Corte di Cassazione, sez. III Penale, sentenza 25 gennaio – 29 maggio 2018, n. 24027
Presidente Savani – Relatore Rosi
Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 14 gennaio 2015 il Tribunale di Potenza ha dichiarato la penale responsabilità di T.G. , in ordine al reato di cui all’art. 640 c.p. perché, quale responsabile della (omissis) , con artifici o raggiri, consistiti nella consapevolezza che l’indicazione numerica riportata sul tachimetro dell’autovettura usata BMW tg. (…), era stata ridotta di oltre 70.000 chilometri e nell’omessa informazione di tale manomissione all’acquirente, induceva R.M.V. ad acquistare il predetto veicolo ad un prezzo (segnatamente Euro 19.000) corrispondente al valore di una vettura usata con una percorrenza pregressa pari a 129.000 KM, così procurandosi un ingiusto profitto ed alla persona offesa un. corrispondente danno, fatto commesso in (omissis) , e lo condannava, concesse le attenuanti generiche, alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 1 e giorni 10 di reclusione ed Euro 200 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali. La Corte di appello di Potenza, con sentenza emessa in data 18 novembre 2016, ha confermato, per quanto riguarda la responsabilità penale dell’imputato, la sentenza di primo grado, riqualificando, però, il fatto quale reato di frode in commercio ex art. 515 c.p. e ha perciò rideterminato la pena in Euro 400 di multa.
2. Avverso la sentenza l’imputato ha proposto, mediante difensore, ricorso per cassazione chiedendone l’annullamento ed articolando i seguenti motivi:
1) Erronea applicazione della legge e contraddittorietà o manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla corretta applicazione del principio della condanna al di là di ogni ragionevole dubbio ex art. 533 c.p.p. Secondo la difesa la ricostruzione offerta dai giudici di merito si fonderebbe su un assunto indimostrato, ossia il fatto che l’imputato, in quanto commerciante del ramo, non poteva non sapere della manomissione del contachilometri. Tale affermazione sarebbe, a parere della difesa, completamente slegata dal contesto istruttorio, dalle sue risultanze anche in ottica indiziaria e non consentirebbe in alcun modo di affermare, al di là di ogni ragionevole dubbio, che la condotta dell’imputato sia sussumibile nella fattispecie di cui all’art. 515 c.p.;
2) erronea applicazione della legge penale con riferimento alla mancata applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p.p. Secondo la difesa, data la natura del reato, l’occasionalità della condotta e lo stato di incensuratezza dell’imputato, ricorrerebbero tutte le condizioni indicate dall’art. 131 bis c.p.p. perché l’indicata causa di non punibilità possa trovare riconoscimento ed applicazione, pur non essendo stata richiesta in grado di Appello, in quanto i presupposti per la sua applicazione sarebbero immediatamente rilevabili dagli atti e non sarebbero, quindi, necessari ulteriori accertamenti fattuali a tal fine.
3. All’udienza del 3 ottobre 2017, la difesa depositava atto di remissione di querela di R.M.V. ed il Collegio disponeva il rinvio a nuovo ruolo per acquisire, presso la Stazione Carabinieri di (omissis) , copia della relativa accettazione da parte di T.G. .
Considerato in diritto
1. Va premesso che, in fattispecie analoga, questa Corte di legittimità ha stabilito la differenza tra la truffa contrattuale ed il reato di frode in commercio, precisando che la truffa si concretizza quando l’inganno perpetrato nei confronti della parte offesa è stato determinante per la conclusione del contratto, mentre la frode in commercio si perfeziona nel caso di consegna di una cosa diversa da quella dichiarata o pattuita, ma sul presupposto di un vincolo contrattuale costituito liberamente senza il concorso di raggiri o artifici (cfr. Sez. 3, n. 40271 del 16/07/2015, Manconi, Rv. 265163).
2. Secondo quanto ricostruito dalle sentenze di merito nel caso di specie (si veda in particolare pag. 4 della sentenza impugnata), le modalità della condotta posta in essere dall’imputato, assumono le caratteristiche degli artifici e raggiri: la manomissione degli strumenti di misurazione dei chilometri percorsi dell’auto offerta in vendita, benché non commessa dal T. , ma certamente dallo stesso conosciuta e taciuta nel corso delle trattative ed il prezzo di vendita stabilito dal T. stesso, in relazione all’apparente minore chilometraggio percorso dall’auto, sono stati artifizi certamente idonei ad indurre il R. all’acquisto della BMW ad un prezzo corrispondente al valore di una vettura usata che avesse percorso 129.000 chilometri, risultando occultata la reale “vetustà” del motore (che aveva percorso ben oltre 70 mila chilometri in più). In tal modo il venditore aveva lucrato la consistente differenza di prezzo rispetto al valore di mercato di un autoveicolo BMW che aveva nella realtà percorso oltre 200 mila chilometri.
3. Va rilevato pertanto l’errore nella qualificazione giuridica del fatto, essendo corretta la qualificazione nell’ipotesi della truffa, tipizzata dall’art. 640 c.p. A tale proposito, questo Collegio deve ribadire il principio che dovendosi attribuire una definizione giuridica più grave, la stessa non può essere disposta d’ufficio, “stanti i limiti derivanti dalle pronunce della Corte di Strasburgo in relazione all’art. 6 CEDU”, né potrebbe essere disposto un annullamento con rinvio della sentenza impugnata ai fini della contestazione all’imputato del reato più grave, poiché l’eventuale condanna comporterebbe la violazione del principio della “reformatio in peius”, per l’assenza d’impugnazione da parte del pubblico ministero (così Sez. 2, n. 50659 del 18/11/2014, Fumarola e altro,la sentenza deve peraltro essere annullata senza rinvio, in quanto Rv. 261696).
