Dipendenza da internet, Facebook e iPhone: una malattia ormai accertata


I nuovi social network e gli strumenti di telecomunicazione possono arrivare ad essere una malattia clinicamente accertata: il nuovo Dsm prevede la “dipendenza da internet”; uno studio avverte “Internet modifica il cervello”.
Psicosi reattiva da web: internet è come una cocaina elettronica, ci rende pazzi, dipendenti e, in determinati casi, incoraggia le ossessioni, la dipendenza e le reazioni da stress. “È un problema importante e nuovo – ha detto Susan Greenfield, docente di farmacologia dell’università di Oxford – così come il cambiamento climatico”. Tanto è vero che il Dsm del 2013 [1] comprenderà, per la prima volta, il disordine da “dipendenza da internet” nell’elenco delle malattie accertate (l’inclusione avverrà tuttavia in un’appendice, riservata ad argomenti che richiedono “ulteriori studi”) [2].
Cina, Taiwan e Corea del Sud negli ultimi mesi hanno iniziato a trattare l’uso problematico del web come una grave emergenza sanitaria nazionale. In questi Paesi, il 30% degli adolescenti sono considerati dipendenti da internet, dai giochi online, dalla realtà virtuale e dai social network. Basti il caso, ormai noto, di una giovane coppia che ha trascurato il proprio figlio, fino a farlo morire, mentre dall’altro lato si prendeva cura di un bambino virtuale online. Altri dieci utenti del web sono morti di trombosi per essere rimasti seduti troppo a lungo.
Nel 2010, nel Maryland, è stato lanciato un esperimento provocatorio. È stato chiesto a duecento studenti di scollegarsi per 24 ore da internet e non utilizzare alcuna tecnologia mobile. Alcuni hanno ammesso di essere chiaramente dipendenti dalla rete, al pari di una droga. Diverse scuole non sono neppure riuscite ad attuare il test per mancanza di volontari. Gli studenti di tutto il mondo sono incapaci di rinunciare ai loro collegamenti mediatici.
Dipendenza da iPhone
Dopo il clamoroso caso, avvenuto a Taiwan, di uno studente che usava l’iPhone 24 ore su 24, è nata anche l’idea del “disordine da dipendenza da cellulare”. L’Università di Standford ha pubblicato uno studio sulle abitudini da smartphone. Un utente su dieci si sente “totalmente dipendente” dal cellulare. Il 94% degli intervistati ammette un certo livello di compulsione; il 3% ammette di non permettere a nessuno di toccare il proprio iPhone. La maggior parte degli intervistati (ad eccezione degli over 50) controlla gli sms, la posta elettronica e il social network “continuamente” o “ogni quarto d’ora”; gli stessi sono portati a controllare chiamate e messaggi prima di andare a letto, nel cuore della notte e appena si svegliano, quando ancora sono sotto le coperte.
L’utilizzo di queste tecnologie è ritenuto “gratificante”: attira per il suo potenziale a breve termine. Ogni squillo potrebbe segnare un’occasione lavorativa, professionale, sessuale e, di fatto, comporta un rapido rilascio di dopamina.
“Queste gratificazioni sono come scosse di energia che ricaricano il motore della compulsione, paragonabili al fremito del giocatore quando sul tappeto verde viene calata una nuova carta”, ha spiegato alla rivista “Scientific American” una studiosa di mezzi di comunicazione.
Internet modifica il cervello
Gary Small, capo del “Centro di ricerca sulla memoria e l’invecchiamento” della University of California, Los Angeles, ha documentato i cambiamenti del cervello in seguito ad un uso, anche moderato, di internet. Paragonando 12 persone esperte di web a 12 totalmente inesperte, sottoponendoli a risonanza magnetica, ha notato una differenza impressionante: gli utenti della rete mostravano una corteccia parafrontale sensibilmente alterata. Ma la vera sorpresa è stata quando Small ha chiesto ai principianti di passare cinque ore online e di tornare per una nuova risonanza. Negli stessi soggetti il cervello si era modificato subito!
