Il contratto simulato, la simulazione assoluta e quella relativa, gli effetti nei confronti delle parti e dei creditori: come si fa un contratto simulato e come si impugna davanti al giudice.
“Simulare” vuol dire “fingere”. E chi finge sta nascondendo qualcosa che, di solito, non è legale. Ecco perché spesso il pensiero del cittadino medio, quando si parla di simulazione di un contratto, va a una pratica illecita, vietata e truffaldina. Ma è sempre così? Per niente. Quando lo scopo della simulazione non è truffare un’altra persona, lo Stato o il fisco, tale pratica è consentita dalla legge. Possiamo quindi dire che esistono simulazioni lecite e simulazioni illecite. Ad esempio, un uomo e una donna potrebbero sposarsi senza perciò avere alcuna intenzione di condurre una normale vita di coppia; il che succede per consentire a chi ha assistito un altro negli ultimi anni della sua vita, di diventarne erede senza subire le contestazioni dei restanti familiari. Se però lo scopo del matrimonio è quello di dare la cittadinanza a uno straniero, la legge potrebbe intervenire e impedire il prodursi di questo effetto. Proprio per questo, pur riservandosi la facoltà di sanzionare le condotte illecite, la legge ammette e disciplina la simulazione di contratto con delle norme contenute nel codice civile. Di tanto parleremo in questo articolo cercando però di concentrarci sulle conseguenze pratiche di questo particolare istituto.
Indice
- 1 Simulazione assoluta e relativa: che differenza c’è?
- 2 Simulazione lecita e illecita
- 3 Cosa è necessario per fare una simulazione?
- 4 Quando non è possibile la simulazione
- 5 La simulazione per frodare i creditori
- 6 Perché esiste la simulazione del contratto?
- 7 Simulazione e imposta di registro
- 8 Che effetti ha il contratto simulato?
- 9 Se si vende il bene oggetto di un contratto simulato
- 10 L’azione di simulazione
Simulazione assoluta e relativa: che differenza c’è?
La simulazione è l’operazione con la quale le parti “fingono” di porre in essere un determinato contratto, mentre in realtà:
- non vogliono che si realizzi nessun contratto (simulazione assoluta);
- vogliono realizzare un contratto diverso (simulazione relativa).
La simulazione può quindi consistere in due tipi di comportamenti diversi. Li analizzeremo qui di seguito.
Simulazione assoluta
Nella simulazione assoluta le parti firmano un contratto ma, in realtà, non intendono rispettarlo e l’accordo resta lettera morta. È la cosiddetta simulazione assoluta. Ad esempio, si finge di vendere un appartamento ma questo rimane di proprietà del finto venditore. Il contratto simulato non ha effetto tra le parti.
Simulazione relativa
Nella simulazione relativa le parti chiamano il contratto in un determinato modo quando invece l’accordo sottostante è di tipo diverso e quindi produce gli effetti di una diversa scrittura privata. È la cosiddetta simulazione relativa. Il contratto simulato deve avere, in questo caso, i requisiti di sostanza e di forma del contratto diverso da quello apparentemente voluto. Ad esempio, se le parti simulano una compravendita, ma in realtà vogliono una donazione, devono effettuare la vendita apparente per atto pubblico e con la presenza di due testimoni, essendo questa la forma richiesta per la validità della donazione.
A sua volta, la simulazione relativa può essere di diversi tipi a seconda che la diversità tra il contratto simulato e quello dissimulato effettivo riguardi:
- la natura del contratto: è il caso in cui le parti pongono in essere una vendita simulata, volendo in realtà una donazione;
- l’oggetto del contratto: le parti dichiarano di vendere a 10.000 euro, ma in realtà vendono a 50.000 euro;
- i soggetti partecipanti al contratto (cosiddetta «interposizione fittizia»).
Interposizione fittizia di persona
Si parla di interposizione fittizia di persona quando la simulazione relativa dà luogo ad una falsa rappresentazione dei soggetti dell’atto.
Più precisamente, tale fattispecie ricorre quando il contratto simulato viene stipulato, ad esempio, tra A e B, ma entrambi sono d’accordo che gli effetti si producano nei confronti di C.
