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Infortunio al dito nell’ora di educazione fisica: chi paga?

6 Giugno 2018 | Autore:
Infortunio al dito nell’ora di educazione fisica: chi paga?

Distorsione alla mano durante la partita di pallavolo nell’ora di educazione fisica: la scuola è responsabile per il risarcimento dei danni?

Nel corso dell’ora di educazione fisica, tua figlia si è fatta male: mentre giocava a pallavolo, nel respingere una schiacciata di una compagna della squadra avversaria, si è slogata un dito. Il tutto alla presenza dell’insegnante che non ha fatto nulla per impedire l’azione di gioco pericolosa. Così presenti una richiesta di risarcimento danni alla scuola. Dal canto suo, il preside si difende sostenendo che si è trattato di un evento imprevedibile, rientrante nel normale rischio del gioco sportivo. Non c’è stata, insomma, alcuna azione illecita o contraria al normale svolgimento delle attività di educazione fisica. Ma tu insisti: a tuo avviso, l’insegnante ha sbagliato a mettere in squadra una persona inesperta come tua figlia; l’esecuzione di una schiacciata richiede una particolare preparazione anche per chi la deve ricevere, preparazione che, a tuo dire, non sarebbe stata fornita, in questo caso, alla giovane danneggiata. In caso di infortunio al dito nell’ora di educazione fisica chi paga? La risposta è stata fornita ieri da un’ordinanza della Cassazione [1]. Ecco cosa hanno detto i giudici supremi in merito.

La responsabilità della scuola per gli infortuni degli alunni

In generale la scuola è responsabile per gli infortuni avvenuti agli alunni nel corso del tempo in cui questi vengono affidati agli insegnanti, ossia dal momento di ingresso nei cancelli dell’istituto a quando ne escono. Tanto per i danni che un alunno subisce a causa della condotta di un compagno (ad esempio uno spintone) che per quelli che si produce da solo senza l’intervento di altri (ad esempio, la caduta da una scala, la rottura di una sedia, ecc.) risponde l’istituto scolastico. Pertanto il genitore dello scolaro, che intende agire in causa per ottenere il risarcimento, deve solo dimostrare che il danno si è verificato nel tempo in cui l’alunno era sottoposto alla vigilanza dell’insegnante.

La scuola, a sua volta, per evitare una condanna, dovrà dimostrare di non aver potuto impedire il fatto anche usando l’ordinaria diligenza, ossia che l’infortunio si sarebbe verificato anche se il personale docente avesse tenuto un comportamento prudente e attento per salvaguardare l’incolumità degli alunni. Detto in parole povere, l’istituto si salva dalla condanna al risarcimento nei confronti dei genitori del giovane solo provando che il danno sia stato determinato da causa non imputabile né alla scuola né all’insegnante.

La responsabilità della scuola per gli infortuni nel corso dell’ora di educazione fisica

Durante l’ora di educazione fisica è molto più facile farsi male ed è altrettanto più semplice per l’insegnante – e quindi per la scuola – dimostrare l’assenza di responsabilità tutte le volte in cui si è trattato di una normale azione di gioco. 

La responsabilità del corpo docente scatta invece se l’azione  (ad esempio, durante la partita di calcio o di pallavolo) sia stata connotata da un grado di violenza ed irruenza incompatibili:

  • col contesto ambientale;
  • con l’età;
  • con la struttura fisica dei partecipanti al gioco [2].

Leggi sul punto: Incidente nell’ora di educazione fisica: ne risponde la scuola?

Detto ciò ritorniamo all’esempio da cui siamo partiti, ossia alla partita di pallavolo.  Non c’è dubbio che la schiacciata fa parte del normale gioco: è un’azione ordinaria, non certo inconsulta o caratterizzata da un elevato grado di violenza o di irruenza. Peraltro, se il gioco è stato autorizzato dall’insegnante e si svolge proprio alla presenza di quest’ultimo, è del tutto lecito l’evento e il danno non può essere risarcito. L’infortunata, per quanto sfortunata, dovrà aprire il proprio portafogli e pagare da sé le spese mediche.  

