Un debitore nullatenente cosa può fare?


Debiti reciproci: come far valere la compensazione nei confronti del debitore nullatenente e recuperare eventualmente le spese processuali?
Immagina di avere un debito nei confronti di un soggetto e, allo stesso tempo, di vantare verso di lui un credito. Sfortuna vuole che la tua controparte sia un nullatenente e che ogni tentativo di recuperare il credito sia già svanito: hai tentato il pignoramento ma non c’è stato modo di recuperare i soldi. Ora però è lui che vuole passare all’attacco e chiedere, nei tuoi confronti, un decreto ingiuntivo. Senonché, a differenza sua, tu hai più di qualcosa da perdere: possiedi uno stipendio di lavoro dipendente, hai intestate un’auto e una casa. Insomma, il paradosso è che, in presenza di debiti reciproci, a rischiare di più è chi è solvibile. Così ti chiedi cosa può fare un debitore nullatenente? Il tribunale può concedergli tutela e rilasciargli un decreto ingiuntivo contro un’altra persona? E che succede se, in caso di opposizione, questi dovesse perdere la causa e dovesse essere condannato alle spese processuali? Ecco qualche suggerimento utile che farà al caso tuo.
Indice
Un nullatenente può ricorrere in tribunale?
La prima notizia è che non solo il nullatenente può ricorrere al giudice come una persona normale e quindi ottenere un decreto ingiuntivo nei confronti di altri (senza dover prestare garanzie), ma anzi è anche agevolato. Egli, infatti, se possiede un reddito inferiore ai limiti legali, può usufruire dell’avvocato gratis ossia del gratuito patrocinio (attualmente il limite di reddito è di 11.493,82 euro). Del resto, se così non fosse, un lavoratore dipendente che non ha ricevuto il pagamento delle buste paga da parte dell’azienda non potrebbe trovare tutela.
Quindi un nullatenente può chiedere un decreto ingiuntivo nei confronti di un’altra persona la quale, tutt’al più, può opporsi al decreto e iniziare una regolare causa.
Che succede se il nullatenente perde la causa?
I problemi non si pongono se il nullatenente vince la causa. In tale ipotesi, accertate le sue ragioni, il giudice gli darà tutela e condannerà la controparte a versargli gli importi richiesti.
Dubbi però potrebbero sorgere qualora il nullatenente esca sconfitto dal giudizio. In tale ipotesi, verosimilmente, il magistrato gli imporrà di pagare le spese processuali al vincitore. Difatti l’ammissione al gratuito patrocinio non implica anche la copertura di tali importi che restano a completo carico della parte che perde. E qui arriva il primo problema: l’impossibilità di recuperare le somme dovute a titolo di “condanna alle spese processuali” da chi non ha redditi. È di fatto un paradosso: il nullatenente non ha molto da perdere in una causa visto che, anche in caso di sconfitta, un eventuale pignoramento nei suoi riguardi non avrà esito positivo.
Se il nullatenente è debitore: cosa può fare il creditore?
Ritorniamo all’esempio di partenza e all’ipotesi in cui il debitore nullatenente agisca nei confronti del proprio creditore, citandolo in causa oppure notificandogli un decreto ingiuntivo. Come si tutela, in questo caso, il creditore? Una soluzione c’è, anche se può apparire “a caro costo”.
Il creditore può, in caso di atto di citazione, costituirsi nel processo e chiedere la compensazione tra i due crediti e i due debiti. Cosa significa? Che laddove Mario deve a Giovanni 100 euro e Giovanni deve a Mario 200 euro, il giudice condannerà Giovanni a dare a Mario solo 100 euro. In tal modo il magistrato dispone la riduzione del debito superiore compensandolo con il credito dovuto tra le medesime persone. Per come è facile intuire, se i due debiti sono di pari importo, si estingueranno contemporaneamente e nessuno dei due soggetti dovrà versare nulla all’altro.
Quindi, nel caso di decreto ingiuntivo presentato dal debitore nullatenente, il creditore – divenuto a sua volta debitore – dovrà presentare opposizione nei 40 giorni e chiedere la compensazione del debito azionato con il proprio credito. Nel caso di atto di citazione notificato dal debitore nullatenente nei confronti del creditore, quest’ultimo dovrà costituirsi con una domanda riconvenzionale, chiedendo anche in questa ipotesi la compensazione del proprio credito.
A questo punto possono verificarsi due ipotesi:
- se il creditore, che ha subito l’azione del debitore nullatenente, è titolare di un credito già certo e liquido nel suo ammontare (ad esempio, egli aveva già conseguito una sentenza di condanna definitiva nei confronti del nullatenente, un decreto ingiuntivo divenuto non opposto o è in possesso di un assegno o una cambiale), il giudice disporrà in automatico la compensazione tra i due importi (si parla, a riguardo, di compensazione legale);
- se invece il creditore non ha ancora ottenuto un titolo che accerta il suo credito ed ha in mano solo le prove del proprio credito (una fattura, un contratto, una promessa di pagamento, una ammissione di debito o anche i testimoni che possono confermare la sussistenza dell’obbligazione), nel costituirsi nel processo avviato dal debitore nullatenente (oppure nell’opporsi al decreto ingiuntivo) può chiedere che il giudice accerti il proprio credito e, all’esito, disponga la compensazione [1]. Questo significa che, in qualsiasi modo, è sempre possibile contrastare la pretesa del debitore nullatenente.
Abbiamo detto che ciò avviene però “a caro prezzo”. Già, perché il creditore che voglia opporsi alle pretese del debitore nullatenente deve farsi parte attiva, opporre il decreto ingiuntivo o costituirsi nel giudizio con una domanda riconvenzione: il che significa non solo pagare le spese del contributo unificato (in entrambi i casi) ma anche un avvocato difensore. Il tutto col rischio che, vincendo la causa, non riesca neanche a recuperare le spese processuali.
C’è comunque la magra consolazione che un debito di natura giudiziale – quello ad esempio alle spese processuali o comunque conseguente a una condanna contenuta in una sentenza – si prescrive in ben 10 anni, un tempo abbastanza ampio per verificare se le condizioni economiche del debitore nullatenente cambiano. Non solo. Allo scadere dei dieci anni si può interrompere la prescrizione con un sollecito inviato con raccomandata a/r così prolungando la prescrizione per altri dieci anni. Il che può avvenire anche a tempo indeterminato. Peraltro, alla morte del debitore, delle passività da questi lasciate rispondono gli eredi che, al contrario del parente defunto, potrebbero avere dei beni da pignorare. Salvo ovviamente che rinuncino all’eredità (visto che si tratta di un nullatenente).
note
[1] Cass. SU sent. n. 23225/2016.