L’interposizione fittizia si distingue dalla interposizione reale che si verifica ogni qual volta un soggetto non volendo figurare come “parte” del contratto incarica un altro di trattare e concludere il contratto. Si pensi a una persona che, volendo acquistare un’azienda ma non volendo figurare come titolare, sceglie un “prestanome” affinché lo sostituisca nel contratto. Anche questo contratto è lecito a meno che non nasconda scopi fraudolenti. Ad esempio, se una persona nomina un’altra come amministratore pur esercitandone effettivamente le funzioni, in caso di fallimento può essere ugualmente ritenuta responsabile.
Ecco un altro esempio: il soggetto A vuole acquistare un bene da B ma non vuole apparire come acquirente per motivi fiscali. Si accorda allora con B e fa apparire che l’acquisto è realizzato da C. In tal caso l’accordo simulatorio coinvolge A (interponente), B (terzo) e C (interposto) e normalmente coinvolge prima l’interponente e l’interposto per poi essere portato a conoscenza del terzo che vi aderisce (formazione progressiva dell’accordo). In tal caso, secondo l’orientamento prevalente, per aversi simulazione, tutte le parti devono essere coinvolte nell’accordo: l’interponente, l’interposto e le altre parti del contratto simulato.
Simulazione lecita e illecita
Abbiamo detto che non sempre la simulazione è legale. Facciamo un esempio. Se una persona cede una casa a un’altra simulando una donazione quando invece si tratta di una vendita (il cui prezzo viene dato in contanti), sta evadendo il fisco e, quindi, la simulazione è illecita. Se però una persona anziana vuol cointestare il proprio conto corrente a un familiare ma solo per farsi aiutare nelle operazioni allo sportello, senza perciò volergli donare la metà dei soldi depositati, può benissimo farlo: in tal caso, si farà firmare un documento con cui, pur a fronte della cointestazione del conto, il nuovo titolare ammetterà che l’atto non produce gli effetti tipici di una donazione.
Cosa è necessario per fare una simulazione?
Simulare un contratto è la cosa più semplice di questo mondo. Basta firmare un contratto e stabilire “sottobanco” che quel contratto non produrrà effetti (simulazione assoluta) o produrrà gli effetti di un contratto diverso (simulazione relativa). Questo accordo segreto – se così vogliamo chiamarlo – è di solito scritto o, quantomeno, deve avere la stessa forma del contratto simulato. Se non fosse così, se una delle due parti dovesse ripensarci e dovesse preferire di dare attuazione effettiva al contratto potrebbe citare l’altra davanti a un giudice per ottenerne l’adempimento forzato.
Facciamo un esempio. Immaginiamo che un padre voglia aiutare un figlio in un momento di difficoltà economica, regalandogli dei soldi. Tuttavia, poiché non vuole creare dissapori con gli altri figli, fa apparire la consegna dei soldi come l’effetto della restituzione di un precedente prestito a lui fatto in precedenza ma in realtà mai avvenuto. Quindi, in tal caso, il padre e il figlio firmano un primo contratto con cui il primo dichiara di erogare un mutuo al secondo e quest’ultimo si impegna a restituirglielo in dieci rate da mille euro l’una. In un secondo documento, i due dichiarano però che il contratto non ha alcun valore e che nessun prestito, in realtà, è stato mai erogato. Chiaramente il primo contratto risulterà simulato solo se viene dimostrata l’esistenza del secondo. Ecco perché è bene che la scrittura “sottobanco” sia sempre scritta: per consentire una facile prova.
Dunque per realizzare la simulazione di un contratto tutto ciò che bisogna fare è:
- firmare una dichiarazione apparente: il cosiddetto contratto simulato;
- firmare una controdichiarazione occulta: il cosiddetto contratto dissimulato, il quale serve per esprimere la volontà effettiva delle parti.
Quando non è possibile la simulazione
Attenzione a non confondere la simulazione con la riserva mentale che è tutta un’altra cosa. Si pensi al caso di una persona che doni a un’altra la propria casa in cambio di assistenza morale e materiale mentre quest’ultima, pur accettando il contratto, non ha alcuna intenzione di fare da badante alla prima. In questa ipotesi potremmo piuttosto parlare di un inadempimento contrattuale. La simulazione, per essere tale, deve quindi ottenere il consenso di entrambe la parti, consenso che deve investire tanto il contratto simulato quanto quello dissimulato.
