I miei genitori sono entrambi pensionati Inps, con un’anzianità contributiva mio padre di 39 anni (circa 1150 euro netti/mese), mia madre di 15 anni (circa 250 euro netti/mese), con integrazione al minimo. Mio padre è un malato terminale. Alla sua morte mia madre può beneficiare del 60% della pensione di mio padre come reversibilità oltre alla sua pensione INPS? Perderebbe l’integrazione al minimo?
Innanzitutto occorre iniziare da un’analisi della cosiddetta pensione di reversibilità che spetta ai superstiti secondo le disposizioni della legge n. 903 del 21 luglio 1965 (articolo 22).
Come ha chiarito l’Inps in una sua circolare del 18 novembre 2015 (la numero 185):
– in caso di morte di assicurato o pensionato, iscritto presso una delle gestioni dell’Inps, per i familiari superstiti individuati dall’articolo 22 della legge del 21 luglio 1965, n. 903 sorge il diritto alla pensione ai superstiti nel caso in cui vi siano le seguenti condizioni:
a) che il dante causa (cioè la persona deceduta) sia titolare di pensione diretta (cioè di vecchiaia o anticipata o di anzianità o di inabilità e pensione di invalidità) oppure avendone diritto ne abbia in corso la liquidazione: in questo caso a) la pensione ai superstiti assume il nome di pensione di reversibilità;
b) oppure che il lavoratore deceduto, che non sia ancora titolare di pensione diretta, abbia maturato almeno 15 anni di assicurazione e contribuzione oppure n. 780 contributi
settimanali o, in alternativa, almeno 5 anni di assicurazione e contribuzione oppure n. 260 contributi settimanali di cui almeno 3 anni o n. 156 contributi settimanali nei cinque anni
precedenti il decesso: in questo caso b) la pensione ai superstiti assume il nome di pensione indiretta.
Sulla base dei dati forniti dal lettore, siccome il padre è già titolare di pensione Inps, nel momento in cui egli verrà a mancare, alla madre, come superstite, spetterà una pensione di reversibilità sulla base delle indicazioni che di seguito si andranno ad illustrare.
1) Al coniuge del pensionato deceduto spetta la pensione di reversibilità senza la necessità di rispettare alcuna particolare condizione (il diritto a percepire la pensione di reversibilità cessa solo se il coniuge del pensionato Inps deceduto passa a nuove nozze).
2) La pensione di reversibilità decorre dal primo giorno del mese successivo a quello del decesso del pensionato e spetta in una quota in percentuale della pensione già liquidata.
3) Se al pensionato Inps deceduto sopravvive soltanto il coniuge (come pare essere nel Suo caso nel quale, evidentemente, i figli non hanno diritto alla reversibilità in quanto tutti maggiorenni e, comunque, non inabili e a carico del genitore deceduto), al coniuge spetta il 60% della pensione già liquidata.
Fatta questa doverosa premessa, occorre adesso precisare (venendo al cuore del quesito) che gli importi dei trattamenti pensionistici ai superstiti (cioè, nel caso di specie, l’importo della pensione di reversibilità spettante alla madre) sono cumulabili con i redditi del beneficiario nei limiti stabiliti dalla Tabella F allegata alla legge n. 335 dell’8 agosto 1995.
Per spiegare meglio:
l’articolo 1, comma 41, della legge n. 335 del 1995 stabilisce che la pensione di reversibilità può essere cumulata con gli altri redditi percepiti dal superstite entro dei limiti che sono stabiliti dalla Tabella F allegata alla legge n. 335 dell’8 agosto 1995.
Quindi si può percepire tutta intera la pensione di reversibilità, se tutti gli altri redditi percepiti non superano certe soglie.
La Tabella F allegata alla legge n. 335 dell’8 agosto 1995 a cui ho accennato poco sopra, stabilisce che (con valori relativi al 2018):
– se i redditi (escludendo dal calcolo la pensione di reversibilità) non superano € 19.789,38 annui, la pensione di reversibilità spetta per intero (cioè nella misura del 60% nel caso di coniuge superstite);
– se i redditi (escludendo dal calcolo la pensione di reversibilità) sono compresi tra € 19.789,38 ed € 26.385,84 annui, la pensione di reversibilità spetta non più al 60% ma al 45%;
– se i redditi (escludendo dal calcolo la pensione di reversibilità) sono compresi tra € 26.385,84 ed € 32.982, 30 annui, la pensione di reversibilità spetta non più al 60% ma al 36%
– se i redditi (escludendo dal calcolo la pensione di reversibilità) sono superiori ad € 32.982,30 annui, la pensione di reversibilità spetta non più al 60% ma al 30%.
Questi dati appena forniti sono stati ufficialmente comunicati dall’Inps nell’Allegato n. 2 della Circolare n. 186 del 21 dicembre 2017.
Ricapitolando:
sarà la pensione di reversibilità a subire delle decurtazioni (nelle misure sopra indicate) se i redditi annui superassero le soglie specificate (per redditi annui fino ad Euro 19.789,38 non è prevista nessuna decurtazione della pensione di reversibilità spettante).
Si precisa che per stabilire se ed in quale misura la pensione di reversibilità dovrà subire delle decurtazioni, occorre, come si è detto, calcolare i redditi annui percepiti.
Nel calcolo dei redditi annui:
– non deve essere incluso l’importo della pensione di reversibilità;
– non deve essere incluso l’eventuale trattamento di fine rapporto;
– devono invece essere inclusi tutti gli altri redditi percepiti e soggetti ad Irpef (compresa la pensione integrata al minimo, gli eventuali redditi da impresa, da partecipazioni azionarie, dei terreni e dei fabbricati, con esclusione di quello della casa da abitazione).
Venendo ora più nel dettaglio al caso specifico, per quanto riguarda l’integrazione al minimo della pensione di cui la madre del lettore è già titolare, deve tenersi conto che l’articolo 6 comma 3 la legge n. 638 del 1983 (che ha convertito in legge il decreto legge n. 463 del 1983) stabilisce che nel caso di concorso di due o più pensioni (cioè se una stessa persona percepisce due o più pensioni), l’integrazione al minimo spetta una sola volta ed è liquidata sulla pensione a carico della gestione che eroga il trattamento minimo di importo più elevato.
La stessa norma precisa che nel caso una persona percepisca sia una pensione diretta che una pensione ai superstiti (cioè anche di reversibilità) entrambe inferiori al minimo, l’integrazione al minimo è garantita sulla sola pensione diretta a condizione che non risultino superati i limiti di reddito previsti per la concessione della integrazione al minimo.
Ciò significa che nel caso di specie occorrerà innanzitutto calcolare l’esatto importo della pensione di reversibilità: se la pensione di reversibilità sarà inferiore al minimo (pari quest’anno ad euro 507,46), l’integrazione al minimo sarà garantita solo sulla pensione diretta che la madre del lettore già percepisce.
Se, invece, la pensione di reversibilità risultasse di importo superiore al minimo:
per verificare se l’integrazione al minimo della pensione diretta già percepita dalla madre del lettore viene meno del tutto o viene ridotta, occorrerà calcolare i redditi che la madre andrà a percepire:
– se i redditi della stessa (esclusa la pensione diretta integrata al minimo) non superano i 6.596,46 euro annui, l’integrazione resterà intatta;
– se i redditi della madre (esclusa la pensione diretta integrata al minimo) sono compresi tra 6.596,46 € e 13.192,92 € annui la integrazione subisce una riduzione;
– se i redditi della madre (esclusa la pensione diretta integrata al minimo) superano i 13.192,92 annui l’ integrazione al minimo cessa.
Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Angelo Forte