L’esempio si presta per qualsiasi altro tipo di gioco, non solo quello della pallavolo. Si pensi a una pallonata nel corso di uno scontro di calcio o al tipico fallo conseguente a una scivolata per rubare la palla all’avversario. Anche in questi casi si tratta di normali azioni di gioco che non danno luogo ad alcun tipo di diritto per il risarcimento del danno.


note

[1] Cass. ord. n. 14355/18 del 5.06.2018.

[2] Cass. sent. n. 6844 del 08.04.2016.

Corte di Cassazione, sez. VI Civile – 3, ordinanza 17 aprile – 4 giugno 2018, n. 14355

Presidente Amendola – Relatore Cirillo

Fatti di causa

1. Ad. Sa., nella qualità di esercente la potestà sulla figlia minore Cr. La., convenne in giudizio il Ministero dell’istruzione, università e ricerca davanti al Giudice di pace di Reggio Calabria, per sentirlo condannare al risarcimento dei danni patiti dalla figlia a causa della distorsione di un dito avvenuta durante lo svolgimento di una partita di pallavolo in orario scolastico.

Si costituì in giudizio il convenuto, chiedendo il rigetto della domanda. Il Giudice di pace accolse la domanda.

2. La pronuncia è stata impugnata dal Ministero soccombente e il Tribunale di Reggio Calabria, con sentenza del 3 ottobre 2016, in riforma di quella di primo grado, ha rigettato la domanda ed ha condannato la Sa. al pagamento delle spese dei due gradi di giudizio.

3. Contro la sentenza del Tribunale di Reggio Calabria ricorre Ad. Sa., quale genitore di Cr. La., con atto affidato ad un solo motivo.

Resiste il Ministero dell’istruzione, università e ricerca con atto finalizzato alla partecipazione all’udienza di discussione.

Il ricorso è stato avviato alla trattazione in camera di consiglio, sussistendo le condizioni di cui agli artt. 375, 376 e 380-bis cod. proc. civ., e la ricorrente ha depositato memoria.

Ragioni della decisione

1. Con l’unico motivo di ricorso si lamenta, in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione dell’art. 2048 cod. civ., sul rilievo che il Ministero non avrebbe fornito la prova, gravante a suo carico, di aver adeguatamente istruito la minore in vista della particolare situazione verificatasi (schiacciata eseguita da un’altra allieva).

1.1. Il ricorso non è fondato.

La sentenza impugnata, correttamente richiamando il precedente costituito dalla sentenza 8 aprile 2016, n. 6844, di questa Corte, ha affermato che in materia di risarcimento danni per responsabilità civile conseguente ad un infortunio sportivo subito da uno studente all’interno della struttura scolastica durante le ore di educazione fisica, incombe sullo studente l’onere della prova dell’illecito commesso da altro studente, quale fatto costitutivo della sua pretesa, mentre è a carico della scuola la prova del fatto impeditivo, cioè l’inevitabilità del danno nonostante la predisposizione di tutte le cautele idonee a evitare il fatto. Ha quindi aggiunto il Tribunale che, nel caso di specie, l’originaria attrice non aveva né allegato né provato che l’infortunio fosse avvenuto a causa di un’azione di gioco eccedente la normale prassi, trattandosi di un danno subito a causa della schiacciata di un’altra alunna, attività del tutto normale in una partita di pallavolo, avvenuta per di più alla presenza dell’insegnante.

A fronte di tale ricostruzione, la ricorrente osserva che l’esecuzione di una schiacciata richiederebbe una particolare preparazione anche per chi la deve ricevere, che il Ministero non avrebbe provato di avere fornito all’allieva.

In tal modo, però, il ricorso contraddice una valutazione in fatto compiuta dal giudice di merito oltre che i più elementari canoni di logica e ragionevolezza, posto che la schiacciata fa parte del gioco della pallavolo; senza considerare che non è stata in alcun modo superata la motivazione della sentenza impugnata nella parte in cui ha affermato che il gioco si stava svolgendo normalmente ed alla presenza dell’insegnante (v. pure le sentenze 28 settembre 2009, n. 20743, e 17 luglio 2012, n. 12235).

2. Il ricorso, pertanto, è rigettato.

A tale esito segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate ai sensi del D.M. 10 marzo 2014, n. 55.

Sussistono inoltre le condizioni di cui all’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 1.600, di cui Euro 200 per spese, oltre spese generali ed accessori di legge. Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, dà atto della sussistenza delle condizioni per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso.


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