Come il lavoratore dipendente può ottenere il pagamento degli stipendi che l’azienda non ha versato: il caso del lavoro in nero e del lavoratore regolarmente denunciato ma senza busta paga.
L’azienda dove hai prestato attività per qualche mese non ti ha pagato, così hai deciso di “licenziarti” (o meglio, dimetterti) per poter quantomeno recuperare la disoccupazione. Difatti, la dimissione per giusta causa consente di ottenere la Naspi. Senonché non vuoi neanche perdere le mensilità dello stipendio che non ti sono state pagate: poche in realtà, ma sufficienti a giustificare un’azione legale. A dire il vero non sei neanche sicuro di essere stato regolarizzato visto che l’azienda non ti ha mai consegnato alcun documento o cedolino. Per cui ti chiedi se è possibile il recupero dei crediti di lavoro senza busta paga. In questo articolo ti forniremo alcuni importanti chiarimenti per poter ottenere gli stipendi maturati e non versati dal datore di lavoro. Ma procediamo con ordine.
Indice
Si può recuperare lo stipendio senza busta paga?
Per prima cosa voglio subito darti una buona notizia dimodoché potrai leggere più serenamente il resto dell’articolo: il recupero crediti di lavoro senza busta paga è possibile. E ciò vale sia nell’ipotesi in cui un contratto di lavoro non sia mai stato firmato o regolarizzato (è il caso del “lavoro in nero”), sia qualora l’azienda – pur avendo denunciato il dipendente all’ufficio del lavoro – si sia limitata a non emettere le ultime buste paga.
Il contratto di lavoro, difatti, è valido anche se stipulato oralmente: l’obbligo della forma scritta implica solo delle sanzioni amministrative in capo al datore ma non esclude l’esistenza di un valido rapporto lavorativo, rapporto che comunque andrà provato.
A questo punto vediamo, più nel concreto, come recuperare lo stipendio. Ci sono diverse ipotesi da analizzare. Eccole qui di seguito.
Come recuperare lo stipendio?
Se vuoi recuperare lo stipendio, la prima cosa che è opportuno (ma non obbligatorio) fare – e questo vale per tutte le procedure che qui di seguito illustreremo – è anticipare la tua richiesta con una lettera di diffida da inviare con raccomandata a.r. o con posta elettronica certificata. Questa servirà a rendere evidente la tua intenzione di adire le vie legali e potrebbe sbloccare il pagamento. Ma se questo tentativo non dovesse sortire effetti, allora sarà opportuno procedere in uno dei seguenti modi.
Quando il datore di lavoro ha consegnato al dipendente la busta paga, questi può presentare una richiesta di decreto ingiuntivo in tribunale. Il vantaggio di questa procedura è che non necessita dei tempi e delle complicazioni di una causa ordinaria. È sufficiente depositare i documenti che dimostrano il proprio diritto di credito (appunto i cedolini non pagati) e il tribunale emetterà un’ingiunzione di pagamento senza neanche sentire la controparte. A quest’ultima però andrà notificato il decreto entro 60 giorni e, nei 40 giorni successivi, potrà decidere se:
- pagare o trovare un accordo bonario;
- fare opposizione al decreto ingiuntivo per contestare i crediti del dipendente. In tal caso si aprirà una causa vera e propria;
- non pagare; in tal caso il decreto ingiuntivo non opposto nei 40 giorni non è più contestabile e il dipendente potrà avviare un pignoramento.
Il decreto ingiuntivo è quindi il metodo più rapido e veloce per recuperare lo stipendio. Esso è attivabile anche se il dipendente ha firmato la busta paga, visto che ormai, con l’introduzione delle nuove modalità di pagamento dello stipendio tramite bonifico, solo la tracciabilità dello spostamento del denaro può essere considerato come quietanza e non certo la sottoscrizione della busta paga.
Come recuperare lo stipendio senza busta paga
Ci sono molti tribunali che consentono di recuperare lo stipendio con il decreto ingiuntivo anche senza busta paga a condizione che tu abbia un contratto di lavoro o una lettera di assunzione. Difatti la procedura di decreto ingiuntivo presuppone proprio una prova scritta dell’esistenza del rapporto contrattuale. Pertanto, come vedremo a breve, il decreto ingiuntivo non è possibile quando si tratta di lavoro in nero.