4. Di contro, la Corte di Cassazione può accedere alla riqualificazione giuridica del fatto, se sia stato presentato un motivo nuovo dell’imputato sul punto, pur non enunciato in appello, purché entro i limiti in cui esso sia stato storicamente ricostruito dai giudici di merito (cfr. Sez. 1, n.3763/14 del 15/11/2013, Torrisi, Rv. 258262).
5. Orbene, nel caso di specie la difesa ha prodotto l’atto di remissione della querela, con ciò richiedendo al Collegio di effettuare tale riqualificazione, certamente favorevole all’imputato, in quanto mentre il delitto di frode in commercio, benché punito con una pena edittale meno grave, è procedibile d’ufficio, quello di truffa risulta procedibile solo a querela, ed in tal modo la formula assolutoria che ne consegue risulta più favorevole di quella che dovrebbe essere pronunciata, considerato che per la fattispecie di cui all’art. 515 c.p. risulta comunque decorso il termine lungo di prescrizione del reato, inclusi i periodi di sospensione del dibattimento, in data 7 ottobre 2017.
6. Pertanto considerato che la querela presentata da R.M.V. è stata rimessa con atto del 6 luglio 2017 e che l’imputato ha accettato la remissione con atto del 7 luglio 2017 (con dichiarazioni formulate innanzi ad ufficiali di p.g. del Comando Stazione Carabinieri di (omissis) ) la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio per essere il reato ascritto, qualificato come violazione dell’art. 640 c.p., estinto per remissione della querela. Segue la condanna del querelato al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato ascritto, qualificato come violazione dell’art. 640 c.p., estinto per remissione della querela. Condanna il querelato al pagamento delle spese processuali.
Ho scoperto dopo 10 mesi dall’acquisto della mia auto usata da un rivenditore che in realtà aveva circa 60.000km in più. L’ho scoperto in seguito al test della centralina effettuato dal mio meccanico e confermato dal registro dei tagliandi presso officina Renault dove risultava che 3 mesi prima del mio acquisto all’ultimo tagliando effettuato registrava 139.000 circa e mentre io l’ho acquistata a 80.000 circa. Inoltre nella trattativa per l’acquisto ci eravamo accordati che al prezzo accordato mi avrebbe compreso la sostituzione del kit distribuzione ma, dopo aver fatto controllare l’auto all’officina Renault, mi è stato detto che la cinghia era prossima alla rottura e quindi ho dovuto far effettuare la sostituzione a spese mie. In seguito a consultazione con il mio avvocato c’è stata un primo contatto con il rivenditore per cercare di risolvere la cosa evitando azioni legali dopo che il rivenditore ha ammesso di aver eseguito lui la manomissione anche se ha sminuito la cosa. In seguito ad indisponibilità da parte del rivenditore, ho proceduto con denuncia penale ai Carabinieri e segnalazione all’AGCM. La risposta da parte del AGCM ricevuta qualche mese dopo mi ha lasciato perplesso e notevolmente amareggiato: AGCM non ha preso in considerazione la denuncia e pertanto non avrebbe preso provvedimenti perché risultava unica segnalazione verso quel rivenditore. Cosa vuol dire? Il procedimento penale si sta svolgendo in questi mesi dopo 2 anni della dalla denuncia dove alla seconda udienza il truffatore si è appellato all’articolo 162 ter ma dove in realtà il risarcimento offerto da parte sua è ridicolo dato che non copre ne spese legali ne la differenza di prezzo rispetto hai km reali ne il kit distribuzione. La mia domanda è: perché AGCM non ha preso in considerazione la mia denuncia? Sono spiacente ma devo di essermi sentito abbandonato da chi dovrebbe tutelare i consumatori. Inoltre il giudice ha dichiarato l’estinzione del reato a seguito di un’offerta inferiore al danno procurato (tutto provato nero su bianco) e senza comprendere le spese legali che rimangono a mio carico. Inoltre il giudice a dichiarato l’estinzione del reato senza assicurarsi che il risarcimento sia effettivamente avvenuto e senza dare termini per il pagamento del risarcimento. Per quello che ho capito dell’art. 162ter è concessa l’estinzione del reato a seguito del risarcimento TOTALE del danno provocato entro i termini decisi dal giudice che fissa un’ulteriore udienza per verificare l’avvenuta estinzione del danno e dichiara estinto il reato. Nel mio caso no è avvenuta Il totale rimborso del reato e non è stato nemmeno accertato l’effettivo pagamento del rimborso. Naturalmente l’imputato ora non vuole pagare la cifra dichiarata dal giudice per l’estinzione del reato offrendo la metà e costringendomi ad intraprendere una causa Civile per poter ottenere il risarcimento. Nel mio caso è stato tutelato il truffatore sia dal tribunale che dal AGCM. Capisco perché queste truffe continuano ad esserci: rischio minimo, pena inesistente. L’unico ad essere rimasto danneggiato sono io parte offesa che oltre a non aver ricevuto il giusto risarcimento rimane con una macchina “Taroccata” e pertanto praticamente senza valore commerciale e con (per il momento) le spese di una causa penale a proprio carico.
Saluti
Ho dato la mia vecchia macchina in permuta al concessionario per l’acquisto di una altra auto e dopo un mese ho scoperto tramite App Scanner Veicoli che sono stati scalati 60000 km