non si potrà non tenere conto. L’esperienza tuttavia insegna che l’ascolto di un minore può rivelarsi anche molto pericoloso in quanto spesso i figli hanno una posizione, in buona fede, molto diversa da quella che ci si aspetta.

Ciò premesso si precisa che la giurisprudenza che negli ultimi che ha avuto modo di occuparsi del tema non ha mai ritenuto l’orientamento sessuale di uno dei genitori pregiudizievole per l’affidamento dei figli. Ad esempio il Tribunale di Nicosia (Ord. 14/12/2010), ad un padre che, nel corso della separazione, richiedeva l’affido esclusivo del figlio a causa della presunta relazione omosessuale della moglie ha negato la domanda ritenendo che: «l’eventuale relazione omosessuale della madre separanda, laddove non comporti pregiudizio per la prole, non costituisce ostacolo all’affidamento condiviso dei minori ed alla individuazione della dimora degli stessi presso l’abitazione della madre».

Nello stesso filone si possono registrare anche che i provvedimenti pronunciati dai Tribunali di Bologna, Napoli e Catanzaro.

I giudici ritengono che l’orientamento omosessuale non possa giustificare un affidamento esclusivo all’altro, ma anzi che l’atteggiamento eventualmente discriminatorio dell’altro coniuge possa denotare un’inidoneità di questi all’affidamento condiviso.

Nel caso specifico, pertanto, a parere dello scrivente, salvo altri e diversi risvolti allo stato non noti, considerata anche l’età del minore in questione, non vi dovrebbero essere problemi per un affidamento condiviso e la collocazione del figlio presso la madre.

Il consiglio pratico che si offre è il seguente, a prescindere dall’orientamento sessuale dei genitori, quando ci si separa è buona regola, prima di mettere a contatto i figli con i nuovi partner, utilizzare una certa gradualità ed assicurarsi, sempre nell’interesse del minore, che la relazione goda di una certa stabilità.

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Serafina Funaro



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