Quando si può licenziare un insegnante?


I motivi per cui si può lasciare a casa un docente per giusta causa. Quando il provvedimento è illegittimo.
Fare l’insegnante non significa essere immune ai doveri dei lavoratori, anzi: i docenti sono vincolati alla normativa generale sul pubblico impiego e al Testo Unico in materia di istruzione. Questo significa che un insegnante può essere lasciato a casa se c’è un suo comportamento illecito che fa venire meno la fiducia nella sua persona e nel suo operato. Esattamente come avviene con qualsiasi altro lavoratore dipendente. Ma quando si può licenziare un insegnante? Ci sono delle motivazioni per lasciarlo a casa legate esplicitamente al suo ruolo? Certamente sì, e vanno dalla violazione dei suoi obblighi al comportamento che possa recare intenzionalmente un danno all’istituto in cui opera, dall’uso indebito di strumenti o denaro da lui custodito ma di cui non è proprietario alle richieste di soldi per migliorare voti.
Ci sono anche dei casi in cui l’insegnante non può essere licenziato. Su uno di questi si è pronunciata recentemente la Cassazione [1] e riguarda una furiosa discussione tra una docente ed una collega più anziana, comportamento bollato inizialmente come insubordinazione da parte della prima per via di alcune frasi ingiuriose. Per la Suprema Corte, l’insubordinazione è cosa ben diversa quindi niente provvedimento di espulsione. Ma vediamo quando si può licenziare un insegnante e quando, invece, è il docente a spuntarla.
Indice
Licenziare un insegnante: per quali motivi
Come si diceva, di motivi per poter licenziare un insegnante ce ne sono diversi. I più fondati sono:
- la grave violazione degli obblighi che impone il ruolo ricoperto (non fare lezione, non correggere i compiti, non seguire il programma di insegnamento prestabilito, ecc.);
- il comportamento intenzionale che provoca un forte danno all’istituto scolastico in cui opera, alla Pubblica amministrazione, agli studenti o alle loro famiglie;
- l’uso illecito di strumenti o di denaro dell’istituto custodito e amministrato oppure chiudere un occhio quando si vede un collega che fa altrettanto;
- la richiesta di denaro per esercitare una funzione a cui è tenuto per il suo ruolo;
- l’incapacità professionale dell’insegnante;
- la sua inidoneità al lavoro.
Di licenziamenti per alcuni di questi motivi avvengono molto di rado. È il caso, ad esempio, di quello per incapacità professionale, che costringe il dirigente scolastico ad avviare la procedura, segnalare la situazione all’Ufficio scolastico regionale e chiedere l’intervento di un ispettore per verificare se quanto segnalato corrisponde al vero. Se così fosse, il dirigente dà il via alla pratica per il licenziamento. Ma se questo dovesse essere dichiarato illegittimo, per il dirigente non si metterebbe bene: dovrebbe risarcire il danno erariale causato da tutta la procedura e pagare all’insegnante coinvolto nella vicenda le mensilità arretrate.
Licenziare un insegnante: se non si supera il periodo di prova
Si chiama «periodo di prova» proprio per quello: per testare le capacità di un lavoratore e perché il lavoratore testi il posto in cui dovrà svolgere la sua attività. Se questo periodo dà i suoi frutti, tutti contenti. Se, invece, il dipendente non supera la prova per incapacità o per altre motivazioni, proseguire il rapporto di lavoro sarà difficile. Quindi, quando si può licenziare un insegnante dopo un periodo di prova?
Per calibrare le capacità di un docente, al dirigente scolastico si affianca un comitato di valutazione che, per un anno, monitora il lavoro dell’insegnante. Trascorso quell’anno, si prende una decisione: se il lavoro del docente ha dato esito positivo, tale periodo si rinnova per un altro anno. Dopo di che, se alla fine del biennio il dirigente ed il comitato di valutazione ritengono che la prova non è stata superata, l’insegnante non diventerà di ruolo, cioè verrà mandato via.
Licenziare un insegnante per giusta causa
Poco fa abbiamo elencato i motivi per cui si può licenziare un insegnante per questioni disciplinari. Il licenziamento può avvenire in due modi: con o senza preavviso.
Il licenziamento con preavviso
Un insegnante che viene licenziato ha diritto al preavviso se alla base del provvedimento ci sono questi motivi:
- si è assentato senza giustificato motivo per più di tre giorni nell’arco di due anni o per più di sette giorni in un decennio;
- non è rientrato entro il termine dettato dalla Pubblica amministrazione;
- non ha accettato un trasferimento imposto per giustificate necessità di servizio.
Il licenziamento senza preavviso
Si può licenziare un insegnante senza che questi abbia il diritto al preavviso quando:
- attesta falsamente la sua presenza al lavoro;
- dichiara il falso su un’autocertificazione per avere un posto di lavoro o per fare carriera;
- rimane coinvolto in prima persona in ripetuti episodi violenti, aggressivi, minacciosi, ingiuriosi o che recano un danno a terzi;
- subisce una condanna penale con l0interdizione perpetua dai pubblici uffici o la cessazione del rapporto di lavoro;
- viola insistentemente i suoi obblighi di servizio stabiliti dal contratto nazionale di categoria o dal codice di comportamento dell’amministrazione a cui fa riferimento [3].
Chi si occupa del licenziamento per giusta causa
Il licenziamento disciplinare di un insegnante è di competenza dell’U.S.R., cioè l’Ufficio Scolastico Regionale, attraverso il suo ufficio procedimento disciplinari.
La procedura prevede, innanzitutto, la sospensione dell’insegnante entro 48 ore da quando è stato sorpreso a commettere il fatto. C’è il diritto al contraddittorio e quello di difesa del docente attraverso un’audizione e la presentazione di una memoria scritta. L’istruttoria finale decide se archiviare il caso o di procedere al licenziamento dell’insegnante, che deve avvenire solo per inadempimenti o violazioni di legge talmente gravi da non consentire la prosecuzione del rapporto di lavoro [4].
Licenziare un insegnante: quando non è valido il provvedimento
Abbiamo fatto riferimento all’inizio di questo articolo ad una recente ordinanza della Cassazione sulla vicenda di un’insegnante piuttosto vivace, accusata di avere alzato troppo i toni con una collega più anziana e, per questo, ritenuta colpevole di insubordinazione e meritevole di licenziamento. Secondo la Suprema Corte, un provvedimento di questa gravità per un episodio del genere con un’accusa come quella non sta in piedi e, quindi, va dichiarato illegittimo.
Affinché l’insubordinazione sia tale, il protagonista dell’aggressione verbale deve essere di grado inferiore al destinatario dei suoi improperi o delle sue frasi ingiuriose. Se, però, come in questo caso si tratta di una collega di paro grado, per quanto più anziana, l’insubordinazione non sussiste. Non conta, infatti, l’anzianità di servizio ma il ruolo che si ha nell’organigramma, in questo caso, della scuola.
note
[1] Cass. ordinanza n. 12916/2018 del 24.05.2018.
[2] Art. 1 co. 117-120 Legge n. 107/2005.
[3] Art. 55 quater Dlgs. n. 165/2001 aggiunto dall’art. 69 Dlgs. n. 150/2009 (decreto Brunetta).
[4] Cass. sent. n. 14103/2016 dell’11.07.2016.