Da qui l’idea che il cervello degli internet-dipendenti assomigli a quello dei tossicodipendenti e degli alcolisti.
In uno studio pubblicato a gennaio, i ricercatori cinesi hanno trovato “materia bianca anomala” – sostanzialmente cellule nervose in più – nelle aree preposte all’attenzione, al controllo e alle funzioni esecutive, simili alle alterazioni nei cervelli dei dipendenti da videogames. Tali anomalie porterebbero a una riduzione dal 10 al 20% dell’area del cervello responsabile della parola, della memoria, del controllo motorio, delle emozioni e di altra natura. Sembra inoltre che più tempo si passa online, più il cervello mostri segni di atrofia.
Depressione da Facebook
Uno studio condotto dalla Carnegie Mellon University nel 1998 ha evidenziato che l’uso della rete per un periodo di due anni è legato a umore malinconico, solitudine e alla perdita di amici nel mondo reale. L’uso della rete prende il posto del sonno, dell’attività fisica e degli scambi a tu per tu, con conseguente incapacità relazionale nel mondo reale. Il fenomeno si accentua quando si parla di Facebook. Si parla, a riguardo, di una vera e propria “depressione da social network”.
Larry Rosen, noto per il suo volume “iDisorder”, ha sottolineato la correlazione tra uso di internet, messaggi, email, chat e la depressione negli adolescenti.
Il problema si aggrava quando poi si parla di frustrazioni per “occasioni mancate”: le esperienze interpersonali negative, che avvengono frequentemente nel mondo online, possono portare a potenziali spirali di disperazione.
Gli utenti online sono persone tendenzialmente tristi e stressate, chiuse in un rapporto distopico con le loro macchine.
Le madri oggi allattano il loro bambino oppure gli danno il biberon mentre scrivono messaggi. Se una madre è innervosita dagli sms, il bambino percepisce quel nervosismo. E tenderà ad attribuire la tensione al suo rapporto con la madre.
L’anno scorso, Mtv ha condotto un sondaggio sulle abitudini web dei suoi spettatori tra i 13 e i 30 anni. Quasi tutti si sentivano “definiti” da quello che mettevano online, “spossati” dall’obbligo di pubblicare sempre qualcosa e assolutamente incapaci di distogliere lo sguardo per paura di perdersi chissà che.
note
[1] Il termine DSM è l’acronimo di Diagnostic and Statistical Manual of mental disorders (“Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali”) ed è uno degli strumenti diagnostici per disturbi mentali più utilizzati da medici, psichiatri e psicologi di tutto il mondo. La prima versione risale al 1952 (DSM-I) e fu redatta dall’American Psychiatric Association (APA).
[2] Il presente articolo è debitore del contributo di Tony Dokoupil, Newsweek, USA, pubblicato anche su “Internazionale”, n. 971, 19.10.2012.
Ecco cosa si cela dietro i nostri gesti “quotidiani” ormai internet è un “gesto quotidiano”. Sapevo della dipendenza da internet ma non immaginavo fino a questi livelli. Una parola sola voglio aggiungere a questo commento: PAURA!
Dipende su che siti vai, che collegamenti fai, che tipo di lettura dai alle immagini,. Io lo considero un mezzo di informazione diretta su tutto il Mondo,, conoscere persone, abitudini, cibi, opinioni con risparmio notevole di tempo, su una vasta gamma di informazione della e nella vita reale per merito esclusivo di coloro che mettono a disposizione tale eventi per facilitare appunto oltre informazione in tempo reale anche guarire, non giusto termine, ci evitare la noia o la depressione,
Cosi condannato il facebook io lo considero il più completo per i tipi di informazioni aggiornate che contiene!
Forse meglio provare per credere e prima di concludere opinioni generalizzate !
BUONA NAVIGAZIONE SU FACE-BOOK!