Per la stessa ragione la simulazione non può riguardare le dichiarazioni destinate al pubblico (ad esempio: un negozio che promette un concorso a premi o mette dei prezzi in vetrina per poi non applicarli alla cassa) o che attengono agli interessi di una pluralità indeterminata di persone (accettazione o rinuncia all’eredità).
La simulazione per frodare i creditori
Inutile dire che uno dei casi più frequenti in cui avviene la simulazione è quello rivolto a evitare il pignoramento dei creditori. E così fioccano una serie di pratiche uscite fuori dalla fantasia di avvocati e consulenti poco prudenti. Si pensi al caso di chi ha un debito con l’Agenzia delle Entrate per non aver presentato, per tre anni di seguito, la dichiarazione dei redditi; questi, per evitare futuri pignoramenti, dona la casa al figlio. Tale comportamento è molto pericoloso perché, se l’imposta evasa (in questo caso l’Irpef), è superiore a 50mila euro, si può essere incriminati per il reato di «sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte». Se l’evasione dovesse essere inferiore vale invece ciò che stiamo per dire qui di seguito.
Immaginiamo un’altra ipotesi abbastanza frequente. Una persona ha in corso una causa con un’altra e, temendo di perdere il processo, inizia a regalare tutti i propri beni ai figli; inoltre finge di separarsi dalla moglie e, a fronte della rinuncia da parte di questa all’assegno di mantenimento, le intesta la casa familiare. Qui, seppur non siamo dinanzi a un reato, il comportamento attuato dal debitore può essere considerato illecito e, quindi, contestato. Il creditore pregiudicato da un atto che lede le sue garanzie può difendersi in due modi. Il primo è la cosiddetta azione revocatoria. Ogni creditore può agire contro l’atto simulato per farlo dichiarare inefficace a condizione che l’azione sia intrapresa entro massimo cinque anni dall’atto stesso (dopodiché non è più possibile contestarlo) e che:
- se si tratta di una donazione: il debitore, a seguito della cessione del/dei bene/i, deve essere rimasto pressoché povero o comunque senza redditi sufficienti da poterli aggredire in una eventuale esecuzione forzata;
- se si tratta di una vendita: oltre alla condizione precedente, è anche necessario dimostrare che l’acquirente fosse consapevole della situazione debitoria del venditore.
Con l’azione revocatoria, la cessione (vendita o donazione che sia) è come se non fosse mai avvenuta e il creditore potrà pignorare il bene nonostante il passaggio di proprietà.
Oltre all’azione revocatoria, i creditori possono comunque far accertare la simulazione del contratto e, quindi, impugnarla senza bisogno delle prove che abbiamo appena elencato. Dovranno cioè azionare la cosiddetta azione di simulazione (di cui parleremo a breve) e dimostrare che tra le parti era in atto un accordo dissimulato in forza del quale il contratto simulato non avrebbe dovuto sortire effetti.
Altra ipotesi di una simulazione per sottrarsi ai debiti è quella di chi riceve delle cartelle esattoriali e, temendo il fermo amministrativo, cointesta l’auto a un convivente (situazione che impedisce il blocco del mezzo). Anche in questo caso, essendo l’atto simulato volto a ledere le garanzie del creditore, è possibile esperire l’azione per l’accertamento della simulazione.
Perché esiste la simulazione del contratto?
Da tutto ciò che abbiamo detto è facile comprendere come lo scopo più comune della simulazione è generalmente quello di eludere l’applicazione di norme inderogabili o quello di recare un pregiudizio ai diritti dei terzi.
Ciò nonostante il contratto simulato non è considerato un atto illecito e dunque i contraenti non hanno responsabilità (civili o penali) nei confronti dei terzi: questi, benché possano agire con l’azione di accertamento della simulazione o con l’azione revocatoria, non possono chiedere il risarcimento dei danni salvo dimostrino di aver subìto un danno.
Simulazione e imposta di registro
Il contratto simulato (nell’esempio sopra fornito, una compravendita immobiliare) deve essere registrato anche ove, in un secondo momento, la simulazione venga accertata in giudizio e da essa derivi la “nullità” dell’atto di vendita.