Se quindi non hai le buste paga, non disperare: facendoti assistere da un avvocato, potrai richiedere il decreto ingiuntivo facendo i calcoli di quanto ti spetta o sulla base delle precedenti buste paga, quelle che ti sono state pagate, oppure sulla scorta di quanto previsto dal contratto collettivo nazionale. Potrai eventualmente farti assistere da un consulente del lavoro.
Poiché la prassi dei tribunali italiani è variegata, è possibile che tu possa trovare qualche magistrato che, invece, ritenga che senza busta paga non si possa concedere un decreto ingiuntivo. Anche in questo caso non devi però darti per vinto. Difatti puoi ugualmente procedere alla riscossione delle somme che ti spettano intentando una causa ordinaria all’azienda: causa che inizia con un atto di ricorso al tribunale del luogo ove sei stato impiegato, che poi andrà notificato al datore. Quest’ultimo dovrà costituirsi entro 10 giorni prima dell’udienza, depositando le prove a proprio sostegno.
Naturalmente, questa procedura è più lunga e costosa rispetto al decreto ingiuntivo, ma tieni conto che se rientri nei limiti del gratuito patrocinio non dovrai pagare né tasse, né l’avvocato.
Come recuperare lo stipendio senza contratto di lavoro
Se hai lavorato in nero e il contratto di lavoro è stato fatto solo “a parole”, ma l’assunzione non è stata regolarizzata al centro per l’impiego, non hai scelte: devi procedere con la causa ordinaria. Qui, non avendo una prova scritta, il decreto ingiuntivo è impossibile. Varrà quanto ci siamo appena detti sopra.
Come recuperare lo stipendio senza fare cause
Potresti aver maturato una certa intolleranza alle aule di tribunale o semplicemente ritenere che non valga la pena spendere soldi e tempo in cause. Così hai la possibilità di tentare il recupero dello stipendio non pagato anche in via amministrativa, ricorrendo alle autorità ispettive. Cercheremo di spiegarci meglio.
Dopo aver inviato la famosa lettera di diffida, di cui abbiamo parlato all’inizio di questo articolo, puoi rivolgerti all’Ispettorato del Lavoro. Lì puoi optare per due scelte:
- il tentativo di conciliazione bonario: il datore di lavoro viene convocato per tentare un accordo. L’incontro avviene dinanzi a un soggetto che rappresenta le aziende e un altro che rappresenta i lavoratori; ad essi si aggiunge un presidente di commissione. Si tenta una soluzione bonaria della controversia. L’eventuale verbale positivo con cui viene consacrato l’accordo costituisce titolo esecutivo, vale cioè come se fosse una sentenza. Se non c’è accordo il lavoratore può proseguire eventualmente il giudizio in tribunale. Il vantaggio di questa procedura è che non implica sanzioni per l’azienda che, così, potrebbe riconoscere qualcosa in più al lavoratore;
- il tentativo di conciliazione monocratico: qui si va davanti all’Ispettore del Lavoro che fisserà, anche in questo caso, una data per un incontro tra le parti per tentare un accordo. Se l’intesa non dovesse essere raggiunta, l’azienda andrebbe incontro a delle pesanti sanzioni, le quali a volte possono comportare una ulteriore crisi di liquidità per l’imprenditore, con ulteriore complicanze per il successivo recupero del credito del lavoratore.
Cosa preferire: il decreto ingiuntivo o la conciliazione?
In verità la conciliazione, e in particolare il tentativo di conciliazione monocratico, è sempre da preferire tutte le volte in cui tra le parti si può instaurare un tavolo di trattativa. Esso, infatti, non preclude il successivo ricorso al giudice (mentre invece, una volta andati dal giudice, non si può tornare indietro all’Ispettorato del Lavoro).
I tempi tra le due procedure sono sostanzialmente simili, anche se possono variare da città a città in base ai rispettivi carichi di lavoro delle autorità amministrative e giudiziarie.