Infatti, la nullità dell’atto non esclude l’obbligo di registrazione e di pagamento dell’imposta di registro. Pertanto, l’accertata simulazione non fa venir meno l’obbligo di registrazione del contratto simulato.
L’imposta di registro pagata sull’atto simulato non può essere rimborsata, atteso che, nel caso della simulazione, l’annullamento è “imputabile” alle parti medesime.
Che effetti ha il contratto simulato?
Effetti nei confronti delle parti
Nei confronti delle parti, la simulazione assoluta non crea alcun effetto visto che sono gli stessi contraenti a non volerlo. Ad esempio, se una vendita era simulata, la cosa oggetto del contratto non passa in proprietà al compratore né questi è tenuto al pagamento del prezzo nei confronti del venditore.
Se uno dei soggetti che ha partecipato all’accordo simulatorio avanza delle pretese, la controparte può agire in giudizio per fare dichiarare la simulazione del negozio impedendo che questo produca i suoi effetti.
Nella simulazione relativa, invece, tra le parti ha effetto il contratto dissimulato, ossia il negozio diverso che esse hanno realmente voluto concludere, sempre che questo abbia i requisiti di validità e liceità.
Effetti nei confronti dei terzi
Solo eventuali terzi danneggiati possono agire in giudizio per dimostrare la simulazione e far valere la situazione reale. Si pensi al padre che, volendo regalare una casa al figlio ma non volendo che gli altri figli possano contestarlo, insceni una vendita simulata. All’atto dell’apertura della successione, gli altri fratelli possono però far dichiarare la vendita simulata e considerare quella casa come una forma di “anticipazione” dell’eredità. A tal fine la casa sarà considerata come donata e concorrerà alla quantificazione della quota della legittima.
Se si vende il bene oggetto di un contratto simulato
Chi acquista in buona fede un bene da chi, a sua volta, l’ha acquistato con un contratto simulato viene tutelato dall’ordinamento. E lo stesso vale se lo eredita. Vige infatti il cosiddetto «principio dell’apparenza» (chi crea una situazione non può far valere la situazione reale a danno dei terzi in buona fede).
Così ad esempio chi compra un bene da un soggetto che lo ha fittiziamente acquistato con un contratto simulato, può far valere la validità del suo acquisto anche se il soggetto da cui l’acquisto è avvenuto non è, in realtà, il proprietario del bene. Nel caso di beni mobili, l’avente causa dal simulato acquirente che, in buona fede, ha conseguito il possesso della cosa mobile oggetto del contratto simulato, prevale sull’avente causa dal simulato venditore.
Quando invece il contratto simulato è soggetto a trascrizione, il terzo acquirente di buona fede può opporre il suo acquisto se il suo titolo è stato trascritto prima della trascrizione della domanda di accertamento della simulazione.
L’azione di simulazione
Chi è stato pregiudicato da una simulazione (ad esempio creditori, eredi, ecc.) può agire davanti al giudice affinché accerti l’esistenza del contratto dissimulato e quindi dichiari l’inefficacia totale o parziale del contratto simulato e il reale rapporto che intercorre tra le parti.
Legittimati ad agire sono le stesse parti che hanno sottoscritto l’accordo e i terzi interessati, cioè i terzi attualmente o potenzialmente pregiudicati dalla situazione apparente (principalmente i creditori e gli aventi causa dell’alienante).
Se a far valere l’azione di simulazione sono le parti, queste sono vincolate a dimostrare la simulazione solo producendo la controdichiarazione, ossia il contratto dissimulato, essendo loro preclusa, normalmente, la prova per testi e per presunzioni in quanto si tratta di provare un fatto contestuale o anteriore (l’accordo simulato) contrario al contenuto del documento dal quale risulta il contratto simulato.
Invece i creditori o i terzi pregiudicati dalla simulazione possono dimostrare l’esistenza della simulazione con qualsiasi mezzo, anche mediante testimoni e presunzioni.
L’azione per far valere la simulazione assoluta può essere esercitata in qualsiasi momento, il che vuol dire che non cade mai in prescrizione. Invece nel caso di simulazione relativa l’azione finalizzata a far dichiarare la nullità del contratto simulato è imprescrittibile, mentre l’azione per fare valere il contratto effettivo si prescrive in 10 anni (che decorrono dal giorno della firma dell’atto simulatorio).